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Eni, tensioni nel Golfo e la sicurezza energetica. La versione di Descalzi al FT

Una nuova stagione di espansione in Medio Oriente, quella che attende Eni. Ragion per cui occorre un humus di stabilità internazionale e una volontà di stemperamento delle tensioni. Lo ha detto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi al Financial Times, invitando i leader mondiali a disinnescare le crescenti contrapposizioni nel Golfo.

NO WAR

Nessun dorma, è il messaggio di Descalzi, perché dopo i fatti sauditi tutti potenzialmente potrebbero essere colpiti. “Non possiamo rischiare un grande conflitto che può coinvolgere più paesi. Non è solo una questione di sicurezza energetica, è una questione di vite umane”, ha detto commentando gli attacchi dello scorso fine settimana contro l’impianto di trasformazione del greggio Abqaiq in Arabia Saudita e un grande giacimento petrolifero. Come è noto Washington e Riad hanno puntato il dito contro Teheran, per un attacco che ha dimezzato la produzione saudita di greggio condotto ad Abqaiq, il più grande impianto di trasformazione petrolifera del mondo e al giacimento petrolifero di Khurais. Il gruppo italiano sta inoltre perseguendo investimenti più ampi nella raffinazione e nelle sostanze chimiche nella regione, principalmente attraverso una partnership con la compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi.

SÌ ENI

Il colosso italiano ha in serbo una serie di iniziative condotte in quella regione per diversificare le sue operazioni lontano da aree ritenute ancora più rischiose, comprese parti dell’Africa (come dimostra l’incontra a Kinshasa con il presidente della Repubblica Democratica del Congo, Félix Tshisekedi). La società prevede di investire 2,5 miliardi di dollari in esplorazione e produzione negli Emirati Arabi Uniti, Oman e Bahrein tra il 2019 e il 2022. L’obiettivo dichiarato è ottenere ulteriori 400.000 barili al giorno di produzione.

Questo lo sfondo su cui Eni si muove, come osservato ad Abu Dhabi dallo stesso Descalzi che ha messo l’accento su quelli che sono i nuovi rischi geopolitici che corrono i paesi ricchi di idrocarburi che ospitano alcune delle più importanti infrastrutture energetiche del mondo. “Anche se un hub è così ben protetto, tutti possono essere un obiettivo – ha detto -. Quello che è successo sta cambiando qualcosa: più tensione richiederà più attenzione, più sicurezza, più controlli. Se tutte le nostre istituzioni in tutto il mondo saranno sagge, faranno anche il lavoro diplomatico”.

IN MESSICO

Dallo scorso luglio inoltre Eni ha iniziato in anticipo la produzione dal giacimento messicano di Miztón nell’area 1 nella baia di Campeche. Il pozzo Miztón 2 è il primo gestito da una società internazionale ad avviare la produzione da quando il Messico ha aperto il suo settore agli stranieri.

La produzione a pieno campo raggiungerà i 100.000 BOE / D tramite una nave galleggiante: il primo risultato è giunto dopo meno di 2 anni da quando Eni ha iniziato il suo primo pozzo in Area 1 e in meno di 1 anno dall’approvazione del piano di sviluppo, rispettando le attese del governo messicano di aumentare la produzione complessiva del Paese. Inoltre Eni possiede interessi come operatore in sei blocchi di esplorazione e produzione nel bacino messicano di Sureste.

twitter@FDepalo

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