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AI, l’altra dimensione della cooperazione Golfo-Ue

La cooperazione tra l’Ue e i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo è essenziale per mantenere competitività e sicurezza nella corsa globale all’AI. Investimenti, infrastrutture, regolamentazione e formazione sono gli elementi chiave di una strategia che può portare benefici duraturi per entrambe le regioni, con una visione il più possibile comune o quantomeno compatibile

La cooperazione tra l’Unione Europea e i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc) sta emergendo come un pilastro cruciale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) in Europa. I giganti della regione non sembrano più meri utilizzatori, ma con investimenti sempre più consistenti sia in ambito economico che socio-culturale, emergono come “Paesi sviluppatori”. Questo è emerso chiaramente tra i corridoi e durante le riunioni dell’AI Summit in corso a Parigi (a cui Formiche.net ha dedicato uno speciale).

Con l’invito a partecipare rivolto a esponenti di spicco del mondo dell’intelligenza artificiale e delle relazioni internazionali della regione del Golfo, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha promosso una mirata diplomazia economica. Cercare finanziamenti dai Paesi del Golfo per i progetti di AI francesi è uno degli obiettivi del grande incontro, secondo Intelligence Online, un sito molto informato con ottimi accessi alle dinamiche interne dei corridoi del potere francese, soprattutto in ambito intelligence.

Questa strategia riflette l’importanza crescente delle collaborazioni internazionali per lo sviluppo tecnologico della Francia e diventa un elemento operativo per l’intera Unione Europea. Fattore anche di competizione interna, se si considera che iniziative simili sono state avviate anche dall’Italia — come ha raccontato la recente visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Arabia Saudita.

Nonostante le condizioni di sicurezza e geopolitiche della regione siano ancora instabili, i grandi Paesi del Gcc sono determinati a spingere le loro “Vision” verso alti standard di quotidianità e prosperità per i propri cittadini. Attualmente, questo significa investire in nuove tecnologie, con un’attenzione particolare all’AI. È il fondamento del patto sociale che le nuove leadership — giovani, native digitali, in larga misura meno ideologizzate delle generazioni precedenti — stanno scrivendo con la loro collettività, altrettanto giovane e desiderosa di essere parte delle rivoluzioni tecnologiche globali.

Al momento, la regione araba è vista principalmente come una grande consumatrice di tecnologia, piuttosto che come produttrice o innovatrice. Nonostante i giovani arabi abbiano una naturale affinità per dispositivi smart, gaming e piattaforme digitali, è raro imbattersi in gadget tecnologici assemblati o prodotti in un Paese arabo. Tuttavia, questo squilibrio tra consumo e creazione è destinato a ridursi e presto.

Le iniziative che alcuni Paesi arabi stanno portando avanti in termini di ricerca, sviluppo e investimenti nell’AI hanno il potenziale per trasformare il destino della regione, spiega Arnab Neil Sengupta, senior editor di Arab News. I fondi sovrani del Medio Oriente hanno aumentato di cinque volte gli investimenti in AI nell’ultimo anno, con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti in testa a questa spinta regionale. Tale strategia si allinea agli sforzi più ampi di diversificazione economica dei due Paesi, che mirano a ridurre la dipendenza dal petrolio e dal gas investendo massicciamente nelle tecnologie d’avanguardia. Entrambi gli Stati del Golfo stanno utilizzando le loro ricchezze petrolifere per costruire ecosistemi di AI attraverso finanziamenti miliardari, la creazione di ministeri strategici e collaborazioni attraverso partnership con colossi tecnologici come Google e Microsoft.

L’Arabia Saudita punta, per esempio, a far contribuire l’AI al 12% del proprio Pil entro il 2030, mentre nello stesso periodo gli Emirati Arabi Uniti prevedono un incremento di 96 miliardi di dollari grazie all’adozione dell’intelligenza artificiale su vasta scala. Nel novembre scorso, l’Arabia Saudita ha lanciato il “Progetto Trascendenza”, un’iniziativa da 100 miliardi di dollari per sviluppare centri dati, sostenere startup e migliorare le infrastrutture. Il fondo sovrano saudita, Public Investment Fund (Pif), valutato oltre 900 miliardi di dollari, ha cessato di essere solo un investitore in aziende come Uber, Zoom e Activision Blizzard, diventando un motore trainante dello sviluppo dell’AI attraverso la Saudi Company for Artificial Intelligence.

Nel 2017, gli Emirati Arabi Uniti sono diventati il primo Paese al mondo a nominare un ministro per l’intelligenza artificiale, Omar Sultan Al-Olama. L’ufficio per l’AI e l’Economia Digitale ha collaborato con aziende come Samsung e UiPath per implementare soluzioni nei servizi governativi. La Mohamed bin Zayed University of Artificial Intelligence, istituita nel 2019, ha prodotto oltre 300 articoli di ricerca scientifica nel solo 2024. Abu Dhabi ha lanciato un fondo da 10 miliardi di dollari per supportare progetti AI con entità statali come G42 e Mubadala che guidano gli investimenti in infrastrutture tecnologiche.

