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Copyright, in Germania vince (per ora) Google, ma… Parla Guido Scorza

La sentenza della Corte di Giustizia Ue che consente (per il momento) a Google di continuare a utilizzare nei suoi risultati di ricerca in Germania i cosiddetti ‘snippet’, ovvero brevissimi estratti o sintesi di testi di stampa che fanno comprendere all’utente che cosa contiene un articolo senza aprire la pagina in questione, “è una vittoria di Pirro” per Mountain View e gli altri colossi del Web, che non risolve uno dei punti più controversi contenuti nella direttiva europea sul Copyright di prossimo recepimento. A crederlo è Guido Scorza, avvocato e docente esperto di privacy e diritto delle nuove tecnologie, che spiega il perché in questa conversazione con Formiche.net.

Avvocato Scorza, che cos’è successo in Germania tra Google il governo tedesco?

In poche parole, una normativa tedesca entrata in vigore l’1 agosto del 2013 vieta ai motori di ricerca di utilizzare senza l’autorizzazione dell’editore di giornali i cosiddetti ‘snippet’, ovvero brevissimi estratti o sintesi di testi di stampa che dovrebbero aiutare l’utente a comprendere il contenuto delle pagine indicizzate senza aprirle. A seguito di questa legge, alcuni editori hanno fatto causa a Google attraverso la collecting society VG Media, una sorta di Siae tedesca. Tuttavia secondo i magistrati europei, la norma tedesca costituisce una regola tecnica e, come tale, non è applicabile in mancanza di previa notifica alla Commissione, che valuta caso per caso analizzando gli effetti.

Questo che effetti avrà?

Nell’immediato il tribunale tedesco prenderà presumibilmente atto di come stanno le cose e respingerà le domande della collecting society dando ragione a Google. Ma quella di Google è una vittoria di Pirro, perché nel frattempo la legge in questione è stata doppiata dalla direttiva europea sul Copyright. Il che significa che da qui a due anni i Paesi dell’Unione, Germania compresa, dovranno introdurla. E questa, a mio parere, seppur da rispettare, resta una strada sbagliata e inefficace.

Perché?

Non mi convince l’idea di applicare il diritto di autore – anche se nella forma del diritto connesso – a un contenuto a valore creativo pressoché inesistente come lo snippet e non credo che la nuova disciplina sia effettivamente in grado di sostenere la buona informazione effettivamente. Solo i grossi editori potranno, per davvero, ricevere un compenso che sia possibile ritenere soddisfacente. Per tutti gli altri il rischio è di ricevere pochi spiccioli o addirittura di vedersi disindicizzare da Google e dagli altri motori di ricerca e aggregatori di news.

Chi negozierà il compenso per gli editori?

Difficile dirlo, ora come ora. Il percorso potrebbe essere quello di un equo compenso o di un compenso vero e proprio che i grandi potrebbero negoziare con un rapporto diretto con i motori di ricerca. Per i medio-piccoli, che costituiscono la maggioranza, è difficile immaginare che possano tutti interloquire con i colossi. Sarebbe impraticabile. Per questo il ruolo della Fieg o di collecting society sul modello tedesco sarà fondamentale. Ma c’è anche un altro rischio.

Quale rischio?

In Spagna, che per prima decise di vietare ai motori di ricerca di usare estratti degli articoli di giornali, Google ha semplicemente deciso di chiudere Google News. Non è inverosimile che in futuro, se non si dovesse trovare un accordo tra colossi del Web e editori, i primi possano decidere semplicemente di non indicizzare più i contenuti prodotti dai secondi. Questo penalizzerebbe molto di più gli editori, naturalmente, ai quali i motori di ricerca assicurano una larghissima parte del traffico diretto sui loro siti informativi.

Crede che ci sia spazio politico per rivedere la politica sugli snippet stabilita dalla direttiva sul copyright?

Sicuramente il caso tedesco ci dice che, quando si tratta di cose che riguardano Internet e il digitale, operare in condizioni emergenziali e contingenti non paga. Ma, se guardiamo alla direttiva – risultato di un dibattito lungo e articolato – quindi al prossimo futuro, direi che sulla carta il margine per intervenire ci sarà solo nella scelta di un approccio più o meno morbido nelle modalità del suo recepimento. Ma è un sentiero stretto, perché stabilire normative diverse in ogni Paese toglierebbe ogni senso alla legislazione europea, che ha invece il compito di uniformare le norme nell’ottica della creazione di un mercato unico comune più efficiente e dunque attrattivo. Dopodiché non è detto che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione non possano decidere di rivedere alcune scelte all’insegna del buonsenso o della consapevolezza che l’evoluzione tecnologica corre veloce e che forse la nuova disciplina quando tra un paio d’anni sarà legge nei singoli Paesi non sarà più in grado di produrre gli effetti sperati anche dai suoi sostenitori. E che servirebbe qualcosa di diverso per bilanciare i diritti di editori, utenti e piattaforme.



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