Fosse una semplice scaramuccia politica ci sarebbe poco di cui discutere. Scegliere una linea chiara sulla sicurezza della rete 5G, confida però a Formiche.net il senatore del Pd Alessandro Alfieri, è una priorità che chiama in causa il posizionamento internazionale del Paese. Per questo, dice ai Cinque Stelle, “ci sono obblighi che prescindono dal patto di maggioranza”.
Senatore Alfieri, per il ministro Patuanelli non c’è bisogno di un nuovo intervento del governo sulla rete 5G.
Capisco che un ministro dello Sviluppo economico presti attenzione al mercato, ma qui c’è in gioco la sicurezza nazionale e la tutela delle infrastrutture strategiche del nostro Paese. Non si possono solo addurre ragioni di tipo economico, o almeno non è da queste che si deve partire.
Il Copasir ne elenca altre.
Il comitato ha messo in evidenza delle valutazioni che devono essere patrimonio di tutte le forze politiche, nessuna esclusa. Non a caso come prima mossa al governo abbiamo rafforzato il golden power e tutti gli strumenti che permettono al nostro Paese di tutelarsi da intromissioni esterne, specie sulle reti che trasportano dati sensibili e per la sicurezza.
Quindi nessun rimpianto sulla stretta legislativa?
Gli strumenti che avevamo a disposizione non erano più sufficienti. Sugli investimenti esteri e le acquisizioni da parte di soggetti che non fanno parte del perimetro di sicurezza nazionale l’ultima parola spetta al governo e al Parlamento.
Per i Servizi italiani serve un passo in più. Il governo dovrebbe “seriamente prendere in considerazione” l’esclusione di aziende cinesi come Huawei dalla banda ultralarga.
Io penso che su un tema del genere si debbano fare tutti gli approfondimenti possibili. Se si dimostra che un investimento mette a rischio la sicurezza nazionale o informazioni sensibili è giusto intervenire.
Il segretario del Pd Zingaretti ha detto che “un governo serio ha il dovere di verificare” i moniti del Copasir. Anche Guerini sostiene che le conclusioni del comitato debbano essere “valutate con attenzione”.
Sottoscrivo ogni parola.
I Cinque Stelle però continuano a fare muro. Sulla Cina siete a un punto di rottura?
Con loro la pensavamo in maniera diversa già durante il governo precedente. Siamo stati molto prudenti sulla firma del memorandum per la Belt and Road Initiative (Bri) perché eravamo convinti che si dovesse prima approvare una cornice di strategia europea nei confronti della Cina e di questo piano infrastrutturale.
Le cose sono andate diversamente.
Chi era al governo ha deciso di proseguire. Da parte nostra ci fu una levata di scudi, cui non fu estranea la Presidenza della Repubblica, per apportare dei correttivi, soprattutto sulle sezioni del memorandum attinenti le infrastrutture strategiche come porti e 5G.
Gli osservatori internazionali parlano di una “cinesizzazione” della politica estera italiana. C’è del vero?
L’Italia è un Paese storicamente collocato all’interno dell’Ue e della Nato. Su temi come questi la collaborazione fra alleati è fondamentale. La nostra presenza all’interno di queste organizzazioni internazionali ha un prezzo. Ci sono informazioni riservate che è giusto tutelare, mettendo in campo tutti gli strumenti normativi e non.
Tutti?
Quando dico di valutare tutti gli strumenti possibili, intendo tutti.
Qualcuno pensa che sul 5G il governo possa spaccarsi.
Se riguardasse solo il nostro Paese basterebbe sedersi a un tavolo con la maggioranza e trovare un compromesso. Qui c’è in gioco la sicurezza nazionale, la nostra appartenenza alla Nato e all’Ue.
Quindi cederete o no?
Non dipende da noi. Ci sono obblighi che prescindono dal patto di maggioranza ed entrano nella sfera della Costituzione italiana e degli organismi sovranazionali che garantiscono la nostra sicurezza. Su questi non opteremo per vie di mezzo.