Queste iniziative strategiche, specialmente in Arabia Saudita e negli Emirati, sono destinate a cambiare la percezione globale del ruolo della regione araba nella ricerca e sviluppo tecnologico. Con lo sviluppo di ecosistemi AI, si spera che la regione passi dall’essere semplice utilizzatrice a creatrice di tecnologie all’avanguardia, creando un’economia digitale sostenibile e guidata da talenti locali. Questo fenomeno è stato ulteriormente accelerato dall’introduzione dell’AI generativa, che, secondo una recente ricerca di PwC, avrà un impatto economico stimato in 23,5 miliardi di dollari nel Golfo entro il 2030.

L’Italia c’è, sia con interesse politico sia con attività di ricerca e sviluppo — per esempio progetti promettenti come il Vitruvian-1, un modello linguistico avanzato (Llm) sviluppato da Asc27, considerato tra i migliori nel panorama europeo. A livello continentale, l’Ue segue l’evoluzione più sul piano normativo che business/sviluppo. Con una sfida più pressante, ovvero l’approvvigionamento energetico — visto che i calcolatori alla base di queste tecnologie sono particolarmente energivori.

Le sanzioni contro la Russia hanno ridotto drasticamente le opzioni per importare energia a basso costo, mettendo a rischio anche lo sviluppo delle infrastrutture di centri dati necessarie per l’AI. La formula alla base dell’intelligenza artificiale (“intelligence of AI = compute x time”) implica la necessità di enormi quantità di energia per alimentare i centri dati. Ed è anche qui che l’Europa può trovare nei Paesi del Golfo partner strategici per colmare sia il gap di capitali sia quello energetico.

Diversi Paesi del Gcc hanno già iniziato a investire massicciamente nello sviluppo dell’AI europea. Gli Emirati Arabi Uniti, per esempio, stanno finanziando un centro dati da 50 miliardi di dollari in Francia, mentre l’Arabia Saudita ha annunciato un investimento di 10 miliardi di euro per un centro dati avanzato in Italia. Parallelamente, il Qatar ha allocato 550 milioni di dollari per sviluppare infrastrutture regionali legate all’AI in Europa.

Questi investimenti aiutano l’Ue a ridurre il deficit di capitali, ma il problema energetico rimane una sfida aperta. Un esempio significativo di questa collaborazione è l’accordo da 10 miliardi di euro tra Italia e Arabia Saudita, che prevede la fornitura di idrogeno blu e verde prodotto nella futuristica città di Neom. Questa partnership permetterà a Roma di accedere a fonti di energia pulita e sostenibile, indispensabili per alimentare anche i nuovi centri dati e rendere possibile l’ambiziosa corsa europea all’AI.

Il Consiglio di Cooperazione del Golfo sta anche valutando una regolamentazione unitaria in materia di intelligenza artificiale. Durante il meeting dei procuratori del Gcc, tenutosi a ottobre, il procuratore generale del Bahrain, Ali bin Fadhel Al Buainain, ha proposto leggi unificate per la regione, riconoscendo l’importanza di affrontare le sfide di una tecnologia in rapida evoluzione. Anche l’Unione Europea ha avviato iniziative normative con l’AI Act, il primo quadro legale al mondo che affronta i rischi derivanti dalla rivoluzione AI.

È un altro punto di contatto, dove la direttrice della cooperazione si inverte, con l’Europa che può essere riferimento per il Golfo. Pur riconoscendo diversità (nell’ecosistema socio-giuridico e culturale, e dunque negli obiettivi normativi), sul tema le due regioni condividono un approccio basato sul rischio. I sistemi ad alto rischio vengono sottoposti a rigorose verifiche, mentre quelli a basso rischio devono rispettare criteri di trasparenza.

“I Paesi del Golfo hanno fatto enormi progressi nell’adozione dell’AI in un tempo breve. Ora devono usare saggiamente le risorse disponibili per mitigare i rischi connessi”, ha spiegato Mohammed Alardhi, presidente esecutivo di Investcorp e chairman di Sohar International Bank.

Inoltre, la sostenibilità rappresenta una priorità comune nello sviluppo delle infrastrutture AI. Centri dati come quelli gestiti da Khazna Data Centres negli Emirati Arabi stanno puntando su soluzioni green, come l’uso di energia solare nella loro estensione a Masdar City.

Comune anche l’elemento essenziale per abbracciare la rivoluzione AI: il coinvolgimento delle nuove generazioni e della forza lavoro più ampia. Anche in questo caso, attività come quelle della Mohamed Bin Zayed University of Artificial Intelligence di Abu Dhabi sono esempio di come i grandi player della regione stiano investendo in capitale umano per alimentare l’innovazione tecnologica. La fiducia dei cittadini è un fattore chiave per l’adozione dell’AI che ricalca quel patto sociale. Nei Paesi del Golfo si registra un alto livello di fiducia tra cittadini e governi, e questo, unito a una digitalizzazione diffusa, offre una base solida per l’implementazione di soluzioni AI in svariati settori.

La cooperazione tra l’Ue e i Paesi del Gcc è essenziale per mantenere competitività e sicurezza nella corsa globale all’AI. Investimenti, infrastrutture, regolamentazione e formazione sono gli elementi chiave di una strategia che può portare benefici duraturi per entrambe le regioni, con una visione il più possibile comune o quantomeno compatibile.


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