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Sanzioni all’Iran. Ecco la nuova posta in gioco

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La data fatidica è arrivata. Dopo il ritiro dal Jcpoa nel maggio scorso, gli Usa di Trump hanno annunciato il ripristino effettivo di tutte le sanzioni sull’Iran, precedentemente revocate proprio attraverso l’accordo sul nucleare del 2015. E se la mossa dell’amministrazione americana non è da considerarsi una vera e propria novità, quanto più un passo ormai inevitabilmente atteso, la notizia che circola in queste ore porta con sé conseguenze ulteriori alla questione, conseguenze che molto probabilmente subiremo nei prossimi mesi. Gli Stati Uniti, secondo quanto affermato dal segretario di Stato Mike Pompeo, concederanno deroghe temporanee a otto Paesi, ma tra questi non vi è traccia di Europa.

“L’Europa è esclusa dall’esenzione con cui gli Stati Uniti permetteranno ad otto Paesi di continuare a importare petrolio dall’Iran”, ha sottolineato Pompeo. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’Unione europea, insieme alla Russia e alla Cina, si era sempre opposta all’uscita degli Usa all’accordo del 2015.

Ma, continua sempre il segretario di Stato, “ci aspettiamo di assegnare alcune quote temporanee a otto Paesi, ma solo perché hanno dimostrato significative riduzioni delle loro importazioni di petrolio greggio e la cooperazione su molti altri fronti, facendo passi importanti verso l’azzeramento dell’importazione di petrolio greggio”. Rimane comunque alto il velo di riserbo sulla lista dei Paesi che beneficerà della deroga all’import, anche se, secondo Reuters, tra i principali candidati ci sarebbero Cina, India, Turchia, Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi, Grecia e Italia.

D’altra parte, infatti, le prime indiscrezioni cominciano a fornire un’idea della situazione. In prima battuta compare la Turchia, che attraverso l’annuncio del ministro dell’Energia Fatih Donmez ha commentato: “Sappiamo che la Turchia è fra i Paesi che avranno l’esenzione, ma non abbiamo i dettagli”.

Quella che prenderà il via il 5 novembre, dunque, sarà una seconda tranche di misure restrittive e andranno a colpire soprattutto quei Paesi che continueranno a importare petrolio dall’Iran, insieme alle società che faranno ancora affari con individui o entità inserite nella “lista nera” degli Usa. Un contraccolpo atteso, che, come hanno riferito Mike Pompeo e il segretario al Tesoro Steve Mnuchin, manterrà i suoi effetti fino a quando Teheran “non finirà di sostenere il terrorismo, rinuncerà al suo coinvolgimento militare in Siria e fermerà completamente i suoi programmi nucleari e missilistici”.

Dal canto suo, però, Teheran appare impassibile. “Non c’è motivo di preoccuparsi. Dovremo aspettare e constatare che gli Stati Uniti non saranno in grado di mettere in pratica alcuna misura contro la grandiosa e coraggiosa Nazione iraniana”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qassemi alla tv Irib. Ma quella che l’Iran definisce una “guerra psicologica”, porrebbe comunque in difficoltà l’import europeo. “Sembra che gli Stati Uniti non siano più in grado di mettere sotto pressione i Paesi e le aziende – ha continuato Qassemi, lanciando una stoccata – noi sappiamo gestire e siamo in grado di gestire le questioni economiche del nostro Paese”.


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