Secondo Robert O’Brien, la National Security Strategy 2025 segna il ritorno pieno di America First, con priorità nette: controllo dell’emisfero occidentale, competizione totale con la Cina e primato tecnologico. La sicurezza economica diventa sicurezza nazionale, mentre Europa, Russia e Medio Oriente vengono letti in chiave di stabilità strategica e riduzione dell’impegno militare diretto
“Questa National Security Strategy segnala una chiara priorità della resilienza economica, con particolare attenzione alla reindustrializzazione, alla sicurezza e all’indipendenza della catena di approvvigionamento, al dominio energetico e all’innovazione tecnologica”. La spiegazione è sintetica quanto efficace, e la fornisce direttamente Robert O’Brien in una “Spot Analysis” inviata dalla sua American Global Strategies — la società di consulenza privata avviata da O’Brien dopo l’uscita da incarichi diretti nell’amministrazione Trump, dove ha ricoperto come ultimo il ruolo di Consigliere per la Sicurezza Nazionale, dal settembre 2019 al gennaio 2021, ossia ha chiuso al National Security Council il primo mandato trumpiano.
La voce è dunque piuttosto interessante, perché O’Brien ha ricoperto una posizione cruciale in una Casa Bianca il cui inquilino, Donald Trump, era lo stesso di adesso, ma con visioni e applicazioni correnti piuttosto differenti. “Questi sono impegni che hanno un chiaro sostegno presidenziale, un diffuso sostegno a livello di gabinetto e un consenso bipartisan”, spiega nell’analisi, e aggiunge che “coloro che cercano di fare affari con il governo degli Stati Uniti dovrebbero evidenziare nei loro impegni con i funzionari statunitensi come i loro sforzi siano annidati all’interno del Nss e fornire raccomandazioni su come posizionarsi meglio per lavorare con il governo nel raggiungimento degli interessi americani fondamentali”.
Ossia, la strategia è chiara: messaggio da recepire per chiunque osservi gli Usa. Non un documento accademico, ma un testo volutamente diretto, che elenca problemi e soluzioni in modo esplicito. Per O’Brien, la nuova Nss rappresenta il manifesto politico-strategico della seconda amministrazione Trump: meno globalismo, più sovranità, meno dispersione, più priorità chiare.
Il principio organizzatore è uno solo: “America First” come architrave di ogni scelta, dalla politica estera a quella economica, fino alla dimensione culturale. La sovranità nazionale, la protezione dei lavoratori americani, la difesa della base industriale e della coesione sociale vengono posti sopra ogni agenda multilaterale astratta. È, nelle parole di O’Brien, una strategia che nasce da una diagnosi precisa: l’errore strutturale commesso dagli Stati Uniti dopo la fine della Guerra Fredda è stato quello di moltiplicare all’infinito le priorità, senza obiettivi chiari, caricandosi “oneri globali permanenti” e conflitti non centrali per gli interessi vitali del Paese.
La novità forse più dirompente è la centralità assoluta attribuita al “Western Hemisphere”. La Nss introduce quello che O’Brien definisce apertamente un “Trump Corollary” alla Dottrina Monroe: l’idea che il destino dell’emisfero debba restare sotto controllo diretto degli Stati Uniti, senza interferenze di potenze extra-regionali. Lasciare spazio a competitor non emisferici viene definito “uno dei più gravi errori strategici americani degli ultimi decenni”.
L’obiettivo è triplice: fermare la pressione migratoria, impedire il radicamento di potenze avversarie e mettere in sicurezza asset strategici e catene di approvvigionamento. La strategia combina strumenti militari, diplomatici ed economici: dalla ristrutturazione della postura militare al rafforzamento dei partner regionali contro cartelli e criminalità, fino all’uso della diplomazia commerciale per riportare al centro le aziende statunitensi. È una ridefinizione dell’emisfero non solo come spazio geopolitico, ma come perno industriale e logistico della sicurezza americana.
