Nel 5G il rivale strategico di Washington, la Cina, sembra essere avanti. Ma gli Usa conservano ancora un vantaggio competitivo, che possono mantenere se riusciranno a sfruttare l’opportunità e gestire le sfide poste da questa nuova tecnologia.
È un report concreto, ma anche propositivo quello che il Center for a New American Security (Cnas) – popolare think tank di Washington fondato da Michèle Flournoy, già sottosegretario della Difesa e advisor dei numeri uno del Pentagono Robert Gates e Leon Panetta – dedica a uno dei dossier del momento.
LA COMPETIZIONE CON PECHINO
Dopo aver ricordato la sensibilità e il ruolo cruciale delle nuove reti sia per quanto riguarda l’economia sia per la sicurezza, lo studio realizzato da Elsa Kania evidenzia che “oggi, la Cina sembra pronta a diventare un leader globale e il primo motore nel 5G”. Ne consegue che “gli Stati Uniti potrebbero trovarsi in una posizione di relativo svantaggio”. Secondo la ricercatrice, il governo Usa “deve ancora impegnarsi in qualsiasi finanziamento o iniziativa nazionale nel 5G che sia simile per portata e dimensioni a quelle della Cina, che sta dedicando centinaia di miliardi allo sviluppo e alla distribuzione del 5G” attraverso centri di ricerca e player nazionali. “Vi sono inoltre motivi di grave preoccupazione per la fattibilità a lungo termine e la diversità delle catene di approvvigionamento globali in questo settore”. Poi l’allarme: “Huawei”, al centro dei timori dell’intelligence americana, “sembra essere sulla buona strada per diventare dominante nel 5G, stabilendo nuovi progetti pilota e partnership in tutto il mondo”.
I PROBLEMI DA AFFRONTARE
Per gli Stati Uniti, prosegue il paper, ci sono due problemi essenziali da affrontare. Il primo è interno e concerne la progettazione e implementazione del 5G “con un approccio olistico alla sicurezza in mente fin dall’inizio”, il che significa “escludere i fornitori ad alto rischio, che richiedono test e screening rigorosi e continui”. Se “un approccio end-to-end alla sicurezza viene efficacemente implementato”, commenta l’esperta, “il 5G potrebbe dimostrarsi più sicuro delle nostre reti e infrastrutture critiche esistenti, ma le conseguenze dell’insicurezza sarebbero molto più gravi”. L’altro aspetto, sollevato più volte in questi mesi dal Dipartimento di Stato, riguarda invece “la presenza delle apparecchiature di Huawei nelle infrastrutture critiche di alleati e partner statunitensi”, ai quali Washington potrebbe chiedere supporto in caso di conflitto; se i cinesi penetrassero nella reti alleate, “ciò potrebbe minare le capacità statunitensi di comando, controllo e proiezione di potenza” americane.
LE MOSSE AMERICANE
Sebbene vi siano indicazioni incoraggianti che il governo degli Stati Uniti sta iniziando a concentrare maggiormente sul 5G, le risposte politiche non sono state ancora pienamente realizzate o dimostrate commisurate all’opportunità e alla sfida. Inizialmente, ricorda l’analisi, i dibattiti politici erano incentrati su un piano per la nazionalizzazione delle reti 5G, che poi si è arenato. Tuttavia, la politica degli Usa ha iniziato a progredire verso misure più pratiche.
Oltre a gli aspetti riguardanti lo spettro, il 5G è diventato un nuovo motore di preoccupazione e concorrenza nelle relazioni Usa-Cina che ha motivato risposte sempre più forti nel processo decisionale statunitense. Nel maggio 2019, l’amministrazione Trump ha emesso un ordine esecutivo sulla protezione della catena di fornitura di servizi e tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni.
Questa misura può fornire alle autorità di escludere tecnologie e transazioni collegate a “avversari stranieri”. Huawei è una delle società vincolate da questa misura (la stessa telco di Shenzhen e Zte erano già stati esclusi dai contratti governativi, mentre China Mobile è stata fermata dall’offrire servizi nel mercato statunitense). Mentre il Dipartimento del Commercio ha posto Huawei nella sua lista nera, il che vieta alle società statunitensi di vendere i loro prodotti alla compagnia della Repubblica Popolare in assenza di una specifica licenza.
La misura, sottolinea Elsa Kania, sta facendo molto male a Hawuei, perché nonostante i suoi tentativi di sviluppare alternative indigene, il colosso cinese rimane fortemente dipendente da un numero di fornitori statunitensi e globali, tra cui Xilinx, Qualcomm e Synopsys (nonostante alcuni successi ottenuti da HiSilicon). E se il divieto di vendita a Huawei dovesse essere applicato integralmente, la società dovrebbe affrontare un percorso profondamente doloroso. Anche se, evidenzia ancora l’esperta, la determinazione del governo di Pechino in questo ambito non dovrebbe essere sottovalutata e dunque è possibile che nel lungo periodo la Cina diventi indipendente da tecnologie Usa.
LE RACCOMANDAZIONI
Che cosa fare? Gli Stati Uniti, suggerisce l’esperta, devono stabilire le priorità e perseguire una strategia nazionale per il 5G, riformulando e riconcettualizzando il loro approccio. Questa strategia proposta prevede cinque linee di impegno: dare la priorità e investire nel 5G come base per la competitività americana; assicurare che le future reti 5G saranno progettate sicure sin dall’inizio (la cosiddetta security by design); contendere la leadership e l’innovazione tecnologica all’interno e all’esterno del 5G; perseguire un più stretto coordinamento e l’innovazione collaborativa con alleati e partner; prepararsi a sfruttare positivamente e mitigare le esternalità negative del 5G per la sicurezza nazionale.
LE CONCLUSIONI
In definitiva, conclude lo studio, anche se alcune caratteristiche del modello autoritario cinese (in grado di definire priorità e indirizzare investimenti a piacimento) possono sembrare attrattive, va ricordato che lo sviluppo tecnologico di Pechino è frutto anche di un’attenta osservazione dell’innovazione americana. Per questo, rimarca l’esperta, gli Usa non dovrebbero invidiare o emulare la Repubblica Popolare, ma dovrebbero
riconoscere che alcuni approcci alle strategie tecnologiche possono essere efficaci se attuati in un modo che si concentra catalizzando una sana competizione.