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Dalle periferie o dalle gerarchie? Il papa che verrà secondo D’Anna

Nonostante la schiacciante maggioranza di Cardinali creati da Papa Francesco, il Conclave di maggio che eleggerà il 267° pontefice, successore di Bergoglio, si preannuncia carico di tensioni e incertezze. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Miracolo o meno di un papa immolatosi fino allo spasimo per la Chiesa andando letteralmente incontro alla morte fra le braccia dei fedeli in Piazza San Pietro, la scomparsa di papa Francesco ha impresso una fortissima scossa alla fede cattolica, ponendola al centro del mondo come non avveniva dal Concilio Ecumenico di 64 anni addietro.

La constatazione della autentica, profonda, coscienza religiosa di Jorge Mario Bergoglio, dell’umiltà manifestata per l’intera esistenza, della ricerca instancabile della pace, della solidarietà e della misericordia, ha spazzato via pregiudizi, critiche e riserve su un Pontificato che si presenta al cospetto della storia esclusivamente con un bilancio ecumenico universale di pace.

Un bilancio arricchito dagli sforzi più o meno riusciti, ma comunque tenacemente avviati, di sburocratizzare la Chiesa per farle recuperare carisma ed esempio di beatitudine e pietà  attualizzando il messaggio evangelico.

Agli occhi del mondo e delle altre religioni il Cristianesimo ha oggi il volto, il sorriso, la commovente tenerezza di papa Francesco. Per il quale da più parti già si levano invocazioni di Santità. Un effetto Bergoglio interamente incentrato sulla fede e sulla misericordia che coinvolge davvero tutti e che evidenzia le differenze dalla analoga grande partecipazione internazionale per la scomparsa di papa Giovanni Paolo II, del quale tuttavia si rimarcava più la continuità dottrinaria ed il valore della svolta storica liberatoria dei popoli oppressi dal comunismo.

Ma quante settimane durerà il miracolo dell’esempio del  cristianesimo universale di papa Francesco? Fra preghiere, nostalgia, incertezza e smarrimento, in Vaticano non si nascondono i timori per le possibili tensioni di un Conclave che si preannuncia un’ incognita. La scomposizione geografica dei 135 Cardinali elettori che ai primi di maggio inizieranno le votazioni nella Cappella Sistina, evidenzia un inedito possibile blocco di 23 voti di porporati dell’Asia, ai quali si aggiungono 3 Cardinali dell’Oceania. Voti che incideranno come i 18 dell’Africa e i 17 dell’America latina. Mentre l’Europa può contare su 53 Cardinali elettori, 17 dei quali italiani, l’America del nord su 16 Porporati e l’America centrale su 4.

Chi potrà ottenere con una vasta convergenza i 90 suffragi per essere eletto il papa nelle prime votazioni del Conclave, quando è necessaria una maggioranza dei due terzi dei voti dei Cardinali elettori? Dopo la 33esima votazione si passerà poi obbligatoriamente al ballottaggio fra i due Cardinali più votati. Anche in questo caso, però, sarà sempre necessaria una maggioranza dei due terzi ed i due Cardinali candidati non potranno partecipare attivamente al voto.

Il Conclave rifletterà esattamente l’intenzione di papa Francesco di privilegiare la Chiesa di frontiera, meno eurocentrica, sempre meno a trazione curiale, italiana e occidentale, con uno sguardo attento alle periferie del pianeta.

A parte il ruolo imperscrutabile del mitico Spirito Santo e della Provvidenza che da sempre aleggiano fra gli affreschi della Sistina, non si può comunque parlare di blocco bergogliano, dal momento che molti Cardinali, se si escludono i Concistori, non si conoscono perché residenti in regioni remote e in diocesi disseminate nei vari continenti.

Tanto che il Collegio Cardinalizio risulta tutt’altro che monolitico. Inevitabilmente l’intimo, inconfessabile, pre-Conclave che già pervade la coscienza dei Cardinali, annovera nomi molto conosciuti o straordinariamente sconosciuti.

A Roma i superstiziosi hanno intanto già iniziato a fare gli scongiuri. Tanto l’Arcivescovo e Santo irlandese del XII secolo Malachia, da sempre venerato come veggente, che il famoso indovino francese del 1500 Nostradamus, hanno previsto l’elezione di un Pontefice romano, che in particolare Malachia definisce testualmente “Petrus romanus” e che però prevede sarà l’ultimo papa.

Due vaticini paralleli che convergono sui nomi del Cardinale Pietro Parolin, al quale potrebbe riferirsi il Petrus di Malachia, e del Cardinale romano di Trastevere Matteo Zuppi che evoca la quartina di Nostradamus.

Considerato uno degli esponenti vaticani più saggi, Parolin ha una lunga esperienza diplomatica conoscitore di tutti i dossier vaticani, dalle relazioni con la Cina alle mediazioni nei conflitti internazionali e come Segretario di Stato ha avuto modo di conoscere  personalmente tutti i Cardinali.

Pronipote del Cardinale Carlo Confalonieri, l’attuale presidente della Conferenza Episcopale Zuppi, è da sempre come esponente della Comunità di Sant’Egidio uno dei protagonisti dell’ala più progressista del Collegio Cardinalizio. Fautore della Chiesa sinodale, più inclusiva e aperta al nuovo. L’eventuale divisione sui loro nomi può favorire la convergenza su un candidato africano o asiatico.

Da un Successore di Pietro venuto dalla fine del mondo, come si definì Bergoglio, ad un Pontefice della Chiesa universale nato e cresciuto in una delle periferie del mondo alle quali papa Francesco ha profeticamente spalancato le porte del Vaticano e della fede.

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