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Il centralismo di Pd e Lega non funziona più. Pombeni spiega cosa c’è in ballo con le Regionali

Nelle regioni il potere è sempre più cristallizato e rende complicata la scalata per nuovi volti della classe dirigente. Il Pd è in difficoltà per via di divisioni interne e scarsa leadership. In Puglia è l’esempio è lampante: un candidato competitivo come Decaro è in grossa difficoltà perché ha due ex amministratori come Vendola ed Emiliano che gli stanno sbarrando la strada. La vera partita (anche per Meloni) si gioca nelle Marche. Colloquio con il politologo Paolo Pombeni

Un termometro, più che altro per la minoranza e per soppesare (una volta ancora) i rapporti tra Pd e Movimento 5 Stelle. Le regionali non sono solo un test locale: raccontano la crisi dei partiti italiani, incapaci di rinnovarsi e prigionieri di dinamiche centraliste che non funzionano più. Pd e Lega mostrano limiti simili, con leadership deboli e classi dirigenti cristallizzate specie a livello regionale. “Si registrano dinamiche che sembrano assomigliare sempre più alla Prima Repubblica, quando i ministri erano tutto sommato sempre gli stessi, senza però la qualità politica di allora”. Sullo sfondo, la sfida delle coalizioni: a destra la leadership di Giorgia Meloni non è in discussione, a sinistra il Pd fatica a imporsi. Ed è sulla base di queste direttrici che si estrinseca il ragionamento del politologo, Paolo Pombeni.

Professor Pombeni, le regionali come specchio del sistema politico. Che cosa ci dicono sullo stato dei partiti?

Ci dicono che il modello tradizionale è in crisi. Il Pd, per esempio, non è più un partito strutturato: assomiglia a un movimento, dove la logica del “comandare” dall’alto non funziona. La Lega vive la stessa difficoltà. Il centralismo oggi non regge: nelle Regioni i partiti devono trovare mediazioni, ma faticano perché le loro classi dirigenti sono immobili.

Classi dirigenti ferme. Siamo tornati alla Prima Repubblica?

Stiamo assistendo a una cristallizzazione del potere. Nelle Regioni il ricambio è scarso e si riproduce lo schema della Dc nella Prima Repubblica: i leader restano sempre gli stessi, anche perché dopo il ciclo politico non hanno molte prospettive. Il “ciclo” nazionale non esiste più. Questo genera un problema: molti amministratori non sanno cosa fare dopo anni di gestione quasi assoluta. Fermo rimanendo che la qualità politica, rispetto agli anni della Prima Repubblica è drasticamente crollata.

Coalizioni a confronto. Che differenza c’è tra centrodestra e centrosinistra sui territori?

Nel centrodestra c’è una forza dominante, Fratelli d’Italia, che si muove in un contesto chiaro: Giorgia Meloni è l’unica in grado di essere presidente del Consiglio, e questo le dà una posizione di forza. Il centrosinistra, invece, vive in un equilibrio instabile: il Pd è il più grande, ma ha troppe divisioni interne e manca una leadership riconosciuta. Qui ciascun alleato cerca spazio, quasi in competizione tra pari.

Territori sotto osservazione. Dove si gioca la partita più interessante?

Direi tre casi. La Toscana, dove domina un tatticismo politico sterile. La Puglia, dove Antonio Decaro ha mostrato capacità competitiva, ma deve liberarsi della vecchia guardia che non molla. E poi le Marche con Ricci che si misura in una sfida difficilissima contro l’uscente: quello sarà un vero test. Anche il caso Tridico sarà interessante da valutare dopo le urne.

Decaro può essere un’eccezione nel panorama delle Regioni?

Sì, con tutti i limiti della sua classe dirigente, ma ha dimostrato di saper fare politica. Questo, nelle Regioni, oggi è raro.

La proiezione nazionale. Cosa diranno le urne?

Più che al centrodestra, guarderei al Pd. Perché qui si misura la capacità di reggere un’alleanza con i 5 Stelle e di offrire una leadership. Se il Pd fallisce anche su questo piano, la prospettiva per il centrosinistra diventa molto complicata.

Forze minori. C’è spazio per i Verdi e i loro alleati?

Qualche spazio lo avranno, soprattutto in ottica di alleanze. Ma la partita vera si gioca tutta sulla capacità del Pd di interpretare le regionali come laboratorio nazionale.


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