La sera del 16 novembre a Roma la giuria del MedFestival ha annunciato il titolo della pellicola vincitrice: “For Sama”. È un film girato tutto in presa diretta ad Aleppo Est, prima e durante l’insurrezione pacifica e non violenta contro il regime di Assad, poi nei tempi orribili dell’assedio russo-siriano. L’autrice è una studentessa che nel 2011 era iscritta all’università di Aleppo. Quando l’anno seguente il popolo ha chiesto la caduta del regime, anche lì lei non è riuscita ad andarsene, doveva restare, vivere la storia nella città dove si preparava a diventare donna. Lì ha conosciuto un medico, che allestiva sale di soccorso per la popolazione civile. La loro passione comune per l’uomo, la sua dignità e le sue sofferenze li ha fatti innamorare. Si sono sposati, sotto le bombe, e hanno messo al mondo una figlia: Sama. Un giorno un loro parente si è ammalato a Istanbul. Loro, tutti e tre, sono partiti, ma appreso che l’assedio si faceva più violento, più stringente, sono tornati. Senza un momento d’esitazione. Troppe persone avevano bisogno di loro, impossibile restarsene al caldo. Solo quando l’Onu ha comunicato che Aleppo est era caduta, solo quando due bombe russe ha distrutto il loro ospedale, l’ultimo rimasto per tutta Aleppo est, hanno piegato la testa.
Il racconto intreccia la vita di Aleppo e quella dei protagonisti, la nascita di Sama e le coccole che la mamma le faceva mentre piovevano bombe. Il precedente ospedale dei due giovani coniugi si vede andare in macerie, come si vede prendere forma il nuovo. Si vede tutto, tranne l’Onu, un’assenza che accompagna lo spettatore verso una domanda che ognuno si può fare da solo.
Vedendolo alla proiezione organizzata nell’ambito del festival che ha avuto luogo qui a Roma sono rimasto scosso. Poi, con la notizia del premio, ho appreso che For Sama ha ottenuto anche il riconoscimento di Amnesty International e che ha trovato un distributore. Presto sarà nelle sale cinematografiche. Così finalmente potremo conoscere la verità, almeno al cinema. Sì, il cinema sostituisce i luoghi della conoscenza, della formazione della consapevolezza di cosa accade e di cosa dobbiamo sapere. Ma c’è qualcosa nella data di premiazione di questo film che sorprende. Oggi, proprio oggi, sarà proiettato al nuovo cinema Aquila.
Non è un giorno qualsiasi. È il giorno in cui ricorre il 65esimo compleanno di padre Paolo Dall’Oglio. Mi trovavo in una città italiana per parlare di lui proprio poche ore prima e l’organizzatore dell’evento, quando dopo l’incontro siamo andati a prendere un aperitivo, mi ha detto che un autorevole ecclesiastico era stato loro ospite pochi giorni prima. Gli chiesero di Paolo, del suo sequestro a Raqqa nel 2013, dove era andato per cercare la liberazione di ostaggi e dare conforto ai suoi amici siriani, abbandonati all’avanzata dell’Isis. Lui, l’ecclesiastico, ha detto che Paolo era stato avventato. Così ho pensato: se fossi stato lì cosa avrei detto? Non penso che avrei detto che proprio questo è il motivo per cui la Chiesa fatica, in Medio Oriente ma non solo lì; perché ha pochi preti “avventati”. No, non sarei arrivato qui. Mi sarei limitato a ricordargli di un posto che probabilmente conosce, il Getsemani. Sappiamo più o meno tutti quel che vi accadde. Non fu “avventato” Gesù? Matteo 26 riferisce che nelle ore precedenti l’arrivo dei soldati Gesù lì pregò con queste parole: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”. Ma questa avventatezza non comincia quel giorno. La stessa scelta di andare a Gerusalemme, la domenica della Palme, non fu “avventata”? Non sapeva che quelli che non lo apprezzavano avrebbero potuto trovare eccessivo il suo passo?
Mi avrebbe davvero fatto piacere poter parlare di quel complimento, “avventato”, che per questo uomo di fede evidentemente non è tale. Ma non avrei saputo dirgli, “Lei ha visto For Sama?”.
Questo film, proprio nel 65esimo compleanno del gesuita romano, ne spiega bene l’avventatezza. Qualche contabile potrebbe definire “avventata” la studentessa che rimane ad Aleppo. Mettere a repentaglio se stessa e la figlia in fasce perché non riesce a lasciare quell’umanità tradita, vessata, torturata, massacrata… Qualche contabile riterrebbe che avventatamente lei e suo marito sono rimasti lì, lui operando bambini squassati, lei riprendendo ogni giorno ciò che vede. Fino ai giorni in cui vennero deportati, con l’assenso dell’Onu, dopo che tutti gli ospedali cittadini erano stati distrutti dai russi e dall’esercito siriano.
Così mi sono ricordato che nelle ore della deportazione, che il film racconta con la loro attesa di 50 ore prima che arrivasse il bus che li avrebbe portati via, con la bambina in condizioni che ricordavano una mangiatoia, sono state le ore in cui un altro religioso da Aleppo ovest disse che ad Aleppo stava per tornare il profumo del Natale. Ecco, io il termine “avventato”, lo avrei riservato a lui, non a Paolo e alla madre di Sama. Peraltro, Paolo il suo “For Sama” non ha potuto farcelo vedere. Ma certamente a Raqqa lo ricordano ancora. Ma un caso ha voluto che nel giorno del suo compleanno, nella città dove è nato, a Roma, venga proiettato proprio oggi un film che sembra raccontare la sua storia. Bello.