Russiagate all’italiana? Una montatura che politicamente non cambierà nulla. Il sì alla Tav? Era ora arrivasse, e potrebbe addirittura ricompattare i 5 Stelle. Le autonomie? Sarebbero un modo per far capire la necessità di una riforma più ampia del sistema Italia.
Il professor Paolo Becchi è un fiume in piena, quasi non si ferma neanche per respirare quando inizia un ragionamento, soprattutto se gli sta a cuore. Secondo il professore, la decisione di Conte sulla Tav era necessaria, e anche il Movimento 5 Stelle potrebbe trarne beneficio. “I 5 Stelle possono ricompattarsi in Parlamento, mantenendo la oro contrarietà a un progetto a cui storicamente si sono opposti. Per loro è una via d’uscita davanti all’elettorato”.
Professore, la decisione di Conte sulla Tav cambierà gli equilibri tra le forze di governo?
La situazione è molto confusa, non si sa bene che piega prenderà. Credo però che sia una mossa che non danneggia il Movimento 5 Stelle, ma si potrebbe prendere due piccioni con una fava.
In che senso?
Questo era uno dei punti controversi del contratto di governo, per cui una parte del governo spingeva in un modo e una in un altro, uno sì e l’altro no. Si è aperta una mediazione in questi mesi che ha portato un risultato insoddisfacente. Allora il problema è che il ministro Toninelli non è stato in grado di ricoprire il suo ruolo, e su questo c’è un consenso generalizzato nell’opinione pubblica e penso anche nel Movimento 5 Stelle. Allora i nodi sono venuti al pettine e Conte ha preso in mano la situazione dicendo che le penali da pagare per annullare il progetto sarebbero più alte rispetto alla sua realizzazione, a prescindere dal fatto che sia o meno un progetto già superato. A questo punto non si può più dire di no, ha detto Conte.
Non è una sconfitta per M5S?
No, perché lo stesso Conte ha detto che ci dovrà essere un voto in Parlamento. Se il governo non metterà la questione di fiducia, tutti i favorevoli al progetto – Pd, Forza Italia, Fratelli d’Italia – voteranno sì e il progetto andrà in porto. M5S rimarrà isolato e voterà no, e potrà così salvare la faccia e anzi addirittura si potranno riunificare davanti a una istanza simbolo di questa forza.
In tanti, però, all’interno del Movimento hanno detto che il voto sarà uno specchietto per le allodole…
Ma l’importante per il Movimento 5 Stelle è poter dire: “Noi la nostra battaglia l’abbiamo fatta, siamo purtroppo in minoranza perché l’ultima parola spetta al Parlamento”. L’unica cosa che M5S potrebbe ulteriormente proporre, nella sua stessa logica, sarebbe proporre un referendum nella zona. Ma in ogni caso in Parlamento hanno fatto la loro battaglia, e l’hanno persa. Vincitore ne uscirebbe Salvini, ma M5S non ne uscirebbe completamente sconfitto almeno da un punto di vista formale.
A quel punto però il governo sarebbe spaccato in Parlamento…
Sicuramente ci sarà chi dirà che non esiste più la maggioranza, ma su un singolo provvedimento è già successo che le forze di governo votassero diversamente. Il governo però non deve cadere, anche perché non ci sarà il voto di fiducia. Tutt’al più potrebbe essere una occasione per un rimpasto di governo e finalmente costringere alle dimissioni Toninelli, perché a risultare sconfitto in tutta questa operazione non è il governo, ma proprio lui, che si è dimostrato incapace di gestire un dossier fondamentale da più di un anno.
Serve un rimpasto, quindi?
Se questo governo vuole andare avanti ci deve essere un cambiamento, alcune figure devono saltare. Questa potrebbe essere l’occasione per farlo.
Anche la partita delle autonomie è una prova per il governo…
Sulle autonomie se si mettono attorno a un tavolo una soluzione la trovano. Credo che Conte abbia sbagliato a mandare la lettera al Corriere rivolto ai cittadini, bypassando i due presidenti di regione, che non hanno fatto altro che dare spazio al voto popolare. Chi continua a sostenere che l’autonomia significhi secessione non ha capito un tubo.
Potrebbe aprire a disuguaglianze su molti ambiti, secondo i critici…
Tutte le regioni, in realtà, potrebbero fare quello che hanno fatto la Lombardia e il Veneto. Potrebbe essere il segnale per una nuova riforma in senso federale di cui lo Stato avrebbe bisogno. Altro che numero dei parlamentari.
Eppure il governo sembra camminare sul filo del rasoio. Perché?
Ma perché Salvini e Di Maio hanno smesso di parlarsi. Dovrebbero riprendere a fare quello che hanno fatto negli scorsi mesi, ossia essere presenti, parlare tra loro per decidere cosa portare avanti. Questo governo si basa sull’accordo tra i due vicepremier, ma se non si parlano il processo si blocca.
Allora elezioni anticipate?
Ma non conviene a nessuno andare al voto, sarebbe il caos per tutti. Inoltre Salvini ha ottenuto tutto quello che voleva: ora la Tav, otterrà poi le autonomie e la flat tax, basta che lo chieda. Se si dovesse tornare alle urne Salvini non otterrà la maggioranza. Pensa possibile una nuova alleanza con Forza Italia o Fratelli d’Italia? Il ritorno del centrodestra? Per Salvini è meglio rimanere al governo con questi ragazzi che hanno dimostrato di non essere all’altezza però qualcosa di diverso in testa ce l’hanno.
Salvini deve anche fare i conti con il Russiagate in salsa italiana. Cosa ne pensa?
Non ha nessuna influenza, è una invenzione dei giornali che lo stanno mettendo un po’ in difficoltà. Oggi dovrebbe parlare Conte, ma da un punto di vista politico non ha nessuna influenza. Anche il Movimento 5 Stelle si è mantenuto cauto, perché non c’è niente da dichiarare. Salvini conosce Savoini? Non c’è niente di male, anche io l’ho sentito per telefono, cosa vuol dire che sono un criminale o ho fatto traffici loschi con la Russia? È assurdo. Il problema non sono i rubli russi, il problema sono le montagne russe in cui ci troviamo da un mese: “Crollerà il governo o no?”.
Come vede, invece, la proposta di Di Maio sul Mandato Zero?
Si poteva presentare in un altro modo. Si poteva puntare sulla necessità di personale che si specializza e si qualifica, invece comunicativamente è stato un boomerang. È chiaro che, in ogni caso, mette in discussione uno dei cardini del Movimento, il doppio mandato. Ma un capo politico può anche scegliere di farlo.
A Grillo non è piaciuto molto, però…
Il garante per fargli capire che non è d’accordo lo mena con una battuta, ma ci sono due alternative evidenti: o Grillo ricomincia a fare attività politica e si impegna e può dire quello che vuole, oppure stia zitto, perché sta solo danneggiando Di Maio che sta cercando di uscire da una situazione complicata. In questo modo chi contrasta Di Maio dall’interno si sente rafforzato. Ma avendo un passato da grillino quello che contesto a Di Maio è un’altra cosa.
Ci dica.
Quello che contesto da grillino della prima ora è il modo di procedere. Una riorganizzazione del genere, dei cambiamenti così profondi, non possono essere calati dall’alto, come sempre è stato. Non si può calare dall’alto una determinata struttura dirigistica che la rete non può fare a meno di ratificare. È questo il modo di discutere le cose? Una discussione doveva nascere dagli iscritti, sollecitata. La rete per Gianroberto Casaleggio era l’intelligenza collettiva, invece ora la rete deve limitarsi a mettere la firma su decisioni prese dall’alto, come un partito qualunque.