Con questo caldo, chi non sogna di lasciare la città almeno per un po’, per scappare in campagna? Già ci sentiamo più freschi appena ci allontaniamo dal cemento arroventato, dall’asfalto sul punto di liquefazione, dai radiatori dei condizionatori dei vicini che sparano fuori aria calda peggio delle turbine di un jumbo jet.
In effetti, che la città sia più calda rispetto alla campagna era cosa nota già nel 1818, quando nel suo saggio “Il clima di Londra”, Luke Howard – pioniere della climatologia – aveva dimostrato, grazie ad anni di minuziose osservazioni metereologiche quotidiane, che la City era in media più calda di 2,1 °C rispetto alla campagna circostante.
Howard aveva anche capito che era tutta colpa delle attività umane: lo smog sviluppato dal fumo delle ciminiere e la presenza degli edifici stessi.
Nessuno aveva ancora inventato né l’asfalto stradale né i condizionatori. A causa di questi – oltre che per l’aumento della popolazione – ora la temperatura di Londra arriva a essere fino a 6°C più calda di quella delle sempre più lontane campagne circostanti ed è diventata il punto più caldo dell’intera Gran Bretagna. L’Ufficio meteorologico inglese prevede addirittura che entro il 2100 la temperatura della City sarà in media 10°C più alta di quella resto del Paese.
Questo fenomeno è già oggi talmente intenso e diffuso, che i meteorologi devono includere nelle loro simulazioni atmosferiche anche la presenza dei grandi agglomerati urbani. Questi, infatti, sono in grado di influenzare la circolazione dell’aria e sviluppano delle correnti convettive di vento caldo: quasi dei vulcani che a livello del suolo aspirano aria fredda dalle campagne circostanti e la rilasciano verso l’alto dopo averla arroventata.
Il fenomeno è stato battezzato “Urban Heat island” o “Isola di calore urbano”. Oltre al calore, questo meccanismo risulta estremamente efficiente nel raccogliere e contenere proprio all’interno delle città – dove vive il 55% della popolazione mondiale e il 75% di quella europea – la maggior parte delle sostanze inquinanti emesse dagli scarichi, le polveri sottili prodotte dalle attività umane, i fumi e gas liberati dalle sostanze che vengono utilizzate per costruire o mantenere in vita le città stesse.
Il caldo, infatti, non viene solo da fabbriche, caldaie, mezzi di trasporto e condizionatori. Anche i raggi del sole vengono trattenuti e convertiti in calore molto più efficientemente – anche oltre mille volte di più – da cemento, asfalto e mattoni piuttosto che da terreno, erba e alberi.
La città di Los Angeles – che in estate è in media 3,8°C più calda della campagna con punte anche di 40°C – ha avuto una idea originale per tentare di correre ai ripari e di rendere l’estate meno bollente ai propri 4 milioni di abitanti.
L’idea è quella di dipingere di bianco le strade impiegando il CoolSeal: un pigmento coprente a base acquosa in grado di legarsi all’asfalto. Bastano due passate di circa 50 micron l’una (più o meno lo spessore di un paio di capelli umani) perché la strada diventi bianca.
Se l’asfalto passa da un colore scuro a un colore chiaro, aumenta la propria albedo, cioè la capacità di riflettere efficacemente i raggi solari rimandandoli in atmosfera anziché assorbirli trasformandoli in raggi infrarossi, quindi in calore.
I costi non sono trascurabili: per coprire un miglio di carreggiata occorrono 40.000 di dollari – corrispondenti a circa 22.000 di euro al km – ma il pigmento è garantito per resistere al traffico e agli agenti atmosferici per almeno sette anni.
Gli abitanti di Los Angeles non solo hanno gradito il nuovo look stradale, ma hanno verificato sperimentalmente che ora si può tornare a camminare anche a piedi nudi nelle strade già coperte dal CoolSeal e che non è più possibile cucinare un uovo all’occhio di bue semplicemente depositandolo sul nero asfalto convenzionale. Ognuno ha i suoi gusti … ma questo è un altro discorso.
Eric Garcetti, (in foto), il sindaco della città californiana, ha inserito questo investimento nel programma generale che prevede di ridurre entro il 2025 le emissioni di gas serra di Los Angeles del 45% – corrispondenti ai livelli raggiunti nel lontano 1990.
Oltre ad aumentare l’albedo, l’iniziativa ha soprattutto un valore didattico per i cittadini. Si può dire che nella città degli angeli il cambiamento climatico – e l’impegno che ciascuno di noi deve offrire per contrastarlo con le proprie azioni quotidiane – è veramente sotto gli occhi di tutti!
Su Eniday l’articolo in versione sintetizzata