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Spazio, come cambia il paradigma pubblico-privato nell’era Trump 2.0

Negli Stati Uniti sta prendendo forma un nuovo paradigma strategico in ambito spaziale, fondato sull’integrazione sistemica tra capacità militari e soluzioni commerciali. La Space Force, recependo gli input politici di Washington, sta così accelerando l’affidamento di compiti strategici a soggetti privati, in un contesto in cui la rapidità, la scalabilità e la flessibilità commerciale diventano asset operativi tanto quanto i sistemi stessi. Un cambio di mentalità che potrebbe ridefinire la tradizionale dicotomia tra pubblico e privato e che impone riflessioni anche per l’Italia e per l’Europa

Nel lessico strategico, lo spazio non è più soltanto un dominio tecnologico. È, ormai da tempo, una dimensione politica, economica e militare a tutti gli effetti. Ma è con l’avvento della seconda amministrazione Trump che gli Stati Uniti sembrano voler ridefinire in maniera sistemica la postura nazionale nello spazio, imprimendo una direzione nuova ed elaborando una Spacepower Strategy meno centrata sulla supremazia tecnologica in senso tradizionale e più orientata a un modello ibrido, capace di coniugare innovazione privata, flessibilità commerciale e capacità di deterrenza orbitale.

In questo quadro, la seconda amministrazione Trump ha iniziato a imprimere un’accelerazione netta sul fronte spaziale, ravvisabile nei minori vincoli procedurali, nella centralità dell’industria privata e nella spinta alla trasformazione dello spazio in un dominio operativo pienamente integrato con la postura militare Usa.

È in questo contesto che va letta la recente accelerazione portata avanti dalla Space Force nel recepire le nuove linee guida promosse dall’amministrazione. Secondo quanto si può dedurre dalle mosse più recenti dell’ufficio per le acquisizioni della Space Force, l’obiettivo sarebbe quello di rendere sistemico il ricorso ai fornitori privati per servizi che fino a pochi anni fa erano esclusivo appannaggio della filiera militare, dalle comunicazioni alla sorveglianza, fino alle capacità di lancio. Una vera e propria rivoluzione nella mentalità del procurement tradizionale, traducibile in tre principi-guida: meno burocrazia, più rapidità operativa e maggiore permeabilità tra comparti civili e militari.

Si tratta di una svolta dottrinale che riflette l’approccio della seconda amministrazione Trump: minore centralizzazione pubblica, maggiore leva su capacità già esistenti nel mercato e riduzione dei vincoli normativi nei contratti per lo spazio. Un cambio di paradigma netto rispetto all’amministrazione Biden, più cauta nella formalizzazione dei rapporti pubblico-privati.

Parallelamente, il settore industriale sta rispondendo con iniziative all’altezza della nuova ambizione strategica. Boeing, uno dei contractor storici della difesa statunitense, ha manifestato l’intenzione di contribuire allo sviluppo di alcuni degli asset che potrebbero comporre la futura architettura del programma Golden Dome, lo scudo spaziale multi-strato che il Pentagono pianifica di mettere in servizio nei prossimi anni. L’azienda ha proposto l’impiego di piattaforme esistenti, come lo spazioplano X-37B, una piattaforma riutilizzabile e capace di effettuare manovre orbitali. Già protagonista di missioni sperimentali classificate, il suo impiego potenziale nell’architettura di Golden Dome potrebbe vederne l’utilizzo, ad esempio, per il rilascio rapido di piccoli satelliti in orbita, nonché per l’impiego di lethal measures nei confronti di altri assetti orbitanti.

Quella a cui stiamo assistendo non è una corsa allo spazio in senso classico, ma una ristrutturazione del complesso ecosistema pubblico-privato che da sempre ha costituito il motore della superiorità tecnologica Usa. L’elemento chiave, in questo caso, è la capacità di disegnare un’infrastruttura che sia al tempo stesso scalabile, interoperabile e sostenibile nel lungo periodo. Una linea, questa, coerente con la nuova postura americana, che privilegia flessibilità e prontezza rispetto alle usuali rigidità dottrinali. Resta da capire se – e soprattutto come – questo modello riuscirà a consolidarsi nel tempo, anche alla luce delle scelte che l’amministrazione Trump vorrà formalizzare nei prossimi National Security Memoranda sullo spazio, che potrebbero cristallizzare questa traiettoria in una vera dottrina orbitale nazionale.

In tutto ciò, l’Italia (e l’Europa in generale), osservano con attenzione. Perché la traiettoria americana rappresenta sì un modello potenzialmente imitabile, ma anche una sfida industriale e strategica. L’adozione di sistemi dual-use, la valorizzazione del know-how commerciale e la velocizzazione dei processi di acquisizione tramite l’impiego di soluzioni off-the-shelf sono infatti temi che toccano da vicino anche il nostro sistema Paese.


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