Nella cornice della Treccani è stato presentato Intelligence (Treccani, 2025) il nuovo volume di Mario Caligiuri. L’Intelligence deve diventare un sapere accessibile e formativo, capace di orientare la società e rafforzare la coesione nazionale. Tra i temi affrontati – nel dialogo con Vittorio Rizzi, Lorenzo Guerini, Bernardo Giorgio Mattarella e Massimo Bray – anche la formazione di élite responsabili, l’integrazione tra sicurezza, politica e cultura e il ruolo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale
La cornice della Treccani, luogo simbolo della conoscenza come patrimonio culturale nazionale, ha conferito all’iniziativa un significato che va ben al di là della presentazione editoriale. L’ingresso dell’Intelligence nel mondo Treccani rappresenta, infatti, il riconoscimento della sua piena dignità culturale e, al tempo stesso, un passaggio di fase: dall’Intelligence come pratica specialistica all’Intelligence come sapere pubblico, capace di orientare la coscienza democratica nel tempo della complessità.
Massimo Bray, direttore generale della Treccani, ha sottolineato come la missione dell’Enciclopedia consista nel promuovere saperi che orientino la società in epoche di disinformazione e polarizzazione cognitiva. L’inserimento dell’Intelligence fra le voci Treccani risponde a questa esigenza: descrivere un’attività istituzionale e riconoscerne la valenza educativa e civica. La conoscenza, ha ricordato Bray, non è mai neutra, ma concorre alla costruzione del bene comune.
Bernardo Giorgio Mattarella, professore di Diritto amministrativo presso la Luiss Guido Carli, ha interpretato l’Intelligence come funzione pubblica, essenziale alla tutela dello Stato di diritto. Ha evidenziato l’importanza della formazione di élite culturali e morali, capaci di integrare il sapere giuridico con la consapevolezza geopolitica e tecnologica. Le “minoranze creative”, da lui individuate nel testo, non indicano un’aristocrazia chiusa, ma una classe dirigente fondata sul merito e sulla responsabilità. In questa prospettiva, la cultura dell’Intelligence non coincide con la segretezza, bensì con la trasparenza metodologica e la precisione analitica che ogni democrazia matura deve saper coltivare.
Lorenzo Guerini, presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha collocato la riflessione in una dimensione strategica e politica, sottolineando il nesso fra sicurezza e libertà. L’Intelligence, ha affermato, è un bene prezioso dello Stato, che opera a presidio della sovranità cognitiva e della coesione nazionale. La legge 124 del 2007, nel ridisegnare l’architettura dei Servizi, ha garantito equilibrio e controllo democratico, ma occorre rafforzare la capacità di visione strategica del sistema-Paese. Guerini ha insistito sulla necessità di una strategia di sicurezza nazionale che integri difesa, politica estera, economia e cultura, riconoscendo nell’intelligence un punto d’incontro fra conoscenza e decisione, fra etica della responsabilità e realismo politico.
Vittorio Rizzi, prefetto e direttore del Dis (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) ha introdotto una dimensione umanistica e cognitiva, richiamando il valore del pensiero riflessivo in un’epoca dominata dalla velocità informativa. L’Intelligence, ha affermato, non è solo raccolta di dati, ma interpretazione del mondo, esercizio di libertà e responsabilità. Nella rivoluzione tecnologica in corso, l’intelligenza artificiale non deve sostituire quella umana, ma stimolarne l’evoluzione etica e critica, in una logica di complementarità, non di delega. Il rischio di affidare il giudizio agli algoritmi impone di riaffermare il primato del discernimento e della cultura.
Da prospettive differenti, ma convergenti, i relatori hanno delineato un orizzonte comune: un’Intelligence che non appartiene solo allo Stato, ma ai cittadini. Le conclusioni di Mario Caligiuri, autore del volume, presidente della Società italiana di Intelligence (Socint) e direttore del master in Intelligence dell’Università della Calabria, hanno ricomposto i diversi piani emersi nel dialogo: l’Intelligence come strumento di conoscenza, come presidio democratico e come progetto educativo. La sua funzione non si esaurisce nella sicurezza, ma si estende alla comprensione della complessità e alla costruzione di una cittadinanza consapevole. Per questo, l’Intelligence deve essere insegnata, studiata e praticata come forma di intelligenza collettiva nella scuola e nelle università, in modo da essere capace di orientare la Repubblica nel tempo dell’incertezza globale.
La presentazione del volume Treccani ha offerto l’occasione per ribadire che la sicurezza non è solo difesa, ma cultura; non solo reazione, ma previsione; non solo apparato, ma pensiero. In questa sintesi si colloca il significato più profondo del lavoro di Caligiuri: restituire all’Intelligence la sua natura di sapere culturale, fondato sull’etica della responsabilità e sull’ambizione di fare della conoscenza uno strumento di libertà.


 
									













