Secondo Moody’s la guerra commerciale in atto e le sue conseguenze sull’economia del Dragone, impatterà negativamente sui conti pubblici dei governi africani ostaggio delle banche di Pechino. E ancora una volta il Piano Mattei diventa l’unica possibilità di libearsi del fardello cinese
Una dipendenza pericolosa, di quelle difficili da spezzare. L’Africa continua a essere terra di conquista della Cina e della sue banche. Formiche.net lo ha raccontato tante volte: quegli assalti alla baionetta mascherati da prestiti e finanziamenti per l’economia, le infrastrutture. E che alla fine hanno preso in ostaggio i conti pubblici di molti Paesi africani. E pensare che, sostenendo la causa del Piano Mattei battente bandiera italiana, si potrebbe aiutare i governi del Continente a liberarsi di parte delle catene che lo legano alla Cina.
Basti pensare che, secondo un recente report di Moody’s, le banche dell’Africa subsahariana non saranno direttamente colpite dai dazi sulle importazioni statunitensi, ma dagli “effetti di secondo round”, tra cui l’impatto sulle prospettive macroeconomiche e sulla Cina. Tradotto, se è vero che i dazi imposti al Dragone da Washington porteranno a una contrazione dell’economia cinese, il citato ripiegamento avrà conseguenze nefaste sulle economie africane. Questo perché la guerra commerciale impatterà negativamente sulle banche cinesi, i principali creditori dell’Africa, aumentando il costo di finanziamento dei prestiti in essere. E ai Paesi dell’aria sahariana costerà molto di più rimborsare i soldi presi in prestito.
“Il potenziale rallentamento economico della Cina rappresenta un importante rischio secondario: una domanda più debole potrebbe ridurre i volumi e i prezzi delle esportazioni, soprattutto per le materie prime, oltre ad aumentare il costo dei finanziamenti”, ha affermato Mik Kabeya, senior analyst di Moody’s Ratings. E poi, con le nuove barriere doganali “quando le società spediscono meno o guadagnano meno per tonnellata, le banche stesse registrano meno commissioni di finanziamento commerciale, con il rischio di limitare i nuovi prestiti. E colmano le perdite alzando gli interessi sul credito concesso”.
Tutto questo dà la cifra della fortissima dipendenza dell’Africa dalla Cina. Lo sganciamento africano dal Dragone passa, come detto, anche dal Piano Mattei. Una medicina la cui efficacia è stata ribadita, pochi giorni fa, dal governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, nel corso degli spring meetings del Fondo monetario internazionale. “La nostra costituente sostiene con forza l’impegno della Banca mondiale in Africa. Il piano Mattei per l’Africa dell’Italia mira a promuovere lo sviluppo e a ridurre la povertà attraverso progetti di investimento concreti, insieme a un rinnovato rapporto con i Paesi africani basato sulla cooperazione, su interessi condivisi e benefici reciproci”, ha spiegato Panetta. “Il piano punta ad attrarre investimenti, creare occupazione e rafforzare le catene del valore, con un focus su istruzione, agricoltura, salute, energia e risorse idriche. In questo contesto, l’Italia fornisce cofinanziamenti aggiuntivi a progetti infrastrutturali chiave, come il corridoio di Lobito, e all’iniziativa Mission 300 della WBG e della Banca africana di sviluppo, che mira a garantire energia accessibile a 300 milioni di africani entro il 2030”.