Conti pubblici italiani bocciati. Ma a metà. Come da pronostico Standard&Poor’s mantiene il rating dell’Italia a Bbb, ma taglia l’outlook da stabile a negativo. Dunque il debito non è ancora spazzatura ma i saldi strutturali di bilancio non sono quelli indicati dal governo. Sono peggiori.
Se non altro il declassamento almeno è stato evitato anche se adesso resta da capire la reazione dei mercati, lunedì. “A nostro avviso, il piano economico del governo rischia di indebolire la performance di crescita dell’Italia”, sostiene l’agenzia nel suo report, nel quale bolla la manovra come “un’inversione rispetto al precedente consolidamento di bilancio e in parte torna indietro sulla precedente riforma delle pensioni”. Le stime del Pil, scrive Standard & Poor’s “sono ottimistiche e non ci si aspetta più che il debito italiano rispetto al pil continui a calare”. Ma soprattutto il deficit a fine 2019 salirà al 2,7% e non al 2,4% come stimato dal governo.
La decisione arriva dopo che l’agenzia Moody’s ha declassato la scorsa settimana il nostro Paese a Baa3, mantenendo un outlook stabile sul debito pubblico italiano. A fine agosto, invece, Fitch aveva confermato il rating a Bbb, ma rivedendo l’outlook da stabile a negativo. Standard & Poor’s, quindi, era l’ultima agenzia ad esprimersi nel 2018.
Le scale di valutazione di solito partono dalla tripla AAA, cioè la massima sicurezza del capitale, e terminano con la D, cioè il default, quando il capitale è dato praticamente per perso. In mezzo alla scala c’è una linea di confine, quella dell’investment grade, sotto cui l’investimento viene giudicato altamente speculativo, e dove per policy la maggior parte dei fondi non speculativi non può investire. In passato la affidabilità del giudizio delle agenzie è stato messo in passato in discussione, come quando a Lehman Brothers venne riconosciuta affidabilità fino a pochi giorni prima del suo fallimento.
L’Italia si mantiene comunque per adesso sopra il “non investment grade”, che sarebbe la soglia sotto la quale la situazione diventerebbe molto critica per il nostro Paese. Esistono infatti regolamenti che obbligano i fondi obbligazionari a disfarsi dei titoli sotto l’investment grade, perché giudicati speculativi. Se due agenzie portassero l’Italia sotto l’investment grade, Goldman Sachs ha calcolato che potrebbero scattare vendite di titoli pubblici italiani per 100 miliardi.