Con l’appuntamento del 12 e 13 novembre alle porte, l’agenda della diplomazia italiana continua ad infittirsi e, senza tregua, si procede verso le ultime due settimane di sprint e preparativi finali. Venerdì scorso era toccato a Fayez al Sarraj e Ghassan Salamè, ospiti a Palazzo Chigi del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Oggi, invece, ad arrivare a Roma è stato il generale Khalifa Haftar. Un incontro di estrema importanza, quello con l’uomo forte della Cirenaica che, attraverso la conferma della sua presenza a Palermo, ha fatto guadagnare all’Italia, sul campo, terreno prezioso.
Tuttavia, se l’apertura di Haftar alla conferenza potrebbe innescare un sostanziale riassetto dei nominativi dei partecipanti internazionali, riaccendendo la “speranza” sulla presenza di esponenti internazionali di primo piano, fonti vicine al generale rimarrebbero scettiche sull’effettiva riuscita dell’evento senza la partecipazione di un altro attore fondamentale. A tal proposito, infatti, sulla scena riappare il nome di Giuseppe Perrone, l’ambasciatore italiano in Libia, rientrato in Italia quest’estate per motivi di sicurezza. Sul ritorno di Perrone a Roma tante erano state le ipotesi sulle motivazioni e ancor di più le parole spese riguardo la sua figura.
Dopo un’intervista rilasciata ad un’emittente televisiva libica in cui sosteneva la necessità di rimandare la data ipotetica delle elezioni nel Paese, fissata dalla Francia per l’8 dicembre prossimo, e che aveva sollevato aspre critiche da parte, soprattutto, dei sostenitori di Haftar, Perrone era stato costretto a rientrare per motivi di sicurezza. Ali al Saidi, parlamentare vicino al generale della Cirenaica, però, recentemente avrebbe invocato il ritorno del diplomatico italiano a Tripoli. In un’intervista a La Stampa, al Saidi afferma: “Nessun cambiamento. L’ambasciatore Perrone ha dovuto sostenere posizioni che erano imposte dal governo italiano”. E continua: “In questo senso abbiamo mosso delle critiche nei suoi confronti, ma l’obiettivo era l’esecutivo”.
In ogni caso, effettivamente, il cambiamento, anzi il vero e proprio cambio di rotta, c’è stato, ed è visibile: “Perrone è il benvenuto come lo è stato tutte le volte che è venuto in Cirenaica, vogliamo il suo ritorno immediato e vogliamo dirgli che per lui le nostre porte e quelle del generale Haftar sono sempre aperte”. Una dichiarazione di pace che, dunque, lascia ben sperare per il futuro dell’ambasciatore: “Perrone è un diplomatico raffinato e di grandi vedute, è una persona a noi vicina, è l’unico che può consentire il superamento di questa impasse e salvare la conferenza di Palermo”, ha sottolineato al Saidi.
L’azione diplomatica italiana e libica si intreccia, dunque, in un filo complesso fatto di mediazione e dialogo costante che, con costanza e determinazione, hanno portato il governo di Roma a acquisire un ruolo di ormai dichiarata e primaria importanza nel processo di stabilizzazione libico. Se il parlamentare vicino ad Haftar ha voluto sottolineare l’autorevolezza dell’azione di Perrone, allo stesso tempo ha mosso un chiaro monito ad un’Italia, a suo parere, inizialmente troppo sbilanciata verso il governo di Tripoli. Un punto d’incontro, dunque, sarà proprio quello di metà novembre in Sicilia, nel quale Giuseppe Conte si porrà come “facilitatore” di una mediazione tanto necessaria quanto decisamente auspicabile.
Un delicato gioco di fili, quello compiuto dall’esecutivo di Conte negli ultimi mesi, che ha permesso di raccogliere consensi e avvicinare quanto più possibile le parti in causa, in modo da favorire un tavolo di discussione completo dei suoi veri protagonisti: gli attori locali. E la presenza di Haftar a Palermo è l’ultimo dei tasselli principe di questa strategia, considerando che quest’ultimo potrebbe trainare dietro di sé diverse tribù locali che finora non avevano ancora considerato la partecipazione.
Il ruolo di mediazione dell’Italia, in aggiunta, si inserisce su questa scia assicurando una discussione efficace. Inoltre, secondo quanto riferisce il comunicato stampa rilasciato dopo gli incontri di Haftar a Roma, questo, confermando la sua partecipazione a Palermo, ha assicurato “disponibilità a un confronto che si auspica costruttivo e che rappresenti la premessa di un reale processo di unificazione in linea con le perduranti aspettative del popolo libico”. Tutto questo, tuttavia, sempre secondo quanto si legge nella nota di Palazzo Chigi, non prescinde dalla finalità a “sostenere le condizioni di sicurezza e di sviluppo economico, nonché il rafforzamento del quadro politico-costituzionale, quale base per un ordinato processo politico fondato sul Piano d’Azione delle Nazioni Unite”.