Nella sua lettera oggi pubblicata da Il Sole 24 Ore il presidente della Camera Roberto Fico dedica una riflessione d’inizio d’anno a un tema delicato e decisivo per le moderne democrazie, vale a dire la centralità del Parlamento nelle dinamiche istituzionali e politiche.
Lo fa con parole di buon senso, sostanzialmente condivisibili da tutti a prescindere dagli orientamenti politici. E lo fa anche con spirito d’iniziativa, come dimostra il passaggio (che qui vale la pena riportare testualmente) della lettera: “Credo sia ingenuo vagheggiare una centralità perduta se il Parlamento non è disposto a riflettere su se stesso, dunque a riformarsi. Perché un’assemblea parlamentare deve anticipare, non rincorrere, i processi economici e sociali. A gennaio proporrò alla Giunta per il Regolamento una serie di possibili interventi di riforma che incidono su organizzazione dei lavori, procedure, qualità legislativa. Voglio ribadire che ho profondamente a cuore il senso di un’assemblea, e per me è stata dolorosa la compressione dei tempi di esame della legge di Bilancio. Era però necessario organizzare i lavori della Camera tenendo conto dello scarso tempo disponibile e dell’obiettivo primario di non pervenire all’esercizio provvisorio, che avrebbe prodotto serie conseguenze sul sistema economico. La manovra ha tempi stabiliti ed è scandita in ogni sua fase dalla dialettica tra governo e istituzioni europee. È un problema democratico, che riguarda tutti i parlamenti nazionali dell’Ue. Siamo dentro una cornice di vincoli e scadenze, e dentro questa dobbiamo trovare un equilibrio. Se il Parlamento deve fare la sua parte, anche il governo deve fare altrettanto, con l’obiettivo congiunto di una maggiore concertazione e programmazione normativa”.
Potremmo quindi applaudire serenamente, se fossimo in un momento politico qualsiasi, in una data qualsiasi e senza avere alle spalle alcuni fatti precisi.
Invece non siamo in un momento politico qualsiasi, non siamo in una data qualsiasi e abbiamo alle spalle fatti precisi: ecco perché le cose cambiano (e non di poco) se teniamo conto del “contesto” (come direbbe Leonardo Sciascia).
Non siamo in un momento politico qualsiasi, poiché siamo all’inizio di una legislatura che vede al governo il M5S (di cui il presidente Fico fa parte), cioè il soggetto politico che più di tutti ha lottato nella scorsa legislatura per la difesa della Costituzione vigente e per il ruolo del Parlamento. Ciò è stato vero in particolare nella campagna referendaria del dicembre 2016 (persa da Renzi e vinta dai suoi oppositori). Ecco il commento del presidente Fico all’indomani dell’esito del voto referendario: “È bello e significativo osservare l’attaccamento forte del Paese a una casa comune, che per quanto perfettibile, è sentita come una casa comune, la Costituzione. Regole comuni che non possono essere modificate a colpi di maggioranza. Questo ci offre la direzione per il futuro, ci illumina la strada e ci dice che il senso di una riforma costituzionale è un altro: è lavorare insieme, senza strappi e senza arroganza, coinvolgendo i cittadini”.
Allora ecco una domanda al Presidente Fico: è proprio sicuro di condividere ancora quanto da lei affermato il 5 dicembre 2016? In particolare ne è proprio sicuro alla luce dell’art. 72 della Costituzione che così recita: “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza. (…) La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale [cfr. art. 138] ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa [cfr. artt. 76, 79 ], di autorizzazione a ratificare trattati internazionali [cfr. art. 80], di approvazione di bilanci e consuntivi [cfr. art. 81]”.
Già perché l’esame delle legge di Bilancio (approvata in via definitiva alla Camera il 30 dicembre) avrà anche rispettato quanto scritto nella Costituzione sotto il profilo formale, ma certamente ne ha fatto strage sotto quello sostanziale.
Inoltre non siamo in una data qualsiasi, proprio perché le parole di buon senso del presidente Fico arrivano a poche ore dalla chiusura della (turbolenta) sessione di bilancio. Cioè, per capirci meglio, queste parole arrivano subito dopo il voto finale, quando ormai la vicenda (almeno per il primo anno di legislatura) è conclusa.
E allora, signor presidente, ci viene spontanea una seconda domanda: perché non ne ha parlato prima, possibilmente durante le lunghe settimane di ottobre, novembre e dicembre, quando, giorno dopo giorno, appariva sempre più chiaro che sarebbe finita così?
Infine, abbiamo alla spalle fatti precisi, peraltro accaduti proprio nelle ore precedenti la lettera pubblicata oggi. Abbiamo cioè visto arrivare l’espulsione dal M5S di due senatori (De Falco e De Bonis), guarda caso proprio i protagonisti di scelte di voto in Parlamento diverse da quelle del loro gruppo (sul decreto sicurezza De Falco ha votato No e De Bonis non ha partecipato al voto). Allora dobbiamo capirci, presidente Fico. Nella sua idea di centralità ed autonomia del Parlamento esiste anche l’esercizio “senza vincolo di mandato” della funzione del singolo eletto oppure lei ritiene anacronistica e sbagliata tale previsione costituzionale?
La centralità del Parlamento è o non è, pur con tutti i compromessi del caso. Ma di certo non può essere solo puro esercizio retorico.