E pensare che proprio domani il governo avrebbe dovuto incontrare i vertici. Ma Arcelor Mittal se avrà un incontro, lo avrà molto probabilmente coi sindacati dell’Ilva. I rapporti con il governo italiano proseguiranno, ma in un’Aula di Tribunale. E questo per un motivo molto semplice: non ci sarà alcun passo indietro da parte della multinazionale franco-indiana dell’acciaio, come dimostra il fatto che proprio oggi Mittal ha comunicato ai sindacati il piano di fermata degli impianti del siderurgico. Su Taranto, dunque, cala il sipario, in attesa di capire se l’esecutivo giallorosso abbia un jolly da giocare. La nazionalizzazione appare difficile, oltre che molto onerosa per i contribuenti.
Fatto sta che da oggi non si hanno più dubbi, il disimpegno di Mittal da Taranto è ufficialmente iniziato. La tabella di marcia comunicata ai lavoratori è serrata e lascia poco spazio all’immaginazione: si prevede che che l’altoforno 2 sia fermato il 13 dicembre, l’altoforno il 30 dicembre e l’altoforno il 15 gennaio. Ci sarà anche la fermata delle cokerie e delle centrali elettriche. Già in mattinata l’azienda aveva smentito quanto riferito dal presidente della Regione Puglia Michele Emilliano al presidente di Confindustria Taranto Antonio Marinaro a proposito della volontà espressa dall’azienda di gestire la fabbrica fino a maggio. Nell’incontro di questa mattina con le organizzazioni dei lavoratori l’ad di Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli, hanno riferito i sindacati, ha anche “chiarito che l’azienda rispetterà tutti gli impegni, a partire dal pagamento delle spettanze previste dal contratto di appalto”.
Forte la preoccupazione delle forze sindacali alla vigilia del tavolo con l’azienda in programma domani al Mise alla presenza anche del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli. “Se ancora non fosse chiaro la situazione sta precipitando in un quadro sempre più drammatico che non consente ulteriori tatticismi della politica”, ha sottolineato in una nota il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli parlando di Arcelor Mittal. Tra gli impianti già fermi il Treno lamiere e una delle due linee di agglomerazione. “Se ancora non fosse chiaro, la situazione sta precipitando in un quadro drammatico che non consente ulteriori tatticismi della politica”, ha affermato Marco Bentivogli, segretario generale Fim Cisl. “Questo piano – dice Bentivogli – modifica sostanzialmente le previsioni Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr)”.
Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm, “che Mittal resti a Taranto sino a maggio ma con gli impianti fermi, nessuna produzione e col personale riconsegnato alle aziende da cui è arrivato, che me ne faccio, anzi che ce ne facciamo? Anzi, se deve far morire la fabbrica, a questo punto è meglio che vada via prima, altroché. Perché Mittal potrà anche non andarsene prima di maggio, come ritiene Emiliano, ma può fermare e spegnere impianti, stoppare linee produttive. Ed chiaro che poi, per i commissari dell’amministrazione straordinaria, rimettere mano agli impianti dopo una lunga fermata e far ripartire la fabbrica sarà un compito davvero improbo”.
In mezzo a tutto questo dramma, qualcosa che sa di beffa. “Arcelor Mittal Italia sarebbe in ritardo con il pagamento delle rate di affitto degli asset del gruppo Ilva dei quali è entrata in possesso come affittuario con promessa di diventarne proprietario. Secondo fonti vicine al dossier, al momento Mittal non avrebbe ancora pagato l’ultima rata trimestrale scaduta ad agosto. Il costo dell’affitto è di circa 45 milioni”.