Non solo la Turchia resta un attore cruciale in una regione instabile, ma la visita del Pontefice cerchia in rosso un’idea: all’interno delle singole iniziative di Ankara, se ne scorgono tante altre, tutte interconnesse, caratterizzate dall’attivismo, dal rafforzamento delle relazioni con Golfo e Italia oltre alla nuova fase del dialogo con la Casa Bianca
Cosa c’è di significativo (e di geopolitico) nel viaggio di Papa Leone in Turchia? Come i nuovi assetti sul Bosforo si intrecciano con un dialogo fondamentale per la pacifica convivenza in Medio Oriente – fronte Gaza – e con la fase che sta nascendo dopo gli accordi di pace di Sharm el-Sheikh? Per comprendere complessivamente le relazioni che si stanno costruendo e il peso specifico dei soggetti in causa, vanno lette e rilette le tracce politiche di Recep Tayyip Erdogan, il suo ruolo a cavallo tra le due guerre, il rapporto con gli Stati Uniti e le dinamiche nel Mediterraneo (e quindi in Ue).
IL CONTESTO POLITICO DEL GOVERNO ERDOGAN
L’era geopolitica erdoganiana si sta avvicinando a quella che lui stesso ha definito come l’ultima curva, dopo una presenza politica e sociale nel paese durata un quarto di secolo. In questo senso il processo di avvicinamento alle elezioni presidenziali del 2028 potrebbe registrare una anticipazione. In questa fase sbrogliare il nodo curdo è la priorità politica del governo, anche con l’obiettivo di rallentare l’insediamento curdo in Turchia. Avviata per la prima volta nell’ottobre 2024, l’iniziativa ha preso piede nel febbraio 2025, dopo che il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) Ocalan ha chiesto lo scioglimento e il disarmo del partito. Come si incastra questo passaggio all’interno della leadership di Erdogan e con il suo cronoprogramma da qui alla fine del mandato presidenziale?
La chiave si trova in Siria con una doppia questione: da un lato in ballo c’è l’accordo tra il comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF) e il presidente siriano Ahmad al-Sharaa; dall’altro le relazioni (presenti e future) tra le Unità di Protezione Popolare Curde (YPG), e il PK in via di scioglimento. Il domani politico siriano, secondo le priorità di Ankara, necessitano di un rafforzamento delle posizioni in atto, compreso il trend che investe i curdi. In carcere c’è ancora il politico curdo Selahattin Demirtas perché condannato a nove anni di carcere per accuse che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha definito di matrice politica. Ora che la tensione con i curdi turchi è diminuita, potrebbe essere liberato.
LA GEOPOLITICA TRA BOSFORO, GOLFO E MEDITERRANEO
Papa Leone ha espresso un auspicio: che la Turchia “possa essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura”. Un riconoscimento per il ruolo di pontiere che porta in dote anche un notevole peso alla voce responsabilità. Erdogan ha già calzato quelle vesti in occasione della crisi del grano successiva all’invasione russa dell’Ucraina e oggi prosegue in quel solco, anche alla luce dei suoi rapporti con il presidente turco Vladimir Putin e delle forti relazioni industriali che esistono fra Turchia e Russia.
Restando a Kyiv, è di queste ore l’indiscrezione che riguarda la decisione del ministero della Difesa turco secondo cui la Turchia potrebbe unirsi alla pianificata “forza di rassicurazione” se le circostanze saranno favorevoli, contribuendo con truppe sul campo, ma solo dopo il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina e la definizione di una cornice di missione. Guardando al golfo, un mese fa Erdogan ha compiuto un passo significativo per rafforzare ulteriormente un quadro in continua evoluzione firmando 24 nuovi patti in Kuwait, Qatar e Oman. I legami bilaterali si affiancano alla cooperazione regionale, accrescendo il peso di Ankara.
ROMA E ANKARA, UNA FASE NUOVA
Con l’Italia la Turchia condivide ampie sezioni di cooperazione, che vanno dall’industria (su tutti il caso Piaggio e Bayraktar) alle alleanze multilaterali, comprese due aree nevralgiche come Mediterraneo e Africa. Da poche ore è terminata la missione a Roma di una delegazione del Parlamento turco guidata da Fuat Oktay, deputato di Istanbul per il Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) al governo, nonché presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento. In questo momento le relazioni tra Turchia e Italia sono in una fase di notevoli progressi, sia alla luce degli sviluppi nella sfera transatlantica, che guardando al conflitto tra Russia e Ucraina, alle questioni nel Mediterraneo e alle relazioni industriali tra Roma e Ankara. La delegazione ha incontrato Lorenzo Cesa, capo della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato; Giulio Tremonti, presidente della Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, e i membri della commissione; Giulia Pastorella, presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Italia-Turchia; il senatore Pier Ferdinando Casini, capo del gruppo italiano dell’Unione interparlamentare; e Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, insieme ai membri della commissione.
IL RAPPORTO CON LA CASA BIANCA
Il rapporto tra Donald Trump e il presidente turco si sta rafforzando come dimostra l’evoluzione del caso siriano, con il disimpegno americano e, di fatto, l’investitura turca alla voce “responsabilità gestionale”. Essenzialmente abbiamo assistito ad una distensione tra i due sull’altare del pragmatismo e della diplomazia, dove una politica estera statunitense meno ideologica e più basata sugli interessi concreti si intreccia con le esigenze dei singoli players (come la richiesta turca di più caccia). La Turchia resta un attore cruciale in una regione instabile dove la volontà della Casa Bianca è quella di includere l’alleato della Nato anche in chiave mediorientale. Per cui la visita del Pontefice cerchia in rosso un’idea: all’interno delle singole iniziative di Ankara, se ne scorgono tante altre, tutte interconnesse caratterizzate dall’attivismo, dal rafforzamento delle relazioni con Golfo e Italia oltre alla nuova fase del dialogo con la Casa Bianca.







