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Tim, Elliott vince e Vivendi perde. Adesso la società della rete con Open Fiber

Calma e sangue freddo, nell’attesa di un nuovo timoniere. La giornata non è di quelle facili per Tim, dopo la sfiducia di questa mattina al ceo Amos Genish, messo all’angolo in cda di buon mattino, dopo giorni di voci rincorse su possibili cambi al vertice. Il nuovo amministratore delegato, se tutto andrà bene, arriverà nel fine settimana, in tempo per essere presentato al mercato all’apertura delle borse. Fino a quel momento, dicono dalla società, non ci saranno decisioni strategiche di sorta, semmai un attento esame della situazione. Che rimane indubbiamente complicata.

Due le questioni. Primo, i pesi e contrappesi dentro la compagine azionaria, tenuto conto dei veleni di queste ore riesplosi tra Vivendi, azionista al 24% e primo socio unico della compagnia ed Elliot, il fondo attivista americano che con solo l’8,6% del capitale è riuscito a mettere spalle al muro i francesi, che un anno e mezzo fa, prima della comparsa di Elliott, avevano imposto il manager israeliano alla guida di Tim. Secondo, la società della rete (qui un approfondimento di Formiche.net). Scelta sulla quale si è consumata la rottura definita tra i due soci pesanti nell’ex Telecom.

Partendo dalla prima questione, il manager dopo settimane di voci è stato formalmente sfiduciato dalla maggioranza del board espressione del fondo attivista Elliott che pur avendo solo l’8,65% delle azioni ha la maggioranza in consiglio per essere uscito vincitore nell’assemblea di maggio scorso dal duello con il socio di maggioranza, i francesi di Vivendi, che hanno il 23,94% delle azioni. Un conflitto mai sopito in realtà e covato per tutti questi mesi impedendo alla società di prendere una direzione chiara. Da ultime le divisioni sulla vendita di Persidera o anche sulla svalutazione dell’avviamento per due miliardi dell’ultima trimestrale. La tensione è ai massimi livelli.

Vivendi poche ore fa ha attaccato duramente l’operato del board Tim, reo di aver messo in minoranza Genish. Per tutta risposta Elliott ha fatto trapelare il profondo disappunto per l’operato dello stesso ex amministratore delegato espressione di Vivendi, accusato di aver mancato i target del proprio piano industriale e per questo sfiduciato dal consiglio. La stessa Tim in una nota, ha diffidato il suo azionista francese dal diffondere false notizie in merito alla situazione societaria. Insomma, una polveriera. Destinata forse a esplodere nell’assemblea dei soci che verrà con ogni probabilità chiesta dalla stessa Vivendi per alzare al massimo livello lo scontro. Una mossa che secondo gli analisti di Fidentiis darebbe alla media company di Vincent Bollorè la possibilità di riperdersi il controllo del board.

Se dunque in consiglio di amministrazione la situazione è tesa come non mai, l’altra grande incognita è il progetto per la creazione della società della rete, insieme al player pubblico Open Fiber (50% Cdp e 50% Eni). L’assetto della futura società per la gestione della rete a banda larga (qui il commento di Davide Giacalone) è stato l’altro terreno di scontro su cui si è consumata la rottura tra Elliott e Vivendi e che ha sancito la fine dell’esperienza di Genish. Vivendi ha sempre auspicato lo spin off a patto che la nuova società, chiamata Netco, rimanesse saldamente nelle mani di Tim. Una linea ribadita proprio ieri dallo stesso Genish, il quale aveva subordinato l’intera operazione al controllo da parte dell’ex Telecom.

Ma Elliott è sempre stata di avviso diverso, decisamente più allineato agli auspici del governo gialloverde, poco propenso a cedere il comando della nuova società della rete. La collisione era dunque inevitabile. Il dato certo, come trapela anche dalla stessa Tim, è che Vivendi esce decisamente male dallo scontro con Elliott. Il quale adesso ha nei fatti il controllo della società, con la possibilità di esprimere un suo Ad e di avviare quell’agognato scorporo che darà vita a una società a controllo paritetico Open Fiber-Tim.



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