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Con la nuova direttiva sul copyright, si rischia di tornare alla televisione di ieri. Il parere di Guido Scorza

Dopo tre anni di discussioni e modifiche è stata approvata dal Consiglio Ue la direttiva sul copyright, un testo che punta a riordinare il settore del diritto d’autore adattandolo all’avvento del digitale. Il provvedimento dovrà ora essere recepito dagli Stati membri entro due anni ma in molti, tra cui Italia, Svezia, Finlandia, Polonia, Lussemburgo e Olanda, si sono opposti, lasciando – secondo Guido Scorza, avvocato e docente esperto di privacy e diritto delle nuove tecnologie – spazio a una possibile nuova frammentazione del contesto europeo.

Avvocato Scorza, perché l’Italia ha votato contro questo provvedimento?

La posizione dell’Italia, espressa in più occasioni sia dal vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio sia dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria Vito Crimi, è giustificata dalla preoccupazione di un netto sbilanciamento della direttiva a svantaggio della libertà di informazione. L’attuale assetto del testo presenta appunto il rischio che i famosi articoli 15 e 17, ovvero rispettivamente quello relativo al diritto d’autore sugli snippet (che prevede l’obbligo per le piattaforme online che pubblicano frammenti di articoli a munirsi di una licenza per l’utilizzo degli stessi), e quello che invece riguarda la licenza obbligatoria per qualsiasi ulteriore contenuto online, finiscano inesorabilmente per spingere i colossi del Web a concludere accordi di licenza con quei pochi titolari raggiungibili sul mercato globale, escludendo tutti gli altri operatori medi.

Quali sono gli aspetti salienti del provvedimento?

Questa direttiva potrebbe contribuire ad erodere il significato più intrinseco di internet come grande piazza pubblica. Il rischio è che ci potremmo ritrovare di fronte – a valle dell’attuazione – ad un sistema di informazione molto simile alla televisione di “ieri”, con un controllo forse eccessivamente capillare. La direttiva appare sbilanciata nella protezione di due diritti fondamentali, ovvero la libertà d’informazione e il diritto d’autore, i quali invece dovrebbero essere tutelati con maggiore equilibrio.

Quali conseguenze produrrà la direttiva?

Ad oggi è difficile dire esattamente quali saranno le conseguenze della direttiva, in particolare degli articoli che hanno causato più disaccordo tra gli Stati membri. Ci vorranno un paio di anni perché questa direttiva sia applicata e funzioni all’interno di quest’ultimi, e dal momento in cui è stata ideata – ovvero tre anni fa – il web è cambiato significativamente. Quel che è certo, è che cambierà l’universo del diritto d’autore; in particolare della libera circolazione delle informazioni coperte dallo stesso. Nella direttiva ci sono diverse disposizioni rilevanti, ad esempio il libero utilizzo dei dati protetti da diritto d’autore per utilizzi di ricerca tramite Intelligenza artificiale nella dimensione dei Big Data.

Che cosa è cambiato rispetto all’impostazione iniziale della direttiva in questi anni?

Rispetto ai principi guida non molto. Fin dall’inizio il documento è nato con due obiettivi essenziali, ovvero l’aggiornamento della disciplina precedente sul diritto d’autore dell’Unione – eccessivamente datata – e il bilanciamento dell’equilibrio tra il valore generato dal materiale protetto da diritto d’autore, e dalle attività degli intermediari. La direttiva ha iniziato il suo percorso in sede parlamentare e lo termina oggi uscendo dal Consiglio con i medesimi propositi. Sicuramente lungo il percorso qualcosa di ‘buono’ è successo, a partire dai casi di soggetti come Wikipedia, esclusi dall’ambito di applicazione più stringente in relazione all’obbligo di licenza, ma anche di alcuni tipi di imprese del Web.

I timori dei critici del provvedimento sono giustificati?

I timori sono giustificati nel senso che si sta regolando una situazione in continua evoluzione. In primo luogo ci sono voluti tre anni per arrivare a questo testo, ma una direttiva concepita così tanto tempo fa e che – tra altro – entrerà in vigore tra due anni, sta provando a regolamentare un fenomeno che in cinque anni avrà subito significativi cambiamenti. Oltre a questo la direttiva, essendo soggetta all’attuazione degli Stati membri, verrà recepita a livelli disomogenei tra chi ha votato a favore e chi contro. Questi ultimi, tra cui l’Italia, hanno dato l’inequivocabile indicazione politica di non condividere fino in fondo la linea dettata dalle istituzioni europee (e quindi da quei Paesi che l’hanno promossa). In sostanza un provvedimento nato per riformare in armonia rischia invece di costituire un elemento di frammentazione. L’altro dato, quello più preoccupante, è che la direttiva sceglie di sbilanciarsi a favore dei titolari del diritto d’autore a discapito della libera circolazione dell’informazione, andando a cambiare – forse negativamente – il rapporto tra utilizzatori e web.



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