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Italia sempre a tre velocità, anche nella gestione dei rifiuti

rifiuti, infrastrutture

Nel 2017, la produzione dei rifiuti in Italia cala di quasi due punti percentuale rispetto all’anno precedente e si attesta sotto i 30 milioni di tonnellate (29,6). Anche se nel quinquennio 2013-2017 si riscontra una sostanziale stabilità, dopo il brusco calo dei due anni precedenti (2011 e 2012) dovuto alla contrazione del prodotto interno lordo e dei consumi delle famiglie. Le province dell’Emilia Romagna sono quelle dove si producono più rifiuti urbani per abitante, in testa Rimini con 727 chili, a fronte di una media nazionale che si attesta intorno ai 500 chilogrammi per abitante. E comunque oltre la metà, esattamente il 55,5% vengono raccolti in maniera differenziata.
Sono alcuni dei dati che si ricavano dal Rapporto Rifiuti 2018 di Ispra, l’Istituto Nazionale per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

Secondo il suo presidente, Stefano Laporta, “il dato sulla raccolta differenziata testimonia gli sforzi che sono stati fatti in questi anni per ridurre la quantità dei rifiuti avviati in discarica, che sono ancora molti, 7 milioni di tonnellate, il 23%, mentre le nuove direttive ci impongono di non superare il 10%. Ricordando, anche, che la raccolta differenziata è un mezzo finalizzata al riciclo: quindi occorre puntare ad una raccolta di qualità che favorisca il riciclo”.

I valori più alti di raccolta differenziata si riscontrano al Nord (oltre il 66%), i più bassi al Sud (42%), mentre il Centro si colloca al 52%. Per quanto riguarda le regioni, è il Veneto la regione con la percentuale più alta (73,6%), seguita da Trentino Alto Adige (72%), Lombardia (69,6%) e Friuli Venezia Giulia (65,5%). Treviso la provincia con il valore più alto: quasi 90%. La Sicilia fanalino i coda con Enna ad appena l’11,3%, Siracusa al 15,3 e Palermo al 17,3.

Con l’emanazione della nuova direttiva sui rifiuti, sono stati introdotti ulteriori obiettivi riciclo: 50% al 2020; 60% al 2020 e 65% al 2035. Al di là, quindi, delle quantità raccolte, occorre dotare il Paese di impianti per avviare a riciclo i rifiuti differenziati. E, purtroppo, non tutte le regioni sono dotate delle necessarie strutture per il trattamento dei rifiuti. La scarsità degli impianti fa sì che in molti casi si deve ricorrere a spedire i rifiuti in altre regioni o all’estero. Attualmente in Italia vi sono 644 impianti e 123 discariche, undici in meno dell’anno precedente.

“La strada da percorrere è quella dell’economia circolare – ha ricordato il sottosegretario all’Ambiente Salvatore Micillo – seguendo, nella gestione dei rifiuti, la gerarchia indicata dall’Unione europea: prevenzione, riutilizzo, riciclo. Occorre incrementare la raccolta differenziata di qualità per un riciclo efficiente. In questi giorni il ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione hanno sottoscritto un protocollo sull’educazione ambientale, stanziando 1 milione e 300 mila euro per progetti finalizzati alla sensibilizzare i cittadini verso l’economia circolare”.

Il riciclo, nel complesso, raggiunge il 47% dell’immesso al consumo: 20% la frazione organica; 27% le altre frazioni merceologiche. Un capitolo a parte per i rifiuti di imballaggio. Anche per questi la nuova direttiva stabilisce ulteriori obiettivi di riciclo: il 65% entro il 2025; il 70% entro il 2030. Obiettivi differenziai per i vari materiali: plastica, legno, metalli, carta e vetro. Ad oggi i rifiuti di imballaggio avviati a riciclo si attestano al 67,5%, mentre il recupero complessivo arriva al 78% dell’immesso al consumo. Per quanto riguarda il recupero dei singoli materiali, tutti, tranne la plastica, hanno già superato gli obiettivi fissati al 2025.
“La gestione dei rifiuti – ha sottolineato Giorgio Quagliuolo, presidente del Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi – è l’asse portante dell’economia circolare e gli imballaggi rappresentano un’eccellenza, visti i risultati raggiunti in questi anni. Non dobbiamo dimenticare, però, che i rifiuti di imballaggi rappresentano soltanto il 7% di tutti i rifiuti e il 25% di quelli urbani. Tuttavia la gerarchia nella gestione dei rifiuti proposta dall’Unione europea è stata sempre al centro delle iniziative del consorzio, ad iniziare dalla prevenzione”.

Sempre nel 2017 il nostro Paese ha esportato oltre 350 mila tonnellate di rifiuti, soprattutto verso l’Austria (28%) e l’Ungheria (13%). Ha, invece, importato circa 213 mila tonnellate di rifiuti, soprattutto dalla Svizzera (33,6%) e per lo più rifiuti di imballaggio in vetro destinati ad impianti di recupero di questo materiale in Lombardia.

Ma quanto ci costa la gestione dei rifiuti urbani? Dipende da dove si vive. L’analisi economica condotta da Ispra rivela che i cittadini che vivono al Nord pagano, in media, poco più di 150 euro ciascuno l’anno; meno fortunati quelli del Sud con 182 euro; decisamente svantaggiati gli abitanti del Centro che devono sborsare oltre 206 euro l’anno a testa. Decisamente meno pagano quelli che vivono nei comuni che hanno applicato la tariffa puntuale riferita ad ogni singola utenza servita.



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