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Phisikk du role – La difficoltà di Salvini? Il deficit di politica

Vedremo come andrà a finire il Russiagate che sta entusiasmando cronachisti ed elzeviristi di mezz’Italia, come si fa col giallo dell’estate. Di certo gli scricchiolii che accompagnano come una colonna sonora ogni minimo passetto quotidiano nel palazzo della famiglia Chigi in piazza Colonna a Roma da un anno e più a questa parte, sembrano diventare un concerto dodecafonico dall’incedere drammatico, di quelli che sarebbero piaciuti ad Arnold Schönberg, ogni giorno di più.

Conte distingue e rivendica, Di Maio distingue e bacchetta, persino plaghe di silenzio in casa leghista sembrano raccontare quanto meno un certo larvato imbarazzo. Tutti a prendere le distanze dal “Capitano”, che, peraltro, sembra seguire una sceneggiatura scritta da un romanziere uso a sostanze stupefacenti: vado in Parlamento a rispondere, non ci vado, Savoini galantuomo, eccetera.

Come sta Salvini? La sensazione è che l’overdose quotidiana di tweet, Facebook, instagrammerie, selfie e ciao ciao al popolo social, sapientemente somministrata dallo stuolo di professionisti che ne hanno costruito l’ascesa comunicazionale, alla fine stia creando una paratia stagna con la realtà.

Parliamo di politica. Salvini è stato il trionfatore delle elezioni europee, non c’è che dire, superando il 34%. Ieri si sono completati i vertici del Parlamento Europeo, dopo gli accordi sulle posizioni apicali della governance complessiva in Europa. Salvini, che già era fuori da ogni posizione apicale negli assetti di governo, non è riuscito a strappare nemmeno un vicepresidente di commissione parlamentare: fuori da tutto, come un reprobo, come un virus letale.

Sul piano politico cento volte più azzeccata la mossa dei Cinque Stelle che, con i loro 14 eletti a Bruxelles, possono dire di aver concorso all’elezione della Von der Leyen alla presidenza del Parlamento, aprendo così un credito per l’ingresso nell’area della “significanza” in un’Assemblea che avrà la durata di cinque anni. Di più: quel 34% andato alla Lega il 26 maggio – ma che era stato sondato nelle ultime settimane con tre punti in aumento – era pronto ed esigibile cash in caso di elezioni politiche veloci (settembre?), ma non lo è più nella durata.

I cicli della politica si sono fatti brevissimi, quasi istantanei, e qualche volta non basta il rumore di fondo messo in moto dall’esercito dei comunicatori digitali per tenere caldo il consenso. A chi volesse qualche prova basterebbe dare un’occhiata alle performance degli alleati di governo, che trovano proprio nella comunicazione digitale la loro ragione. La difficoltà di Salvini, allora qual è? È proprio il deficit di politica, l’investimento totale sulla comunicazione senza capacità di elaborare una strategia. È come con gli spot pubblicitari: dopo un certo tempo se il prodotto non ha una sua qualità intrinseca, la gente cambia il brand. O sceglie lo spot più attrattivo.


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