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In Kosovo Parlamento senza presidente dopo 43 voti. Ora le urne?

Fallito il 43mo tentativo di eleggere il presidente del nuovo parlamento scaturito dal voto del 9 febbraio scorso. A questo punto, e in mancanza della volontà politica di trovare un accordo, si fa strada l’ipotesi elettorale con l’aggravio di una tensione sempre maggiore in un’area he invece avrebbe bisogno di sicurezza e di stabilità politica

Non è solo il numero dei tentativi per eleggere il Presidente del nuovo parlamento kosovaro andati male (ben 43) a destare le attenzioni e le preoccupazioni internazionali, bensì i frutti di cotanta instabilità politica che impatteranno su una macro area che, invece, ha bisogno come l’aria di tranquillità politica e governi in grado di amministrarla. Pristina non trova pace dopo le elezioni del 9 febbraio scorso. Alla base della mancata intesa anche la proposta del movimento Vetevendosje di costituire una commissione per eleggere il presidente del Parlamento con scrutinio segreto, che non avrebbe trovato il consenso di tutte le forze politiche.

L’impasse

Una protesta pacifica è andata in scena dinanzi al Parlamento, con l’avvocato Arianit Koci che ha portato quattro asini davanti l’ingresso, a dimostrazione di una situazione ormai bloccata per via della contrapposizione tra governo e opposizione. La candidata governativa Albulena Haxhiu per sei volte consecutive era stata respinta, con il premier e numero uno di Vetevendosje Albin Kurti che non apre alla possibilità di scegliere un altro candidato. Domani il nuovo voto.

Il tutto mentre nel paese regna il caos, come dimostra un nuovo sequestro di armi da parte della polizia che ha scoperto lanciarazzi e granate nascosti in una stalla per cavalli accanto alla baita usata da Aleksandar Arsenijević, leader del partito Serbian Democracy (SD). Il diretto interessato, che in quel momento si trovata all’estero, parla di una imboscata per via del suo ruolo: infatti è a capo delle proteste dei fischietti, organizzate durante le visite di alti funzionari kosovari nelle aree a maggioranza serba. Lo stesso Arsenijević è il principale oppositore del primo ministro Albin Kurti e del ministro Svečla, da lui accusati di fomentare politiche discriminatorie.

C’è da registrare anche un falso allarme bomba al parlamento: secondo il ministro dell’interno Xhelal Svecla il numero di telefono dal quale è partito il falso allarme bomba sarebbe di un cittadino serbo, Lazar Zivkovic. Inoltre una foto del criminale di guerra serbo-bosniaco Ratko Mladic sarebbe stata trovata in diversi profili collegati al serbo e al suo numero.

Il caso serbo

La questione serba è lungi dall’essere risolta, anzi, negli ultimi giorni sono emersi particolari circa le nuove proteste a Belgrado, dove nelle strade non sono state viste le bandiere dell’Europa. Secondo la commissaria europea all’Allargamento, Marta Kos, intervistata dalla “Deutsche Welle” la motivazione è molto semplice e riguarda tre ragioni: “è molto interessante quello che mi dicono organizzazioni della società civile, professori, università. Primo: sostenete il nostro presidente Aleksander Vucic. Secondo, ci avete bombardato, anche se era la Nato, terzo volete che riconosciamo il Kosovo, e quarto non vogliamo irritare la Russia. Le risposte vanno in direzioni molto diverse e anche questi sono sentimenti di cui dobbiamo tenere conto. Ecco perchè intendiamo presentare meglio i benefici dell’allargamento”.

Ma non è tutto, perché da Belgrado arriva anche la presa di posizione del partito di Vulin secondo cui è meglio stare con i paesi BRICS che con l’Ue. “Basta umiliazioni” promette il Movimento dei Socialisti serbo, fondato da Aleksandar Vulin, ex capo dell’Agenzia di informazione per la sicurezza. Nei BRICS, osserva, “non ci sono precondizioni umilianti né infiniti periodi di transizione, qui si costruiscono relazioni basate sull’uguaglianza e il rispetto reciproco”. Accusa quindi il cervello politico dell’Ue di sostenere “rivoluzioni colorate” e di esercitare continue pressioni su Belgrado, in particolare in merito al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.

La posizione dell’Ue

Parola d’ordine stemperare. Un appello al coordinamento tra le varie comunità giunge da Bruxelles a proposito dei progetti infrastrutturali che riguardano il sud e il nord di Mitrovica, in Kosovo. “La costruzione di due nuovi ponti sul fiume Ibar è uno sviluppo che ha un’importanza sia pratica che politica. Qualsiasi progetto infrastrutturale tra il nord e il sud di Mitrovica richiede uno stretto coordinamento e dialogo tra tutte le comunità interessate”, spiega una nota dell’Ue. “E’ fondamentale che tali progetti riflettano la volontà e le esigenze delle comunità locali. L’Ue sta attualmente effettuando una valutazione strutturale di routine del ponte già esistente e attualmente chiuso al traffico”.


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