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Genova e Ravenna non fanno campo largo. Palano spiega perché Meloni (ancora) non ha rivali

Il centrosinistra incassa due importanti vittorie a Genova e a Ravenna ma, anche se i leader dei partiti esultano, il campo largo al momento non è riproducibile a livello nazionale. Pesano, in particolare, le questioni interne. Il centrodestra avrà diverse fibrillazioni legate alla limitata azione del governo sulle riforme e ad alcune ambiguità in politica estera. Ma Meloni non ha rivali per Palazzo Chigi e l’elettorato è compatto. Colloquio con Damiano Palano, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali della Cattolica

I commenti post-elettorali scontano sempre un eccesso di entusiasmo fra i vincitori e una tendenza a minimizzare alle latitudini degli sconfitti. Da Genova a Ravenna arrivano senz’altro segnali incoraggianti per il centrosinistra, sui territori. “Ma il campo largo, a livello nazionale, è ancora lontanissimo dall’essere una realtà competitiva. E Meloni non ha competitor per Palazzo Chigi, nonostante le divisioni del centrodestra”. L’analisi consegnata alle colonne di Formiche.net all’indomani del voto alle amministrative è di Damiano Palano, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali della Cattolica.

Professore, le dichiarazioni dei leader del centrosinistra traboccano di entusiasmo per queste due vittorie. Qual è, realmente, il peso di queste consultazioni sugli equilibri nazionali? 

Il centrosinistra spesso, quando vince sui territori, pensa di avere la maggioranza dell’elettorato nel Paese dalla sua parte. Le cose, chiaramente, non stanno proprio così. Ogni territorio ha una sua specificità e molto dipende dagli equilibri locali. Per questo sono partito col dire che a livello nazionale il campo largo è ben lungi dall’esistere.

Perché sui territori si riesce a trovare una sintesi, mentre a Roma è tutto più complesso?

A incidere maggiormente sono i posizionamenti – talvolta inconciliabili – delle forze politiche del centrosinistra sulle questioni di politica estera, sul rapporto con l’Europa, sul ruolo dell’Italia nel contesto internazionale. Nelle città esistono senz’altro problemi, anche gravi, ma di natura differente e qui quali è più agevole individuare una linea di compromesso.

Genova e Ravenna. Una vittoria in discontinuità, l’altra una sostanziale conferma. 

Il caso Genova è singolare, ed è abbastanza eclatante pur confermando che a orientare l’elettorato dei territori sono molto di più le circostanze di natura “locale” piuttosto che nazionale. Sì, Ravenna è una sostanziale conferma anche perché si inscrive in una realtà in cui gli equilibri regionali incidono.

Proprio a urne aperte, il premier Meloni ha convocato i suoi vice Tajani e Salvini per serrare le fila invocando l’unità della coalizione di governo. Cosa ci dobbiamo aspettare da qui ai prossimi mesi?

Un livello piuttosto elevato di conflittualità, ma non tale da pregiudicare la stabilità dell’esecutivo che con ogni probabilità concluderà il suo lavoro a scadenza naturale di legislatura. In questo momento il centrodestra non vive la sua fase migliore anche perché dopo oltre due anni di governo inizia la disaffezione e l’ambiguità del posizionamento italiano su alcune questioni in particolare legate alla politica estera non aiutano. Anche sull’agenda delle riforme l’azione dell’esecutivo è piuttosto limitata, benché il Premierato non sia mai stato percepito come una priorità dall’elettorato. In prospettiva, sull’autunno, ci saranno le consultazioni regionali che apriranno ad altri potenziali dissidi (legati anche all’annoso tema del terzo mandato, che potrebbe generare ulteriori fibrillazioni specie in seno al Carroccio). Detto questo, Meloni che resta una leader forte e credibile, può dormire sonni tranquilli.

Perché dal suo punto di vista non esiste un’alternativa a Palazzo Chigi rispetto all’attuale premier?

Per diversi ordini di ragioni che sono per lo più connaturati all’elettorato di centrodestra che, pur essendo variegato, tendenzialmente rimane entro un perimetro abbastanza stabilito e si compatta. Questo è un patrimonio storico che il centrosinistra non ha o, meglio, non ha più. A sinistra, attualmente, gli elettori sono più frammentati e divisi.

A seguito di queste consultazioni amministrative la leadership di Schlein si rafforza o si indebolisce?

Schlein ha da sempre una leadership debole, contestata da tanti all’interno del partito. Fra l’altro il suo principale limite è proprio quello di non essere la potenziale candidata premier. E quando il segretario del principale partito di opposizione non ha il carisma per essere il candidato alternativo, a cascata tutta la coalizione si indebolisce. A maggior ragione in un contesto di rivalità fortissima fra Pd e Movimento 5 Stelle e con una componente centrista alleata sui territori ma che a livello nazionale fatica ad allearsi con i pentastellati.


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