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Venezuela, difesa, 5G. I temi dell’incontro di Conte e Di Maio con l’ambasciatore Eisenberg

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Venezuela, investimenti in difesa e, naturalmente dossier di sicurezza come quello sul 5G e, più in generale, sul rapporto con la Cina.

Non è difficile immaginare, seppur senza poter fare affidamento su note ufficiali, alcuni dei tanti (e cruciali) argomenti affrontati in un incontro che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier Luigi Di Maio hanno tenuto a Palazzo Chigi col più alto rappresentante della diplomazia americana nel nostro Paese, l’ambasciatore Lewis Eisenberg.

IL SOSTEGNO A GUAIDÒ

Per quanto riguarda il Paese sudamericano, Roma continua ad avere una linea incerta e ambigua, che si distanzia dalle posizioni assunte quasi all’unanimità da alleati e partner europei: mentre Washington e la maggioranza degli Stati dell’Ue hanno riconosciuto ufficialmente Juan Guaidó presidente ad interim, l’Italia, per il momento, non ha preso una posizione ufficiale (segnalando, tra l’altro, una diversità di vedute tra i partiti che compongono la compagine di governo, M5S – dove un pezzo importante sembra tifare per il dittatore Nicolás Maduro – e Lega).

LE SCELTE PER LA DIFESA

Altro capitolo importante dei rapporti Usa-Italia è, naturalmente, quello delle scelte della Penisola nel campo della difesa. Su questi argomenti c’è un dialogo costante, che al momento si concentra soprattutto su una serie di questioni considerate di primaria importanza dal partner americano come gli investimenti da operare, F-35 su tutti (un tema che si coniuga con quello, più ampio, delle spese che ogni nazione della Nato deve destinare alla mutua sicurezza, nonché sul proseguimento della missione in Afghanistan.
Anche in questi frangenti, Washington conta su un impegno pieno dell’Italia, che non solo rafforzerebbe i già solidi legami tra le due sponde dell’Atlantico, ma renderebbe la Penisola un attore più credibile per guidare un processo di stabilizzazione del Nordafrica e gestione del Mediterraneo, ma avrebbe come effetto anche quello di garantire a Roma maggiore autorevolezza in Europa. E si tratterebbe di un plus non da poco in un momento come questo, contraddistinto da ‘turbolenze’ nazionaliste (il trattato di Aquisgrana stipulato tra Germania e Francia, e poi allargato alla Spagna ne è una manifestazione concreta).

QUALE RAPPORTO CON LA CINA

Un altro dossier, forse il più importante in termini strategici, riguarda invece il rapporto della Penisola con Pechino. La Cina è considerata dagli Stati Uniti una potenza non democratica che persegue un progetto di egemonia globale da raggiungere anche (e soprattutto) attraverso lo strumento tecnologico. Da tempo Washington lancia allarmi sugli effetti devastanti di attività di cyber spionaggio condotte, secondo l’intelligence Usa, da hacker sponsorizzati dalla Repubblica Popolare. Un pericolo che rischia di moltiplicarsi e diventare ingestibile qualora le reti mobili superveloci di quinta generazione – il 5G – destinate ad abilitare l’immenso e rivoluzionario mondo dell’Internet delle Cose – diventassero in Occidente appannaggio di aziende come Huawei e Zte, obbligate per legge a comunicare alle autorità del colosso asiatico qualsiasi informazione richiesta. In questa partita, Washington sta cercando di sensibilizzare i suoi più stretti alleati limitare questi rischi, affidandosi a criteri di selezione in grado di garantire la massima sicurezza, a beneficio di tutti i partner. Questo invito è rivolto anche all’Italia, che invece – soprattutto nel M5S, dove Di Maio ricopre anche il ruolo di ministro dello Sviluppo economico incaricato di gestire l’implementazione del 5G – non ha ancora fatto una necessaria, è ormai ineludibile, scelta di campo. L’Occidente chiama. Roma risponderà?



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