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Per Roma, visione politica e diplomazia economica. La ricetta di Cangelosi

Prosegue il dibattito sul peso specifico della riforma voluta dal governo. Secondo l’ambasciatore, già consigliere del presidente Napolitano, il fatto che l’Italia abbia deciso di soprassedere a tutte le perplessità che aveva sulla ratifica dell’accordo Mercosur, rappresenta un chiaro indizio in questa direzione, per cui diventa necessario trovare aree di sbocco più importanti e il Sud globale ne offre moltissime. “Credo che l’Unione Europea nel suo complesso, come anche il nostro Paese, si stia muovendo nella giusta direzione proprio per poter avere altre possibilità di penetrazione commerciale”

Tempi maturi, obiettivi globali e capacità di leggere avvenimenti come dazi e accordi transeuropei. C’è anche questo nella riforma della Farnesina secondo l’ambasciatore Rocco Cangelosi, già rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles e consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano, che affida a Formiche.net una attenta lettura.

La riforma della Farnesina è lo strumento giusto per raggiungere l’obiettivo dei 700 miliardi di euro di export?

È uno degli strumenti che possono servire per intensificare e potenziare le capacità di penetrazione delle nostre attività diplomatico-commerciali. Indubbiamente può aiutare, mettendo a punto il coordinamento delle nostre rappresentanze diplomatiche con quelle commerciali e con il sistema Paese nell’ottica di una strategia di penetrazione più efficace della nostra produzione prevalentemente export-oriented.

In che modo la riforma con “i due cervelli” si potrà intrecciare con la diplomazia della crescita?

L’apparente dualismo postula l’esigenza di una sintesi delle diverse attività che viene sempre fatta a livello della Segreteria generale e del Ministro stesso. È chiaro che l’attività politico-diplomatica deve essere corroborata anche da un’attività economico-commerciale, per cui la parte politica e diplomatica apre la strada a quelle che sono le attività economico-commerciali: quindi si crea una sinergia positiva. Si tratta dei due strumenti sinergici che verranno utilizzati per raggiungere lo stesso obiettivo.

Come giudica la decisione della designazione futura dei due vicesegretari generali?

Il Ministero degli affari esteri ha, come dire, oscillato da sempre tra scelte più verticistiche e scelte più decentralizzate. Quindi si è passati da un assetto in cui c’erano cinque direzioni generali tutte per materia ad un altro assetto a competenza geografica, per ritornare poi ad un assetto misto. La riforma è un ulteriore tentativo di concentrare le attività dando alle stesse una ratio, tramite due vicesegretari generali, che hanno il compito di sovraintendere alle molteplici attività che vengono svolte dalle Direzioni generali e dalle sedi diplomatiche all’estero. Ritengo, però, che tutto dipenda poi dalla qualità degli uomini impegnati ad attuare la riforma: è quella capacità a fare la differenza.

L’Istat rivela che a luglio l’export italiano è stato positivamente trascinato dagli Stati Uniti: come questo raddoppio si intreccia con la riforma della Farnesina e con il modus con cui l’Italia vuole affrontare la sfida sui dazi?

L’aumento può essere stato determinato da molteplici fattori. È verosimile che la paura dell’introduzione dei dazi possa aver determinato un aumento delle scorte da parte degli importatori statunitensi e questo può far capire perché c’è stato tale balzo di esportazioni. In secondo luogo poter mantenere il livello di esportazioni negli Stati Uniti, nonostante i dazi, dipenderà dall’elasticità o meno della domanda: se si tratta di beni che hanno una domanda anelastica l’effetto di riduzione determinato dei tassi sarà inferiore; se invece si tratta di una domanda molto elastica, si potrebbero avere delle variazioni piuttosto sensibili. Quanto all’impatto della riforma sulla problematica dei dazi, ritengo che la Farnesina potrà avvalersi di una struttura più agile, più efficace e più “export oriented” alla cui realizzazione concorreranno molteplici componenti.

L’Italia negli ultimi tre anni anni ha inteso attuare delle politiche di relazione e partnership più spiccate con il sud globale, parliamo di Giappone e India: dunque è questo il momento giusto per fare questa riforma?

La riforma della Farnesina cade in una certa fase storica essendo maturate le condizioni per poter attuare un rinnovamento. In un momento in cui uno dei nostri principali mercati di sbocco nei confronti dell’Italia e dell’Unione europea nel suo complesso diventa meno accessibile, e quindi rende il nostro export meno competitivo, è chiaro che la diversificazione delle nostre attività commerciali, non solo come Italia ma anche come Unione europea, diventa una necessità. Il fatto che l’Italia, ad esempio, abbia deciso di soprassedere a tutte le perplessità che aveva sulla ratifica del dell’accordo Mercosur, rappresenta un chiaro indizio in questa direzione, per cui diventa necessario trovare aree di sbocco più importanti e il Sud globale ne offre moltissime. Credo che l’Unione Europea nel suo complesso, come anche il nostro Paese, si stia muovendo nella giusta direzione proprio per poter avere altre possibilità di penetrazione commerciale. E chiaro che i nostri rapporti con gli Stati Uniti rimangono saldi e importantissimi, determinati dagli interessi reciproci sia per per gli investimenti sia per quanto riguarda la tecnologia. Ciò non toglie che la capacità di diversificare sia una carta in più da giocare.


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