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L’Ue, la Turchia e il centrodestra. Parla Antonio Tajani

“La vicenda siriana è l’ultima chance per dimostrare che l’Ue conta qualcosa nel mondo”. Antonio Tajani non nasconde l’indignazione per il test siriano che ha trovato Bruxelles impreparata. L’ex presidente del Parlamento europeo spiega a Formiche.net perché è importante che l’Ue non ceda ai ricatti del presidente turco Recep Tayipp Erdogan, pena l’assenza di credibilità sullo scacchiere internazionale.

Tajani, che figura ha fatto l’Europa di fronte alla nuova crisi siriana?

L’Europa è ancora troppo debole e il caso siriano lo ha dimostrato. Mentre India, Cina, Russia e Stati Uniti si muovono sullo scacchiere internazionale l’Ue non ha il coraggio di difendere i propri cittadini e le minoranze perseguitate all’estero.

Come i curdi. Si poteva fare di più?

In Siria l’Ue avrebbe dovuto difendere le minoranze cristiane e invece si è limitata alle dichiarazioni di intenti. Come è successo in Libia, stalli e divisioni ci hanno resi ininfluenti.

Dal Parlamento Ue è arrivata una dura condanna contro Erdogan.

Il Parlamento non ha mai mancato di coraggio, ma serve di più. O l’Ue si mette alla guida di un’azione politica internazionale e dimostra di avere visione o è destinata a rimanere esclusa dal club dei grandi player globali. In questi giorni non c’è traccia di una politica estera europea.

Si riferisce alla mancata adesione dei Paesi balcanici?

Anche. Un episodio forse ancora più grave. Con un gesto i francesi hanno spento le speranze di Albania e Macedonia del Nord. Nessuno voleva fare entrare subito l’Albania, ma era opportuno aprire un confronto. Così invece consegniamo i Balcani a chi ne vuole fare terra di conquista.

Torniamo alla Turchia. Siglare l’accordo sui migranti con il governo di Ankara è stato un errore?

All’epoca non avevamo scelta. Abbiamo fermato un imponente flusso di migranti attraverso la rotta balcanica che avrebbe seriamente destabilizzato il nostro Paese. Tutt’oggi non è saggio interrompere del tutto le relazioni con la Turchia. Certo, il governo turco non può violare a suo piacimento il diritto internazionale.

Sarà, ma intanto a inizio 2020 l’Ue pagherà ad Erdogan un’altra tranche da un miliardo di euro.

Vedremo. Molto dipende dalla piega che prenderà l’offensiva turca in Siria. Si tratta di un’immensa quantità di denaro, non può essere incondizionata. Pacta sunt servanda.

Insomma, è giusto calare il sipario sull’adesione all’Ue?

Al momento non vedo possibilità. La Turchia è vittima di una pericolosa involuzione. Quando Berlusconi propose di farla entrare in Ue era un Paese completamente diverso. In dieci anni la Turchia laica di Ataturk è ritornata Impero ottomano.

Immagina anche un’uscita della Turchia dalla Nato?

Abbiamo fatto tanti sforzi per tenere la Turchia dentro l’alleanza. Prima di arrivare alla rottura è necessario ponderare le conseguenze.

La questione siriana sembra uno dei pochi punti su cui il centrodestra è compatto. O no?

Mi sembra un’esagerazione. Le divergenze sono fisiologiche. Conservare la propria identità non significa separarsi o aprire ad altre forze politiche. Gli elettori vogliono un centrodestra unito.

Così vi siete presentati a piazza San Giovanni. Sicuri che quella piazza fosse anche vostra?

In piazza c’erano giovani, vecchi, famiglie di ogni provenienza. È la foto di un centrodestra in movimento, cambiato rispetto al passato ma non per questo trasformatosi in un monolite leghista. Di certo a Roma non abbiamo visto il popolo estremista che certa sinistra ha voluto raccontare.

Domenica si apre la lunga cavalcata delle regionali. Anche qui non mancano dissapori con gli alleati. Salvini ad esempio non vuole candidare il vostro Mario Occhiuto in Calabria.

Salvini non è contrario, ha semplicemente mosso delle obiezioni di cui discuteremo fra alleati. Noi siamo dell’idea che Occhiuto sia un sindaco che ha fatto molto bene a Cosenza e che gode di grande consenso sul territorio.

Che dire della battaglia leghista per il maggioritario? La sposerete?

Noi siamo convinti che si possano e debbano fare altri passi avanti verso il maggioritario. Si può migliorare questa legge ma non per questo si deve rinunciare alle quote di proporzionale, che rappresentano meglio le diverse sfaccettature della società italiana.

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