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Senza debito comune l’Europa è perduta. La rotta di Panetta

Davanti ai banchieri riuniti alla Bocconi di Milano, il governatore di Bankitalia rilancia la necessità di un titolo comunitario, senza il quale sarà impossibile realizzare quegli investimenti di cui l’Europa ha un disperato bisogno. E il dollaro debole è un’opportunità per il Vecchio continente

Mario Draghi lo va predicando ai quattro venti da almeno due anni: senza debito comune l’Europa è spacciata. Niente difesa, niente investimenti, niente eserciti, niente transizione. Eppure, come nel gioco dell’oca e fatta salva la parentesi del Recovery plan, si torna sempre al punto di partenza. Fabio Panetta, governatore di Bankitalia, è uno dei più accaniti sostenitori del debito comunitario. E lo ha dimostrato, ancora una volta, intervenendo all’assemblea dell’Associazione bancaria, alla Bocconi. Stavolta però, al netto dei buoni propositi, ci sono le cifre.

“Un mercato dei capitali integrato e fondato su un titolo comune privo di rischio potrebbe ridurre di mezzo punto percentuale il costo del finanziamento per le imprese, stimolando investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro l’anno. Già solo questo, a regime, si tradurrebbe in un incremento del Pil europeo dell’1,5 per cento”, ha stigmatizzato Panetta, davanti ai banchieri riuniti a Milano. I benefici potrebbero essere ancora più ampi. Un mercato dei capitali europeo ampio e articolato faciliterebbe il finanziamento delle iniziative imprenditoriali più dinamiche, ad alto rischio e alto valore aggiunto. Sosterrebbe l’innovazione e la competitività dell’economia. Attrarrebbe capitali esteri, rafforzando il ruolo internazionale dell’euro”.

La filosofia è sempre la stessa, basta solo uno scatto dell’Europa. Creare eurobond “vorrebbe dire creare lavoro di qualità, più produttivo e meglio retribuito. Secondo nostre stime, in uno scenario di questo tipo l’impatto complessivo sul Pil potrebbe essere pari a oltre tre volte quello generato dal solo aumento degli investimenti”. Il problema è, però, politico.

Come ha ricordato lo stesso Panetta, “i progressi sull’Unione del mercato dei capitali finora non hanno soddisfatto le attese. Questa richiede interventi su più fronti: armonizzazione delle norme societarie, fallimentari e fiscali; uniformità degli obblighi informativi e contabili; rafforzamento della supervisione centralizzata dei mercati. Ma per renderla pienamente operativa, serve un passo ulteriore: l’introduzione di un titolo pubblico europeo”.

Un secondo, ma non meno importante passaggio, Panetta lo ha dedicato alla crisi del dollaro, indebolitosi in questi mesi di guerra commerciale. Il che è, in potenza, un’opportunità per l’Europa e la sua moneta. “Il sistema finanziario internazionale sta attraversando una fase di profondo cambiamento. In un contesto in cui cresce l’incertezza sul ruolo degli Stati Uniti nell’economia mondiale, gli investitori sono alla ricerca di alternative al dollaro e ai mercati americani, avviando, seppur gradualmente, un parziale riorientamento dei portafogli globali”.

E in questo quadro “segnali recenti indicano che l’Europa sta iniziando a beneficiare della crescente diversificazione: sono aumentate sia la raccolta dei fondi esteri specializzati in azioni europee, sia la domanda di attività a basso rischio denominate in euro. Opportunità che potranno essere colte solo rilanciando con determinazione il progetto di integrazione, completando il mercato unico e adottando politiche comuni per l’innovazione, la produttività, la crescita”.


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