Aria di nomine in ambito intelligence. Accompagnate, come spesso accade, da polemiche e attriti politici.
Eppure, dice a Formiche.net il docente e saggista Mario Caligiuri, direttore del master in Intelligence dell’Università della Calabria, “è più che normale che le indicazioni sui servizi segreti vengano fatte dal governo che è in carica al momento delle nomine. Semmai”, aggiunge, “sarebbe grave se il governo non se ne interessasse”.
Professor Caligiuri, si discute di nuove nomine in ambito intelligence.
Si tratta di un passaggio importante, poiché la qualità di ogni organizzazione risente sempre da chi la dirige. E questo vale sopratutto per ambiti come l’intelligence, che rappresentano la continuità dello Stato e delle Istituzioni a prescindere dalle maggioranze politiche che si alternano. L’intelligence è uno strumento cruciale e sensibilissimo, che salvaguarda l’interesse nazionale e la stabilità della democrazia.
Ma, come al solito, sulle nomine si polemizza. Che opinione si è fatto?
È più che normale che le indicazioni vengano fatte dal governo che è in carica al momento delle nomine. Non debbo essere io a ricordare che il vertice dei Servizi è rappresentato dal presidente del Consiglio e che il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica è paritetico ed è guidato da un rappresentante dell’opposizione. Per cui sia la rappresentanza democratica sia la necessaria vigilanza trovano una concreta applicazione. Semmai il Governo non può non interessarsi dei Servizi. Sarebbe gravissimo il contrario. Tutti i governi, se ne sono, bene o male, sempre occupati.
Come valuta l’operato dell’intelligence dopo la riforma?
In modo certamente positivo. Negli ultimi anni nessun operatore dell’intelligence è stato condannato per significative indagini giudiziarie e finora nessun attentato terroristico ha insanguinato il nostro Paese, credo anche per l’attività preventiva dei Servizi insieme alle altre istituzioni dello Stato. Non a caso, in base ai sondaggi, la credibilità dell’intelligence del nostro Paese è cresciuta negli ultimi anni, da un lato per l’apertura dei Servizi verso la società orientata alla promozione della cultura della sicurezza e dall’altro, anche per il ruolo che Università, fondazioni, think tank e giornali hanno svolto spiegando la vera natura dell’intelligence.
Di che natura si tratta?
L’intelligence è una categoria culturale, si colloca ai bordi del caos per intercettare i cambiamenti rapidissimi che si profilano, rappresentando oggi più di ieri uno strumento indispensabile per garantire il benessere e la sicurezza di tutti i cittadini. L’intelligence è uno strumento per tutti. Infatti secondo me la migliore definizione di intelligence l’ha data Bill Gates parlando d’altro: “Ho una certezza semplice ma incrollabile: il successo di una persona o di un’organizzazione dipende da come si raccolgono, analizzano e utilizzano le informazioni”.
Quali potrebbero essere dei cambiamenti significativi per la nostra intelligence?
Probabilmente una maggiore apertura nella selezione degli operatori del settore dell’intelligence non potrebbe che fare bene.
Il circuito attuale, prevalentemente incentrato sulle forze di polizia e le forze armate, verrebbe certamente avvantaggiato da un più ampio inserimento che potrebbe provenire da altri settori della pubblica amministrazione, del mondo accademico e della ricerca oltre che dai settori economici privati. Secondo me questo è un passo necessario per fronteggiare le nuove sfide che anche la nostra intelligence dovrà affrontare. Di questo occorrerebbe parlare, non delle nomine.
E quali sarebbero le nuove sfide?
Come ho avuto modo di sostenere proprio lunedì scorso al convegno dell’Università di Chieti “L’intelligence del futuro”, secondo me le priorità potrebbero essere rappresentate dall’intelligenza artificiale sul piano globale e dal disagio sociale a livello nazionale. Infatti, l’intelligenza artificiale rappresenta un settore strategico nell’attività dell’intelligence, in quanto il suo controllo potrebbe determinare i nuovi assetti dell’ordine mondiale. Inoltre, occorre considerare che in Occidente l’intelligenza artificiale è sviluppata principalmente dai privati, determinando una situazione che potrebbe essere fuori controllo. Per quanto attiene invece l’ambito nazionale il disagio sociale potrebbe essere crescente nel prossimo futuro, rappresentando non solo un problema di ordine pubblico ma proprio di sicurezza nazionale. Gli indicatori sono numerosi e sono stati evidenziati anche nell’ultima Relazione al Parlamento del Sistema delle Informazioni per la Sicurezza della Repubblica: dagli episodi all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e alle agenzie di lavoro interinale di Lecce e Rovereto, dalle contestazioni No Tap all’attività degli insurrezionalisti. A queste di aggiungano le tensioni dei primi mesi di quest’anno che, tra gli altri, hanno coinvolto gli anarchici e i centri sociali a Torino, i pastori sardi, gli attivisti di Anonymous che hanno lanciato attacchi informatici, insieme a segnali che quotidianamente aumentano e si manifestano in tutta la Penisola. Tutti segnali ai quali occorre prestare grandissima attenzione, perché potrebbero rapidamente aumentare qualora le politiche pubbliche nazionali ed europee non riuscissero da qui a breve ad attenuare questo disagio sociale.