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Cina-Usa, l’Italia è nel mezzo di una Guerra Fredda. Parla Charles Kupchan

Charles Kupchan è una delle più autorevoli voci nel mondo delle relazioni internazionali. Senior fellow del Council on Foreign Relations, ha lavorato a lungo per il National Security Council e scritto volumi sulla politica estera americana divenuti pilastri della disciplina. Con lui abbiamo messo a fuoco la scelta italiana di aderire alla Belt and Road Initiative cinese contro ogni avvertimento degli alleati. “Non so se stiamo entrando nel secolo asiatico – ci spiega il politologo – ma di sicuro sta arrivando il decennio cinese, e non c’è niente che possiamo fare per fermarlo”.

Charles Kupchan, perché gli Stati Uniti hanno mostrato tanta preoccupazione per l’adesione italiana alla Belt and Road Initiative?

Credo che da una prospettiva americana la crescente presenza commerciale della Cina in Europa sia di grande rilevanza geopolitica, per diversi motivi. Rischia di creare una frattura nel Vecchio continente allontanandolo dal suo orientamento atlantico, e permette alla Cina di avere una leva economica verso l’Ue, abbiamo già visto i cinesi usare queste leve a scopi politici. L’arrivo dei cinesi in Europa sta aumentando le divisioni, per ogni Paese ben disposto a creare rapporti bilaterali con Pechino come Italia e Grecia ce ne sono altrettanti che rimangono scettici e si compattano intorno alla posizione europea.

Ancora una volta la politica estera si dimostra il tallone d’Achille dell’Ue…

Mi sembra chiaro che l’Europa sia sprovvista di una strategia per gestire l’avanzata cinese, mentre non si può dire il contrario. I cinesi hanno sempre mantenuto un approccio strategico, hanno costituito il formato 16+1 nell’Est Europa, e sanno che è molto più facile fare i conti con un Paese alla volta piuttosto che confrontarsi con l’Ue nella sua interezza.

Davvero gli investimenti cinesi possono rompere la solidarietà europea?

Possono rompere la solidarietà transatlantica. Abbiamo avuto un sentore di questa frattura già con l’amministrazione Obama quattro anni fa, quando i Paesi europei si sono divisi sulla firma del trattato per il nucleare iraniano (Jcpoa). Oggi sta succedendo lo stesso con la Belt and Road Initiative. Gli Stati Uniti hanno chiesto ai loro alleati di pensarci su, ma l’Italia ha voluto fare il passo più lungo della gamba firmando un memorandum che avrà serie conseguenze. Una volta che consegni ai cinesi l’accesso nel porto di Trieste stai consegnando loro un accesso al cuore dell’Europa.

Dovremmo aspettarci una vendetta dell’amministrazione Trump contro l’Italia? La visita negli Usa del vicepremier Luigi Di Maio non ha incontrato particolari ostacoli…

L’amministrazione Trump è bifronte. Ha tutto l’interesse a mantenere ottime relazioni con l’Italia per un’affinità ideologica con l’attuale governo, entrambi condividono un’agenda basata sull’ostilità all’establishment e all’immigrazione. Trump non è una figura molto popolare in Europa e per questo tiene molto ai rapporti con Paesi a lui affini come Italia e Polonia. Non lo preoccupano le divisioni che l’adesione italiana alla Belt and Road può creare in Europa, anzi l’idea non gli dispiace affatto, ha dato il suo endorsement alla Brexit dal giorno uno e ripete di continuo il mantra sovranista del riscatto delle nazioni contro Bruxelles. Il vero problema è che a Washington c’è una forte preoccupazione bipartisan sull’espansionismo cinese e la Casa Bianca deve essere sicura di avere dalla sua parte gli alleati.

C’è da dire che Francia e Germania hanno firmato con la delegazione cinese accordi multimiliardari, ben più rilevanti di quelli firmati a Roma.

Non contano tanto gli accordi quanto la strategia che c’è dietro. Ritengo inevitabile che nel prossimo futuro la Cina solidifichi la sua presenza commerciale e finanziaria in Europa. I cinesi stanno arrivando e non c’è nulla che possa fermarli. La chiave consiste nella gestione di questo processo attraverso un disegno europeo e non con singole iniziative.

Ci può fare un esempio?

Lo stiamo vedendo con il caso Huawei. È davvero solo una buona azienda di telecomunicazioni con prodotti economici o è un veicolo per l’intelligence cinese? Vale la pena sedersi intorno a un tavolo e discuterne con gli alleati atlantici. Finora l’Ue non ci è riuscita perché è stata troppo occupata con la Brexit.

Le aziende cinesi hanno già costruito le infrastrutture 4G in giro per il mondo. Perché il 5G fa così paura?

A prescindere dai profili tecnici, la vera differenza fra 4G e 5G risiede nel tempismo della loro implementazione. Oggi viviamo in un mondo in cui le interferenze degli Stati negli affari domestici dei loro avversari sono all’ordine del giorno. Abbiamo visto la Russia tentare in tutti i modi di manipolare i sistemi elettorali occidentali un voto dopo l’altro, la Cina aumentare la sua attività di spionaggio industriale, l’Iran giocare allo stesso gioco. L’implementazione della rete 5G, una tecnologia con un livello di pervasività senza precedenti, non può prescindere da queste minacce.

Si può parlare di una nuova Guerra Fredda fra Washington e Pechino?

Forse non siamo ancora arrivati a una nuova Guerra Fredda ma qualcosa di simile si sta avvicinando. I rapporti fra Stati Uniti e Cina non sono ancora pienamente competitivi tanto sul fronte economico quanto su quello geopolitico, Washington gode di un considerevole vantaggio sull’avversario. Man mano questa competizione si inasprirà e si farà sempre più politica. La vecchia Guerra Fredda consisteva nello scontro di due teorie economiche opposte e inconciliabili. Oggi questo non è più vero, Stati Uniti e Cina sono entrambi ben integrati nell’economia globale. Faranno di tutto per salvaguardare la loro interdipendenza economica e al tempo stesso schiacceranno sull’acceleratore per aumentare la corsa verso l’egemonia politica.

Quindi ha ragione Parag Khanna, siamo entrati nel “secolo asiatico”?

Non so se sarà il secolo asiatico ma è probabile che stia per iniziare un decennio cinese. In quella parte del mondo germoglierà la parte più dinamica dell’economia globale. La Cina oggi è competitiva verso gli Stati Uniti a un livello cui l’Unione Sovietica non si è mai avvicinata. Questo mi spinge a fare una predizione per il prossimo futuro.

Quale?

Oggi i russi si ritrovano ad essere quasi alleati con i cinesi. Una mattina non lontana si sveglieranno e realizzeranno che i cinesi costituiscono per la Russia una minaccia molto più grave dell’Occidente. Mentre i russi si preoccupavano delle mire americane in Ucraina i cinesi si sono presi l’Asia Centrale sotto i loro occhi. Ho l’impressione che presto o tardi la Russia si troverà costretta a fare un passo verso l’Europa per fronteggiare il suo vero avversario.



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