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Quota 100 non si tocca. Cambiamo la Fornero fino in fondo. Parla Furlan

Aspettiamo il governo Conte alla prova dei fatti. Lo abbiamo detto con forza insieme a migliaia di delegati di tutte le regioni che lo scorso 8 ottobre erano ad Assago. La nostra piattaforma non è cambiata, perché non sono cambiati i bisogni veri del paese e dei cittadini, e i percorsi che noi avevamo indicato sono sempre gli stessi: una vera riduzione delle tasse per i lavoratori ed i pensionati, affrontare il dramma della disoccupazione dei giovani ed i problemi degli anziani, il divario crescente tra nord e sud, le tante opere infrastrutturali ancora bloccate, le risorse per rinnovare tutti i contratti pubblici”. Il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan non è sospettabile di antipatie verso il secondo governo di Giuseppe Conte. Ma se le cifre della legge di bilancio 2020 sono le stesse della Nota di aggiornamento del Def il giudizio del secondo sindacato italiano sarà negativo. Bocciate anche la mancata riconferma di Quota 100 de 2021e le indiscrezioni su un allungamento delle finestre per i prossimi due anni.

Quindi niente è cambiato rispetto al precedente governo?

Indubbiamente si respira un clima diverso e fortunatamente alcune questioni stanno trovando una prima risposta. Ma questo non basta. La discontinuità deve essere palpabile. Si deve tradurre nei numeri della legge di bilancio.

Su quali temi?

Dalla rivalutazione delle pensioni che va sbloccata perché è l’unico reddito che hanno gli anziani. È un segnale positivo che la ministra del lavoro Catalfo abbia annunciato sulle pensioni un tavolo sui lavori gravosi ed un confronto sulla legge per la non autosufficienza.

In realtà si parla di non rinnovare Quota 100 nel 2021 e di allungare le finestre di attesa di tre mesi per i prossimi due anni, sei mesi per i lavoratori del privato, nove per i pubblici

Quota 100 non va toccata. Noi abbiamo detto con molta chiarezza che prima di togliere una delle poche possibilità di flessibilità di uscita dei lavoratori bisogna cambiare nell’insieme la legge previdenziale. La Fornero va cambiata fino in fondo. Nel frattempo quota cento la teniamo, come teniamo l’Ape sociale e cioè le poche flessibilità di uscita insieme ad opzione donna che oggi i lavoratori hanno oltre ovviamente alle regole della legge Fornero. Noi abbiamo chiesto da tempo, e questo c’è stato assicurato, di aprire un tavolo serio sulla previdenza nel suo complesso a partire dal dividere assistenza da previdenza e dal riconoscere alle donne il valore sociale della maternità magari attribuendo un anno di contributi per ogni figlio.

Quindi giudizio negativo se il governo toccherà le pensioni?

Il nostro giudizio lo daremo alla fine del percorso, come abbiamo sempre fatto. Siamo stati noi insieme alle imprese a chiedere la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, ma le risorse che il governo vuole mettere in campo sono insufficienti. Non è lo shock fiscale che servirebbe oggi al paese per risollevare le buste paga, e gli investimenti, considerato che il 75 per cento delle nostre imprese produce per i consumi interni.

Una parte importante della prossima legge di Bilancio sarà il Green new deal

Bisogna andare più in la degli slogan ed accompagnare la transizione energetica, sapendo che in Italia abbiamo un costo dell’ energia mediamente del 30% in più rispetto ad altri paesi europei. Il costo dell’energia è fondamentale per le famiglie ma anche per le nostre imprese.

L’Italia risente per prima delle crisi ed è generalmente l’ultima ad agganciare le piccole riprese che hanno interessato l’Europa. Come mai?

Cresciamo poco. Le cause di una crescita cosi bassa del nostro paese sono tante, frutto in questi anni di scelte sbagliate della politica e di insufficienti provvedimenti per stimolare lo sviluppo e gli investimenti. Abbiamo avuto un crollo degli investimenti in opere pubbliche che, tra il 2005 ed il 2018, è stato del 59,4 per cento: quasi 26 miliardi di euro in meno negli ultimi 10 anni. I ponti non sono caduti per una fatalità. C’è stata una assenza di manutenzione, abbiamo tante opere incompiute e cantieri che non partono. Sono 49 le grandi opere sopra i 100 milioni ancora bloccate. Si tratta soprattutto di opere di collegamento o ammodernamento di infrastrutture esistenti che servirebbero a migliorare la competitività dei territori, la mobilità dei pendolari e a contenere il dissesto idrogeologico. Non solo, dallo sblocco delle opere deriverebbe una ricaduta sull’economia di 200 miliardi di euro e la creazione di circa 700 mila posti di lavoro.

Oggi è la giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro. È ancora un’emergenza?

Non si può morire ancora di lavoro nel terzo millennio. Negli ultimi dieci anni più di 15 mila persone sono morte nei luoghi di lavoro, è una strage terribile. Come una guerra. Abbiamo apprezzato che uno dei primi atti del nuovo governo ed in particolare del ministro del lavoro Catalfo sia stato quello di aprire un tavolo di confronto con i sindacati. Abbiamo bisogno di provvedimenti urgenti e straordinari. Non possiamo accettare che si possano ancora contrarre patologie di origine professionale nei luoghi di lavoro. La nostra Repubblica è fondata sul lavoro, ed il lavoro deve essere sicuro e dignitoso. Ovunque nel territorio dal nord al sud, ed in tutti i settori produttivi. Oggi ricorderemo le tante vittime del lavoro. Facciamone memoria per il loro sacrificio e battiamoci tutti perché il lavoro sia un sì pieno alla vita e non una concausa di morte.


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