“Cronaca di una morte annunciata”, così si intitolava uno dei libri più famosi di Gabriel Garcia Marquez. E così potrebbe intitolarsi oggi la sonora sconfitta al primo round elettorale della coalizione giallorossa. Una morte in fasce, e nemmeno una morte dolce o eutanasia.
In effetti, non si capisce con quale razionalità ci si sia impegnati in una competizione che, a ben vedere, non poteva andare diversamente da come è andata. Tutto infatti in Umbria cooperava contro la vittima sacrificale, il povero albergatore Vincenzo Bianconi. Quella parte di elettorato che votava tenendo conto soprattutto della situazione locale non avrebbe potuto perdonare al Pd una amministrazione come quella passata che si era dovuta dimettere per la scoperta di una diffusa rete di corruzione.
Chi invece dava più importanza al voto di opinione non poteva non tener conto che a livello nazionale l’insediamento del secondo governo Conte è considerato alla stregua di una usurpazione, nonostante che tutta la legalità costituzionale dica che così non sia. Una “usurpazione” che avrebbe potuto essere riassorbita, a livello di opinione pubblica, qualora il governo Conte avesse dimostrato, in queste prime settimane di attività, di voler volare alto.
Così non è stato, e la legge di Bilancio, oltre a essere stata comunicata così male quasi da esaltare gli aspetti vessatori e giustizialisti in essa indubbiamente presenti, è alla fine risultata una specie di topolino partorito dalla montagna. La retorica di Matteo Salvini ha avuto perciò buon gioco e ha forse spinto una consistente percentuale di elettori che la volta scorsa si erano astenuti ad andare al voto. L’immagine di Conte ne esce appannata. E non si capisce per quale motivo il premier si sia alla fine impegnato politicamente in prima persona, se per lealtà (che però non è una virtù politica) o per necessità (glielo ha chiesto la maggioranza che lo sorregge?) o perché in cerca di protezione. Più furbescamente, Matteo Renzi si è tenuto fuori, continuando a giocare magistralmente su più tavoli nella speranza che prima o poi gli arrivi anche qualche voto.
A livello nazionale, probabilmente nulla a breve cambierà. E se qualcosa succederà, succederà per motivi interni alla maggioranza o internazionali. Il sistema politico italiano continua a trasmettere una debolezza strutturale che probabilmente solo nuove elezioni cominceranno a superare. L’interesse nazionale è che si voti ma, se esso non viene a convergere con gli interessi particolari della maggioranza delle forze politiche, saremo costretti ancora a vivacchiare a lungo. Inutile però indignarsi: la politica democratica ha le sue regole ed esse vanno rispettate.