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Macron, Turchia e spese per la Difesa. Trump apre il vertice Nato a Londra

Si è aperto nel segno di Donald Trump l’atteso vertice dei capi di Stato e di governo della Nato, in programma a Londra oggi e domani. Emmanuel Macron aveva provato ad anticipare tutti con la sentenza sulla “morte cerebrale” della Nato, ma il collega americano si è presentato di prima mattina con il segretario generale Jens Stoltenberg per chiarire che vuole essere lui a dettare l’agenda del summit e per rispondere al francese: “offensivo e irrispettoso”. Sulla spesa per la Difesa Trump si è detto “molto felice” dei progressi compiuti dagli alleati, attribuendosene il merito e sventando così ipotesi di rottura sul 2% del Pil come rischiò di accadere lo scorso anno a Bruxelles. Le maggiori stilettate sono arrivate invece per Macron, all’indomani dell’annuncio dagli Usa di dazi pesanti su prodotti transalpini (e minacce anche ad altri, Italia compresa) come ritorsione alla tassa su giganti digitali: “Facebook e Google sono aziende americane; e solo l’America può tassarle”.

IL PROGRAMMA

L’apertura ufficiale per chiudere le celebrazioni per i settant’anni dell’Alleanza ci sarà nel tardo pomeriggio. I leader verranno accolti a Buckingham Palace dalla regina Elisabetta per poi spostarsi alla residenza del primo ministro Boris Johnson a Downing Street, nel pieno della campagna elettorale britannica in vista della tornata delle prossima settimana. Domani si riunirà invece il Consiglio atlantico all’hotel The Grove, a Watford, nella zona nord ovest della città. Nel frattempo, come di consueto, si accavalleranno numerosi incontri bilaterali a margine, compreso quello tra Giuseppe Conte e Donald Trump, utili al presidente Usa per ripresentare agli alleati richieste e avvertimenti (ad esempio sul 5G). L’agenda è fitta e i temi sono numerosi. La parola scelta da Stoltenberg per riassumere gli obiettivi è “adattamento”. Per la prima volta l’Alleanza affronta infatti “la crescita cinese” come sfida alla sicurezza transatlantica. Si attende poi conferma a vari strumenti di deterrenza in ottica anti-russa, ma anche l’aggiornamento del piano d’azione contro il terrorismo.

LA SODDISFAZIONE DI TRUMP PER LA SPESA

A complicare il dibattito però non ci sono solo le critiche di Emmanuel Macron e le frizioni commerciali tra Francia e Stati Uniti. Si temevano sobbalzi sul fronte del burden sharing, ma è stato Trump ad abbassare i toni riconoscendo “gli enormi progressi” degli alleati, con 130 miliardi di dollari in più dal 2016 tra Europa e Canada. Il merito va al segretario generale Stoltenberg, che da mesi cerca di mostrare il bicchiere mezzo pieno per attenuare le insofferenze del presidente americano. Trump non ha mancato comunque di sottolineare le differenze tra il budget americano (pari al 4,3% del Pil) e quello degli altri membri (in media all’1,55%), riportando come esempio ancora una volta la Germania e citando il “deficit commerciale a sfavore degli Stati Uniti”. Su questo si attende il bilaterale con Angela Merkel, che però sembra aver ben preparato il terreno per l’incontro annunciando, già la scorsa settimana, che Berlino si assumerà maggiori responsabilità puntando a raggiungere il 2% entro il 2030.

LA RISPOSTA A MACRON

Se si preannuncia il sereno con la cancelliera, venti di burrasca soffiano invece nel rapporto tra Trump e Macron. Dopo il silenzio sul tema, l’inquilino della Casa Bianca si è espresso sulla contestata intervista all’Economist del collega francese, definendo “molto brutte” le sue parole. “Nessuno più della Francia ha bisogno della Nato”, ha spiegato Trump, aggiungendo che Macron rischia di “fare cose contro-produttive per il suo Paese”. La questione supera le competenze dell’Alleanza Atlantica. Stoltenberg nel punto stampa ha tentato di limitare i confini sui temi di sicurezza e difesa, ma la frattura tra Parigi e Washington è ormai evidente sul dossier commerciale. È arrivato nella nota europea l’annuncio di tariffe del 100% sulle esportazioni francesi verso gli Usa per 2,4 miliardi di dollari per una serie di prodotti, tra cui spumanti, cosmetici e formaggi, in risposta all’introduzione in Francia della tassa sui giganti digitali. “Inaccettabile” la notizia americana secondo il ministro delle Finanza Bruno Le Maire, a cui Trump ha replicato definendo alle stesso modo la digital tax. “Facebook e Google sono aziende americane; io le voglio tassare, non la Francia”.

IL NODO TURCO

Resta complicato il nodo turco. Le accuse di Macron si muovevano proprio dallo scollamento di Ankara rispetto all’Alleanza, evidenti nell’iniziativa contro i curdi che ha generato perplessità in tanti alleati. Nonostante le divergenze (palesi nella questione del sistema russo S-400), Trump si è mostrato ottimista e ha tentato di smorzare i toni: “La Turchia mi piace molto e lavoro bene con il presidente Erdogan”. Ha poi ricordato “il grande aiuto” fornito dai turchi per il raid che ha portato all’eliminazione di Abu Bakr al Baghdadi, il sedicente califfo dello Stato islamico. Ha però ribadito anche l’esclusione di Ankara dal programma F-35 nel caso in cui proceda con l’acquisto del sistema russo: “Non credo che vogliano privarsi del miglior caccia in circolazione”.

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