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Petrolio, gas e sanzioni. Cosa si stanno promettendo Mosca ed Exxon?

Sta maturando l’idea che il dialogo tra Mosca ed Exxon Mobile possa essere una strada percorribile per uscire dall’imbuto delle sanzioni Usa? Al momento la Russia ha avviato discussioni con la Exxon su possibili nuovi progetti di petrolio e gas: obiettivo, ampliare la cooperazione esistente con Rosneft, dopo lo stop. Sul tavolo diverse opzioni, come gas naturale, raffinazione e petrolchimico: tutti ambiti non colpiti dalle sanzioni Usa.

QUI MOSCA

Il primo passo è stato fatto: i negoziati potrebbero iniziare con l’espansione della cooperazione tra due giganti del petrolio, mentre comunque gli Usa potrebbero imporre ulteriori sanzioni alla Russia già dal prossimo novembre. Da quest’anno il colosso americano ha di fatto abbandonato la stragrande maggioranza dei suoi progetti consortili in terra di Russia. Sia Exxon che Rosneft non hanno ottenuto vantaggi da questa rottura, anche perché l’ultimo accordo significativo del 2013 prevedeva nuove perforazioni nell’Artico e nel Mar Nero con l’obiettivo, non solo di dare continuità all’azione dell’ex Ceo di Exxon, Rex Tillerson, ma anche per offrire un nuovo palcoscenico al Ceo di Rosneft, Igor Sechin, sull’industria petrolifera interna.

Al momento resta solo Sakhalin-1 il fronte di Exxon in Russia, compreso il contenzioso fiscale incorporato nell’affare. Per cui, anche se i due players non dicono una parola ufficiale sui dialoghi, è un fatto che una linea di comunicazione sia stata attivata in questa direzione per capire com affrontare il futuro: possibilmente in partnership, così come fatto recentemente in Mozambico dove i due players hanno siglato contemporanei accordi con il governo di Maputo per l’esplorazione petrolifera in un minimo di dieci pozzi (al pari di ciò che ha fatto anche Eni pochi giorni fa).

Tra l’altro Exxon ha di fatto preso “di mira” l’Africa, con una serie di progetti per Ghana, Mauritania, Sud Africa e Namibia, condotti con lo stesso piglio di quelli che hanno portato alla scoperta in Guyana nel 2015, quando fu individuato un significativo giacimento nelle acque più profonde del mondo. Con 4 miliardi di barili, la scoperta segnò un notevole punto a favore degli Usa.

STRATEGIE

Una prospettiva quindi che a Rosneft interessa parecchio, anche per via dei suoi nuovi macro obiettivi nel breve-medio periodo. La stessa compagnia ha appena annunciato un investimento da 600 milioni di euro in Germania, dove ha partecipazioni in diverse raffinerie di petrolio. Inoltre ha più che triplicato l’utile netto nel secondo trimestre del 2018, fino a 228 miliardi di rubli (3,6 miliardi di dollari) spingendo le sue azioni in alto. Tanto da conquistarsi le attenzioni del Qatar destinato a diventare il terzo azionista dopo lo Stato russo e BP.

Mossa che si somma a quella avviata per ridurre il debito e le passività commerciali di almeno 500 miliardi di rubli quest’anno, in parte vendendo attività definite “no core”. In generale nel primo semestre del 2018 Rosneft è riuscita a dimezzare le passività anche grazie ad un altro canale ben definito: quello con l’India.

È stato il ministro del petrolio e del gas naturale indiano, Dharmendra Pradhan, a chiedere a Rosneft di rafforzare la propria presenza nel settore della vendita al dettaglio di carburanti indiani. L’occasione è stata l’India Energy Forum a margine del quale si sono intensificati gli scambi di idee e visioni per future collaborazioni. Anche perché New Dehli e Mosca hanno già il minimo comun denominatore di Sakhalin-1 dove opera un player indiano. E pochi giorni fa sempre da New Dehli ecco la notizia di un nuovo record di produzione: la Yuganskneftegaz, una consociata interamente controllata da Rosneft, ha dichiarato di aver registrato la sua più alta produzione giornaliera di petrolio a 197.193 mila tonnellate. Record storico dal 1964.

CASO SAKHALIN-1

Il consorzio russo Sakhalin-1, guidato da ExxonMobil, recentemente ha accettato di pagare a Rosneft solo 230 milioni dopo un accordo extragiudiziale nella disputa sulla produzione petrolifera, a fronte di una richiesta di 1,4 miliardi fatta dinanzi al tribunale arbitrale del distretto di Sakhalin nell’estremo oriente della Russia. In sostanza si accusava Exxon di arricchimento ingiustificato.

Ma in occasione della scadenza dell’accordo preliminare sul bilanciamento dei flussi dello scorso 24 aprile, ecco che non solo le parti avevano deciso la proroga, ma al contempo Exxon aveva aperto le trattative con Rosneft per una transazione. Sakhalin-1 non è un affare come gli altri, i tratta del primo progetto offshore su larga scala in Russia che al suo interno ne contiene ben tre: Chayvo, Odoptu e Arkutun-Dagi. Accanto ad esso ecco Sakhalin 2 guidato dalla russa da Gazprom.

twitter@FDepalo


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