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Cina, Russia, commercio. Ecco su cosa sta trattando Tajani negli Usa

Il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, è in visita operativa negli Stati Uniti, dove ha incontrato alcuni papaveri dell’amministrazione Trump – e oggi a New York vedrà il segretario generale della Nazioni Unite, Antonio Guterres. Tajani ha visto per primo il segretario al Commercio, Wilbur Ross, con il quale ha intavolato una discussione su argomenti pratici e sostanziali sia per Washington sia per Bruxelles.

Uno su tutti: Ross è il relatore di un report critico per il mercato europeo che poco più di una settimana fa è arrivato sulla Resolute Desk dello Studio Ovale. Si parla del rischio per la sicurezza nazionale statunitense che le importazioni di automobili made in Ue possono rappresentare. Trump ha tre mesi di tempo per decidere se applicare nuove misure di scambio regolate (aka “dazi”, ndr) del 25 per cento sull’importazione di veicoli europei. È un grosso argomento che per esempio ha messo in allarme la Germania, grande produttore del settore automotive, che già non gode di un feeling entusiasmante con l’attuale Casa Bianca.

Ci sarebbero aumenti sia delle auto prodotte negli Stati Uniti – per via dei pezzi provenienti dall’Europa – sia di quelle importate dall’Ue (i prezzi in questo caso cresceranno di quasi diecimila dollari, dipenderà dai modelli, intaccando la competitività). Per chi conosce il modo di vedere le cose del presidente statunitense, ci sono dettagli laterali sul fatto che il dossier automobili sia uno di quelli al centro delle discussioni a Washington: ieri, mentre era in corso l’incontro internazionale (oggi saltato) col satrapo nordcoreano Kim Jong-un e mentre il suo ex avvocato-faccendiere faceva rivelazioni tremendamente imbarazzanti, Trump parlava di macchine. Nello specifico si congratulava via Twitter con Fiat-Chrysler che nell’ambito di un investimento da 4,5 miliardi aumenterà la forza lavoro nell’area di Detroit di 6500 dipendenti: “Stanno tutti tornando negli Stati Uniti”, diceva Trump: qui “where the action is!”.

Su come Bruxelles intenda invece gestire il dossier commerciale con Washington, c’è quello che ha sottolineato Tajani prima di partire: “Uno scontro sul commercio tra Usa e Ue danneggia entrambe le sponde dell’Atlantico. Il vero problema oggi è la Cina, che è lungi dall’essere una economia di mercato e si pone spesso fuori dalle regole. Lasciamoci alle spalle controversie su dazi e tariffe. È tempo che Usa e Europa facciano fronte comune contro le pratiche sleali”. Bruxelles ha un pacchetto di contromisure pronto se dovessero essere colpite le automobili europee, ma a quanto pare Tajani sta cercando di spostare il focus su un altro aspetto: quello cinese.

Qui c’è un punto di contatto tra l’incontro di martedì e quello successivo con un altro elemento di spicco dell’amministrazione Trump, il Director della National Intelligence, Dan Coats. Il direttore è stato nominato dal presidente a capo di tutte le agenzie di intelligence americane, e ieri con Tajani ha parlato di due aspetti rilevanti, che gli Stati Uniti considerano centrali. Il primo è appunto la Cina, contro cui Washington ha ingaggiato un confronto globale che passa dai negoziati sul commercio – che in questo momento sono in tregua, dopo gli ultimi positivi incontri – allo scontro aperto sul mondo del 5G (più molto altro). E l’amministrazione Trump sta cercando di coinvolgere gli alleati più stretti, a cominciare dagli europei, in un fronte comune anti-Cina, con cui per esempio tenere fuori le aziende cinesi dagli accordi per le forniture del sistema mobile del futuro.

Potrebbe essere un punto di contatto, da cui trovare anche sbocchi di altro genere (per capirci: Trump è molto contento quando amici e partner si allineano sulle sue posizioni, e questo potrebbe fargli prendere una posizione diversa su altri argomenti. Per esempio, le auto). Ci sono quadri più ampi: “Con Ross abbiamo parlato per un’ora e un quarto”, ha detto Tajani, che ha ribadito: “Ci siamo trovati d’accordo anche su un punto: il nostro problema comune è la Cina”.

L’amministrazione Trump cerca un sostanziale riequilibrio di impegni e coinvolgimenti, questione che ha negli sbilanci commerciali sofferti con la Cina, ma anche con l’Unione Europea, un aspetto simbolico, però sa che certe valutazioni sono da inserirsi all’interno di questioni più complesse – e lo scontro con Pechino è una di queste, perché il campo del commercio è solo un settore (parziale) di una competizione immensa nella quale l’America non vuol perdere il primato globale.

Altri contatti, per esempio, il Venezuela: Trump ha speso capitale politico contro il regime di Maduro e a sostegno di Juan Guaido; Tajani è a capo dell’unica istituzione europea ad aver accettato come legittimo il presidente autoproclamato. Questo sostegno politico, come quello strategico anti-cinese, possono essere elementi di bilanciamento e riequilibrio con certe questioni commerciali che Trump evoca forse proprio per ottenere in cambio certi allineamenti?

L’altro punto discusso da Tajani e Coats è la Russia. L’intelligence statunitense ha messo in guardia l’Europa sulle interferenze di Mosca alle prossime elezioni europee: ormai gli americani sono vaccinati sull’argomento, avendo subito un attacco sofisticatissimo e senza precedenti durante le presidenziali del 2016. Coats ha messo in guardia Tajani: ed è stato lo stesso presidente dell’Europarlamento a raccontarlo ai reporter presenti ieri sera, prima di lasciare Washington, seguendo quello che aveva detto appena arrivato, martedì, quando aveva spiegato che la commissaria Mariya Gabriel – la bulgara che ha l’incarico dell’economia digitale per l’Ue – sta lavorando da mesi contro le interferenze informatiche. Tenere una posizione ferma con Mosca è un’altra di quelle richieste americane per cui Washington potrebbe allentare la presa su altri dossier come quello dell’automotive.


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