Alla luce di, e nonostante la svolta emisferica, la Cina resta il principale concorrente strategico degli Stati Uniti, sul piano economico, tecnologico e militare. O’Brien nota — come evidenziato nell’ultima edizione di “Indo-Pacific Salad” — che a tutti gli effetti il documento di Trump descrive Pechino come il beneficiario diretto delle illusioni occidentali sulla liberalizzazione attraverso il commercio. La priorità è riequilibrare gli scambi, proteggere le tecnologie critiche, rafforzare il coordinamento con gli alleati e costruire una deterrenza credibile lungo tutta la Prima Catena di Isole.
Interessante, secondo O’Brien, è anche il dibattito interno all’amministrazione tra falchi tradizionali e una nuova corrente più “restrainer”. Segno che la Cina resta un dossier centrale ma non monolitico. La Nss chiarisce inoltre che la competizione con Pechino non sarà confinata all’Indo-Pacifico: le attività cinesi considerate “maligne” verranno contrastate anche direttamente sul suolo americano e in altri quadranti, dall’Africa al Medio Oriente.
Da qui, una conseguente linea formalmente invariata su Taiwan: nessun sostegno a cambiamenti unilaterali dello status quo. Ma la motivazione strategica viene esplicitata con maggiore brutalità: l’isola è decisiva sia per l’accesso militare alla Seconda Catena di Isole, sia per il controllo della produzione globale di semiconduttori.
Pensiero paradigmatico di un altro asse centrale della Nss, come sottolinea O’Brien: il ritorno esplicito al concetto di “peace through strength” — “non Force” come fa notare una fonte da Washington — accompagnato da un innalzamento della soglia politica per nuovi interventi militari. La modernizzazione delle forze armate e il burden-sharing con gli alleati sono visti come condizioni necessarie per ridurre la tentazione di guerre preventive o missioni indefinite.
Questo approccio si intreccia direttamente con un altro pilastro della strategia: l’equazione piena tra sicurezza economica e sicurezza nazionale. Tariffe, reshoring industriale, dominio energetico, supremazia tecnologica in AI, biotech e quantum sono strumenti di potere tanto quanto le portaerei. La difesa industriale deve essere ricostruita puntando anche su sistemi economici, rapidamente producibili e scalabili, senza rinunciare alle piattaforme ad alta tecnologia.
Il giudizio sulla Europa è tra i più duri del documento. Secondo O’Brien, la Nss descrive un continente a rischio di smarrimento della propria identità per effetto di migrazioni incontrollate e debolezza della governance interna. La strategia americana punta a “coltivare resistenza” rispetto a questa traiettoria, in linea con il messaggio lanciato dal vicepresidente J.D. Vance alla Conferenza di Monaco, come ricordava Beniamino Irdi (Atlantic Council).
Tutto da usare come scenografia del rapporto con la Russia, dove la parola chiave diventa “strategic stability”. La fine delle ostilità in Ucraina è indicata come interesse centrale degli Stati Uniti, insieme alla volontà di fermare l’idea di una Nato in espansione permanente. Il messaggio a Mosca è calibrato: raffreddare le tensioni mentre si chiede agli europei di farsi carico di una quota maggiore della propria sicurezza.
Sul Medio Oriente, oggetto di un’analisi specifica che comprende il ruolo centrale degli Accordi di Abramo nella strategia attuale e futura americana, anche attraverso le parole del rabbino Elie Abadie – la Nas evita l’idea di una nuova stagione di guerre. Concettualizzazione che comprende una visione dove, anche frutto della generale indipendenza energetica statunitense, gli equilibri della regione vogliono essere gestiti “from behind” da Washington. Ma tutto senza che attori rivali (leggasi Cina, o Iran e Russia) possano avere ruolo egemonico nella regione — come altrove.
Perché è questo il principio trasversale che la Nss sancisce. Principio che passa anche (e soprattutto) dal concetto che vede la supremazia tecnologica come chiave del primato globale. Chi stabilisce gli standard in AI, biotech e quantum stabilisce anche le regole del nuovo ordine internazionale. E gli Usa vogliono ancora stabilire, standard, regole e primato.















