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E se fossero Salvini e Di Maio a far fuori Conte? La versione di Sisci

Nel variegato panorama di retroscena sulle condizioni del governo italiano si inserisce la versione di Lao Xi, alias Francesco Sisci, pubblicata dal Sussidiario. Sisci ha vissuto a lungo in Cina e firma col suo nome cinese. Una versione – quella pubblicata dal Sussidiario –  che possiamo definire in controtendenza, e che ridimensiona non poco il ruolo e il peso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Lo descrive come solo e isolato in Parlamento, riferendosi alla seduta dell’altro giorno sul caso Metropole. Ma, soprattutto, sottolinea la sua assenza all’incontro tra i vicepremier Di Maio e Salvini. Un’assenza da cui emergerebbe chiaramente che “Conte non conta. Perché l’emiciclo deserto della sua maggioranza significa che nessuno dei suoi nei fatti lo appoggia. E perché non era all’incontro che contava, quello tra i due vicepremier che discutevano del futuro del governo, e quindi anche di lui, Conte”.

GOVERNO IN COMA PROFONDO

Sisci scrive che “se fosse stato un uomo di parola, Conte si sarebbe già dimesso, come aveva proclamato sulle pagine di Repubblica un mesetto fa. Ma le sue erano evidentemente asserzioni gradasse, un tentativo di ricatto politico, forse. L’effetto però è che oggi, qualunque cosa dica, non varrà”.

Per l’ex direttore dell’Istituto italiano di cultura di Pechino, “in termini medici il governo è in coma profondo, e la sua vita è attaccata alle macchine. Questa situazione di coma può andare avanti per anni, e talvolta è anche giusto sperare e aspettare una guarigione. Ma altre volte l’attesa è solo accanimento terapeutico, crudeltà verso il malato stesso, l’Italia in questo caso, che avrebbe bisogno di alzarsi e cominciare a camminare”.

Anche Sisci giunge al dilemma su chi debba staccare la spina. E prova a capire le ragioni della rottura tra Conte e i due vicepremier. “Conte non piacerebbe a Salvini perché troppo pentastellato. Di Maio invece si sarebbe stufato del premier perché questi vorrebbe fare il capo del M5S. Le ragioni – conclude – potrebbero essere la Tav, il Russiagate o chissà cosa”. 


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