La disputa tecnologica tra Washington e Pechino continua a tenere banco, spostandosi questa volta sul tavolo di un summit internazionale come il G20. A Osaka, in Giappone, dove oggi è iniziato il vertice, ci sono già state le prime scintille tra i due Paesi, con al centro il tema dello sviluppo delle reti 5G e il ruolo di player del Dragone come Huawei e Zte.
IL BOTTA E RISPOSTA
In attesa del possibile bilaterale che, in caso di esito positivo, potrebbe riportare i cinesi al tavolo dei negoziati, interrotti a maggio, sull’ampio dossier dazi, una stoccata è giunta già nella prima sessione sulla governance dei prodotti digitali dal presidente cinese Xi Jinping. Le nazioni, ha detto riferendosi ai recenti provvedimenti dell’amministrazione Usa contro i colossi tecnologici della Repubblica Popolare e alla campagna di sensibilizzazione di Washington nei confronti dei suoi alleati circa i presunti rischi di spionaggio associati all’implementazione di apparecchiature cinesi nelle nuove reti mobili ultraveloci – non possono svilupparsi “a porte chiuse. Una governance dei dati efficace”, ha aggiunto il capo di Stato del gigante asiatico, “non dovrebbe solo facilitare l’applicazione dell’analisi di raccolta e il flusso di dati, ma anche rispettare il diritto all’autogestione per tutti i Paesi”.
LA LINEA DI TRUMP
Parole che evidenziano, ancora una volta, il punto di vista cinese sul dossier, in netto contrasto con quello americano, ribadito nel suo discorso iniziale dal capo di Stato Usa, Donald Trump. Il capo di Stato americano ha, infatti, sottolineato l’importanza di “assicurare la robustezza e la sicurezza delle nostre reti 5G” come “condizione essenziale per la nostra sicurezza e prosperità condivise”, in quello che ai più è parso un velato ma chiaro riferimento al gigante delle telecomunicazioni cinese Huawei, nel mirino di Washington.
LA QUESTIONE 5G
Le implicazioni di sicurezza legate al 5G e al ruolo di Pechino nello sviluppo delle nuove reti mobili ultraveloci sono in cima ai pensieri di Washington, che ne sta ancora discutendo con l’Italia e con tutti i partner europei e Nato, cercando di sensibilizzarli (mentre oltreoceano la Casa Bianca ha già assunto provvedimenti specifici, inserendo Huawei in una ‘black list’ del Dipartimento del Commercio che di fatto impedisce alle compagnie americane di fornirle componenti, software o altro). Secondo produttore di smartphone al mondo dietro alla sudcoreana Samsung, e davanti all’americana Apple, Huawei è da tempo una osservata speciale da parte dell’amministrazione Usa, che teme l’espansionismo cinese condotto attraverso le nuove tecnologie, in particolare le nuove reti mobili ultraveloci di nuova generazione, oggetto di una vasta campagna diplomatica da parte del Dipartimento di Stato.
In particolare, gli Usa hanno a più riprese avvisato i Paesi partner e alleati che affidarsi a tecnologia cinese – in particolar modo nello sviluppo del 5G – potrebbe influire sulla capacità americana di condividere informazioni di intelligence con gli alleati. La Casa Bianca teme infatti che i giganti tech del Paese asiatico possano diventare strumenti di spionaggio della Repubblica Popolare, anche per effetto di una legge sull’intelligence che obbliga le aziende cinesi a collaborare con la madrepatria. Inoltre, la rete 5G comporterà notevoli cambiamenti, connetterà una vasta moltitudine di dispositivi Iot – dalla mobilità alla telemedicina – e per velocità supererà in prospettiva di 100 volte quella attuale delle reti 4G. Per gli Usa sarebbe quindi un rischio dare alla Cina l’ipotetica possibilità di poter “spegnere” infrastrutture strategiche o l’erogazione di servizi essenziali. Ed è su questo terreno, nel quale si intersecano dispute commerciali e nuove necessità di sicurezza, che si gioca il duello globale, sempre più acceso e strategico, tra Washington e Pechino.