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Da Pyongyang a Kyiv, così la politica dei “blocchi” passa anche dai droni

Il sostegno reciproco nello sviluppo della produzione di capacità unmanned si diffonde sempre di più tra attori alleati. Mentre la Russia supporta la Corea del Nord (e viene supportata dalla Cina), Parigi chiede a un suo campione automobilistico di avviare una produzione congiunta con Kyiv

Nelle nuove dinamiche della guerra moderna che si sono sviluppate in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina nel febbraio del 2022 le capacità di produzione dei sistemi unmanned, volgarmente detti droni, ricoprono un ruolo centrale. L’uso massiccio di questi sistemi, in buona parte progettati appositamente per essere spendibili (non solo sul piano della tutela della vita umana, ma anche della sostenibilità economica), rende necessario disporre di un apparato militare-industriale in grado di offrire ritmi di produzione sufficientemente alti in relazione a sistemi sufficientemente efficaci sul campo di battaglia. Lo sviluppo di simili capacità sembra essere un tema di forte cooperazione interna nei “blocchi informali” esistenti nel sistema internazionale odierno, come il blocco “occidentale” o quello “revisionista”.

In quest’ultimo caso, non è certo una novità: già nei mesi successivi allo scoppio del conflitto in Ucraina la Russia ha infatti ricevuto sostegno da parte dell’Iran, prima attraverso il semplice rifornimento di droni Shahed, e in seguito attraverso l’avvio di una produzione congiunta degli stessi in territorio russo. Adesso sembra però che Mosca sia passata dall’essere beneficiaria all’essere benefattrice. Secondo quanto affermato da Kyrylo Budanov, leader del servizio di intelligence militare ucraina noto come Gur (lo stesso che, tra le altre cose, ha messo in atto la recentissima operazione Ragnatela), ha dichiarato durante un’intervista rilasciata a TheWarZone che il Cremlino starebbe fornendo tecnologia e know-how a Pyongyang per avviare la produzione di droni Shahed (oltre che soluzioni per aumentare la precisione dei missili balistici Kn-23 e per potenziare l’ancora embrionale flotta sottomarina nordcoreana). Una misura che è solo un tassello nella più ampia collaborazione avviata tra Mosca e Pyongyang negli ultimi anni, culminata con l’invio di un contingente di soldati nordcoreani a combattere al fronte in Ucraina.

Ma, allo stesso tempo, per mantenere attivo il suo apparato produttivo di droni sembra che la Russia abbia bisogno del sostegno di un altro partner. Fonti ucraine riferiscono che ad oggi Mosca riesca a produrre circa 5,000 droni a lungo raggio al mese (dieci volte tanto quanto riusciva a fare nell’agosto del 2024); tuttavia, gran parte di questa cifra includerebbe droni “esca” e non veri e propri ordigni volanti. Inoltre, le stesse fonti riportano come circa l’80% delle componenti dei droni russi, dai sistemi ottici e dai motori ai sensori e agli esplosivi, provenga dalla Repubblica Popolare Cinese, una tesi che sarebbe stata confermata dall’analisi dei residui di droni abbattuti ma anche da alcuni report che menzionano la presenza di personale tech cinese nelle fabbriche site in territorio russo. Seppure Pechino si sia dichiarata neutrale rispetto al conflitto in corso, l’esportazione di droni (di cui la Cina è la prima manifattura al mondo) in Ucraina è limitata a droni di tipo commerciale, in Russia vengono inviate anche tecnologie di rango militare. E le sanzioni imposte dall’Occidente non sembrano riuscire a fermare questo afflusso.

Anche in Occidente, però, si coopera sulla produzione di droni. Soltanto poche ore fa il governo francese ha chiesto all’azienda automobilistica Renault di produrre droni in Ucraina, in collaborazione con una piccola azienda specializzata nella produzione di sistemi unmanned. Una mossa dietro alla quale si possono individuare più ragioni. La prima è, ovviamente, quella di fornire il maggior supporto possibile a Kyiv nel suo sforzo bellico, soprattutto in un momento in cui il sostegno americano non è più granitico come prima. La seconda è quella di evitare di rimanere indietro rispetto alla Germania, che a fine maggio ha annunciato un nuovo capitolo nella cooperazione industriale nel settore militare tra i Berlino e Kyiv. La terza, infine, è quella di approfittare del know-how acquisito negli anni dagli ucraini per sviluppare una capacità produttiva di sistemi di prim’ordine, così da sopperire ai bisogni delle forze armate francesi, ma anche di quelli degli alleati.


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