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Un proposito per il 2019. Ritrovare il senso di comunità in Europa

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Il 2018 è stato, per l’Italia, un anno per nulla semplice. Profondi cambiamenti hanno attraversato il nostro Paese che però non rappresenta affatto un caso isolato se si guarda a ciò che è accaduto e sta accadendo nel resto dell’Europa a partire dalla Francia e dalla Gran Bretagna senza voler allargare lo sguardo alle maggiori potenze mondiali degli Stati Uniti e dei cosiddetti Paesi Emergenti.

I cambiamenti che in Italia hanno riguardato soprattutto l’assetto politico-istituzionale sono valide premesse perchè il 2019 possa rappresentare un anno di grandi opportunità e, dunque, di grande interesse. A maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che, a prescindere dagli specifici risultati in termini di voti, produrranno, di certo, un notevole rimescolamento del quadro geopolitico europeo con effetti sul più ampio scenario mondiale.

Si tratta di un’occasione importante da non sprecare per riconquistare all’Europa un ruolo da protagonista nello scenario mondiale che sembra aver tristemente perduto soprattutto a causa del processo di globalizzazione che ha caratterizzato l’ultimo quarto di secolo. Come la crisi economico-finanziaria ha dimostrato, in maniera ormai inequivocabile, la globalizzazione può produrre, come ha prodotto, effetti drammatici.

Il sistema nel quale viviamo, che è stato causa ed effetto di quella crisi, non è più un sistema politico e sociale, almeno come lo abbiamo conosciuto nella seconda metà del Novecento, ma è diventato un sistema esclusivamente economico con il baricentro del potere che si è progressivamente spostato dai rappresentanti politici, più o meno democraticamente eletti, a società multinazionali sempre più immateriali e sempre più svincolate da qualsiasi controllo democratico.

Tutto questo ha comportato un prezzo in termini di precarietà sociale e, prima ancora, culturale, altissimo. Il totalitarismo economico e, nell’ultimo periodo, anche tecnologico, basato sull’esclusiva ricerca del profitto che ha bisogno dell’annientamento dell’etica e della morale, sta, infatti, distruggendo la cultura. Ma la cultura ha un ruolo del quale la persona umana, sia come singolo sia nella sua dimensione comunitaria, non può fare a meno pena la sua definitiva sconfitta. Questo processo, naturalmente, non inizia oggi e in molti, seppur isolati, nel corso di questi anni nei quali la globalizzazione mondiale finanziaria sembrava inarrestabile e portatrice di grandi progressi, lo avevamo avvertito e denunciato.

Oggi, e questa è la grande e importante novità, quelle voci che non condividono quel sistema e ne avvertono tutti i pericoli, non sono più isolate, non sono più minoritarie: è infatti, chiaro a tutti che, così come è avvenuto fino a ora, l’onda della globalizzazione che ha travolto anche l’Europa e l’Italia, deve essere fermata e non da un solo Paese.

Ecco allora l’opportunità e l’interesse per il periodo che va ad aprirsi. Se il Parlamento europeo diventasse un vero luogo di confronto e di dibattito nel quale poter far vivere l’istanza di tornare a pensare l’Europa non più nella sola dimensione economicista e monetarista, ma prima di tutto come entità culturale riscoprendone le radici che sono quelle dell’umanità della cultura occidentale; se il Parlamento europeo fosse l’approdo di questa carica che è largamente diffusa e che si sta manifestando nelle forme più varie; se la campagna elettorale fosse incentrata su questo riscatto morale, allora i benefici sarebbero tanti e per tutti.

L’Europa, infatti, in forza della sua storia, può divenire portatrice di una rinascita culturale e morale oltre che poter meglio affrontare i singoli e molteplici problemi a partire dal fenomeno dell’immigrazione. Ma affinché tutto ciò possa accadere è necessario riscoprire, prima di tutto, il concetto di comunità. I legittimi interessi nazionali devono trovare, proprio nelle comuni radici, il proprio denominatore e la propria soluzione equilibrata e benefica.

Non si può più proseguire senza una visione complessiva del vivere, senza mettere insieme chi ha beneficiato delle regole e dell’integrazione europee con i Paesi che invece ne sono stati penalizzati.
In questo quadro per l’Italia sarà importante che al Parlamento europeo ci sia una propria rappresentanza di alto livello capace di proporre una visione della politica, della società e dell’economia a partire dalla persona umana e dal suo essere comunità.



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