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La propaganda di Putin non suona più. Della Vedova spiega perché è giusto cancellare Gergiev

L’annullamento del concerto del direttore d’orchestra Valery Gergiev alla Reggia di Caserta ha riacceso il dibattito sull’ingerenza russa in Italia e sulla capacità (o volontà) del nostro Paese di riconoscerne le forme più sottili e pervasive. Benedetto Della Vedova, già sottosegretario agli Esteri, attuale esponente di +Europa, nella sua intervista a Formiche.net non usa mezzi termini: “Non è una questione di russofobia, ma di consapevolezza politica. Gergiev è un agente di propaganda del Cremlino, non un semplice musicista”

La propaganda russa non suona più. L’annullamento del concerto del direttore d’orchestra Valery Gergiev alla Reggia di Caserta ha riacceso il dibattito sull’ingerenza russa in Italia e sulla capacità (o volontà) del nostro Paese di riconoscerne le forme più sottili e pervasive. Benedetto Della Vedova, già sottosegretario agli Esteri e voce, attuale esponente di +Europa, nella sua intervista a Formiche.net non usa mezzi termini: “Non è una questione di russofobia, ma di consapevolezza politica. Gergiev è un agente di propaganda del Cremlino, non un semplice musicista”.

Onorevole Della Vedova, partiamo dal caso Caserta. Cos’è successo secondo lei?

Penso che ci sia stata una sottovalutazione da parte della direzione artistica del festival. Avevano inizialmente confermato il concerto di Gergiev, poi, davanti alle polemiche, hanno fatto marcia indietro. Ma il punto è proprio questo: non si può pensare che sia solo una questione musicale. Gergiev non è semplicemente un artista, è un uomo di regime, un negazionista di quello che sta accadendo – e che è criminale – in Ucraina. Invitarlo in un luogo simbolico come la Reggia di Caserta significa normalizzare una narrazione pericolosa.

È solo un problema artistico o c’è qualcosa di più profondo?

Assolutamente qualcosa di più profondo. Qui non parliamo di russofobia o di una censura verso la cultura russa, che è ricchissima. Il punto è politico: Gergiev è un agente della propaganda russa. Chi lo invita, anche solo per ingenuità, fa il gioco di un regime che in Europa ha già dimostrato in mille modi di voler interferire con le nostre democrazie. Non è più tempo di leggerezze.

L’Italia è abbastanza consapevole di questa ingerenza russa?

No. E questo è gravissimo. Abbiamo il vicepremier Salvini, che non ha mai fatto mistero della sua simpatia per Putin. È andato sulla Piazza Rossa con la maglietta di Putin. Oggi dice ancora che sta con Mosca e non con Kiev. Eppure, non succede nulla. È come se avessimo anestetizzato l’opinione pubblica. Eppure, l’UE denuncia le ingerenze, i servizi segreti tedeschi parlano di un’impennata di attività ostili da parte del Cremlino, ma in Italia tutto passa in sordina.

Eppure il governo italiano ha preso una posizione netta a favore dell’Ucraina.

È vero, e lo riconosco con chiarezza: grazie a Meloni e Tajani c’è stata continuità con la linea Draghi. Ma non possiamo ignorare che lo stesso vicepremier della coalizione di governo prende posizione contro questa linea. E nessuno lo chiama a rispondere. La coerenza su temi così cruciali non può essere opzionale.

Che ruolo hanno i media in questo scenario?

Un ruolo centrale. In Italia c’è una penetrazione mediatica fortissima delle posizioni filo-putiniane. In tv si dà spesso spazio a opinionisti che, consapevolmente o meno, veicolano la propaganda del Cremlino. È uno dei motivi per cui facciamo così fatica a riconoscere la pericolosità di certi personaggi. La propaganda trova terreno fertile. I cittadini russi sono le prime vittime, ma anche da noi servirebbe un’informazione più consapevole, più coraggiosa.

Cosa si può fare, allora, per contrastare questa penetrazione?

Non dobbiamo stancarci di informare, di spiegare, di distinguere tra cultura e regime. Il problema non è l’arte russa, ma l’uso che il regime russo fa dell’arte per giustificare una guerra criminale. Serve una reazione politica e culturale più matura. Non possiamo più permetterci di essere ingenui.


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