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Otto anni senza bin Laden. Al Qaeda è viva, anche se ha perso la leadership del jihadismo

bin laden

Otto anni fa la città pakistana di Abbottabad ebbe il suo quarto d’ora di celebrità, e anche qualcosa di più. Era lì, a 50 chilometri da Islamabad, che Osama bin Laden si nascondeva e lì, individuato dalla Cia, fu ucciso nella notte tra il 1° e il 2 maggio 2011 nel blitz dei Navy Seals e di tutto l’apparato delle forze speciali americane coordinato dall’ammiraglio William McRaven, comandante del Jsoc, il comando congiunto per le operazioni speciali. Sembrò la svolta decisiva nella lotta al terrorismo jihadista dieci anni dopo l’11 settembre, l’indebolimento definitivo di al Qaeda. Invece fu un’illusione: non solo l’estremismo jihadista è vivo e vegeto grazie all’Isis, ma anche al Qaeda continua a rappresentare un grande pericolo per la stabilità internazionale grazie all’affiliazione di gruppi in diverse parti del mondo.

Nella rivalità per la supremazia nel jihad globale, al Qaeda è stata parzialmente oscurata dalla quantità di attentati devastanti compiuti soprattutto in Europa da “soldati” dell’Isis o da singoli radicalizzati sul web negli ultimi quattro anni, dall’attacco alla redazione di Charlie Hebdo in poi. Mentre l’attenzione dell’Occidente era inevitabilmente attratta da quegli eventi, l’organizzazione di bin Laden proseguiva la propria attività con la guida di Ayman al Zawahiri al quale si è aggiunto uno dei figli di Osama, Hamza bin Laden, sul quale pochi mesi fa gli Stati Uniti hanno posto una taglia da 1 milione di dollari. Hamza l’estate scorsa sposò la figlia di Mohammed Atta, uno degli attentatori delle Torri gemelle. Dopo l’uccisione due anni fa con un drone di Abu al Khayr al Masri, braccio destro di al Zawahiri, sono quest’ultimo e Hamza bin Laden i riferimenti dei tanti gruppi affiliati in numerose parti del mondo, dall’Africa all’Asia: anche se il redivivo Abu Bakr al Baghdadi con il suo ultimo video ha attirato ancora di più l’attenzione su di sé, l’organizzazione qaedista è oggi “un’al Qaeda 2.0 che, oltre alla componente tradizionale, usa la nuova parte comunicativa e tecnologica tipica dell’Isis. A differenza del Califfato che voleva creare uno Stato, al Qaeda sta seguendo il programma di Osama bin Laden del 2004 che prevedeva la proliferazione dei fronti” ha spiegato il presidente di Europa Atlantica, Andrea Manciulli, in una recente intervista a Formiche.net.

L’obiettivo qaedista è analizzato nel lungo report del Soufan Center di New York dedicato ad al Qaeda nel Subcontinente indiano (Aqis) dove non solo si conferma che è sbagliato parlare di questa organizzazione come se fosse attiva solo in determinate aree di guerra tipo lo Yemen o la Libia, ma si spiega l’infiltrazione proprio in quelle aree apparentemente calme come l’India per cercare agganci locali finalizzati a obiettivi globali. Il principale obiettivo resta la riconquista della leadership del jihadismo, “scippata” dall’Isis fin dall’annuncio della nascita del Califfato fatto da al Baghdadi nel 2014. Afghanistan e Pakistan sono a un passo dall’India e il ruolo di al Qaeda nella tormentata vicenda afghana è sempre rilevantissimo.

Che Osama bin Laden abbia “efficienti” eredi è dimostrato anche dall’intricata situazione in Africa che rischia di ingarbugliarsi ancora di più se continuerà la guerra in Libia. L’Isis è penetrato in Libia tra il 2015 e il 2016 perché, ricorda un report del Cesi, ha saputo attrarre organizzazioni salafite locali e alcuni ex ufficiali fedeli a Muammar Gheddafi. Al Qaeda, invece, è apparsa più flessibile, diplomatica, riconoscendo a gruppi jihadisti presenti sulla costa le loro specificità e i loro obiettivi, dunque senza imporre una rigida adesione a un’organizzazione bensì intensificando contatti con Ansar al Sharia Libia. Analoghi problemi sono presenti anche negli altri Paesi del Maghreb, con la possibile espansione di al Qaeda nel quadrante nordafricano approfittando delle difficoltà dell’Isis dopo la sconfitta militare in Siria e in Iraq. Nell’ottobre 2017, per esempio, in un messaggio video al Zawahiri disse chiaramente che tutte le battaglie erano parte di una guerra più larga.

L’ultimo esempio della pericolosità di al Qaeda è stato segnalato il 1° maggio da Site, la testata online che monitora l’attività jihadista: un ideologo qaedista ha incitato i combattenti in Siria ad attaccare soldati russi e i lupi solitari presenti in Russia a uccidere civili, hackerare computer e bruciare foreste. Un programma niente male per onorare l’ottavo anniversario della morte del leader.

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