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Sull’immigrazione, la Francia faccia come l’Italia di Meloni. Parola di Le Figarò

Endorsement de Le Figarò alla premier italiana: “In Italia, Giorgia Meloni che, ancora una volta, le nostre buone menti ci avevano spiegato non avrebbe combinato nulla, è ad un passo dal successo: in un anno gli arrivi sulle coste italiane sono diminuiti del 65%”. Mentre a Parigi “con il suo folle scioglimento, il capo dello Stato ha fatto sprofondare la Francia in una spirale vertiginosa dalla quale non potrà, di fronte alla Storia, sottrarsi alle proprie responsabilità”

Il 2025 si apre con una sfida che sostanzialmente nuova non è per l’Ue, ma che presenta profili innovativi a causa delle strategie parallele che si affiancano al tema dell’immigrazione. Ovvero, la gestione (anche geopolitica) dei flussi migratori e l’intreccio che essa presenta con le alleanze e le partnership, sia con i Paesi di partenza che con quelli in cui si stanno coagulando nuovi equilibri. Senza dimenticare che un’azione di caratura europea, che sia efficace e risolutiva nel tempo, avrebbe un impatto diretto e positivo sui numerosi tentativi dei super player esterni di condizionare i Paesi che si affacciano sul mediterraneo tramite la clava dei flussi migratori. In questo senso il contributo offerto dall’azione del governo di Giorgia Meloni è stato determinante per un cambio radicale di approccio.

Dalla Siria alla Siria

Nel 2011 la Siria ha visto fuggire 14 milioni di cittadini a causa della guerra civile. In seguito le primavere arabe si sono sviluppate con sullo sfondo una serie di cambiamenti epocali alla voce flussi. Nel mezzo, la trasformazione delle rotte migratorie che si sono concentrate sul vecchio continente anche in chiave geopolitica, in particolar modo su Paesi di prima accoglienza come Italia e Grecia. Nord Africa, Medio Oriente e Asia sud-orientale hanno rappresentato le maggiori aree di partenza.

Dinanzi a questo scenario l’accordo tra Ue e Turchia del 2016 ha inteso mettere in stand by la problematica siriana, salvo poi scoprire che nel quinquennio successivo i flussi hanno imboccato altre vie, come quella al confine ellinoturco, quella che dal costone balcanico saliva verso il centro e nord Europa e quella che dal nordafrica ha puntato sull’Italia con anche un nesso terroristico alla voce Tramandol e pillole per la Jihad. Turchia, Tunisia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto inoltre sono sei Paesi chiave a cui oggi va sommata la Siria in virtù del nuovo stravolgimento politico in atto (i cui effetti sono attesi nei prossimi mesi).

Ma da due anni le politiche Ue si sono caratterizzate per un cambio di approccio a causa della volontà del governo italiano di mettere all’attenzione di tutti i Paesi il fenomeno legato all’immigrazione clandestina era raggiungere accordi pragmatici con i Paesi di partenza. Il punto centrale di questa mutazione si può ritrovare nel viaggio strutturato che lo scorso anno venne effettuato in Tunisia ed Egitto da Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte: ovvero i vertici Ue e il paese maggiormente coinvolto nel dossier migranti, in una cornice progettuale rappresentata dal Piano Mattei.

Parigi e Roma

La Francia, ha osservato su Le Figaro Alexis Brezet, sta attraversando una crisi storica in cui Emmanuel Macron ha svolto un ruolo di primo piano: “È un dato di fatto che in mezzo secolo (1974, anno dell’inizio del ricongiungimento familiare), la Francia ha perso completamente il controllo della sua immigrazione – scrive – Gli effetti cumulativi dei trattati (Maastricht, Schengen), della giurisprudenza nazionale ed europea e delle dimissioni politiche di quasi tutti i governi hanno prodotto su tutta la nostra vita sociale, senza che i francesi siano mai stati consultati, i danni vertiginosi che alcuni sembrano scoprire oggi. Ma anche in questo caso l’esempio di alcune nazioni europee potrebbe ispirarci”.

Spiega inoltre che per salvare il loro stato sociale, travolto dall’afflusso di immigrati, e preservare il loro modello culturale liberale, ritenuto in pericolo dall’ascesa di un Islam identitario, i Paesi scandinavi (Danimarca socialdemocratica, Svezia e Finlandia), sotto l’egida dell’Unione della destra hanno adottato da dieci anni misure energiche – e molto efficaci – per ridurre l’immigrazione. “In Italia, Giorgia Meloni – che, ancora una volta, le nostre buone menti ci avevano spiegato non avrebbe combinato nulla – è ad un passo dal successo: in un anno gli arrivi sulle coste italiane sono diminuiti del 65%”. Mentre a Parigi “con il suo folle scioglimento, il capo dello Stato ha fatto sprofondare la Francia in una spirale vertiginosa dalla quale non potrà, di fronte alla Storia, sottrarsi alle proprie responsabilità”.

Scenari

L’endorsement de Le Figarò segue altri dello stesso tenore apparsi sui maggiori quotidiani europei e statunitensi, a dimostrazione di un apprezzamento collettivo alle politiche del governo su questo fronte, così come anche da parte di molti leaders europei, come il primo ministro britannico Keir Starmer. I migranti che attraversano la Manica verso il Regno Unito nel 2024 sono aumentati del 25%, per questa ragione da Downing Street è stata manifestata una particolare attenzione alle politiche italiane sul fronte migratorio e sul modello-Albania, come dichiarato dallo stesso Starmer in occasione della visita a Palazzo Chigi dello scorso settembre.


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