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Che succede alla rotta del petrolio verso la Cina dopo la crisi iraniana?

L’agricoltura cela il vero obiettivo di Pechino nei suoi rapporti con l’Iran? Salvare l’accordo nucleare ed evitare un maggiore conflitto nel Golfo è tra i desiderata di Xi Jinping anche in questi giorni di altissima tensione internazionale? L’accordo nucleare con l’Iran è stato firmato sotto l’allora presidente Barack Obama nell’estate del 2015. Ma a Pechino sta a cuore il trasporto del greggio (e poco altro).

QUI PECHINO

Geng Shuang, speaker del ministero degli Esteri cinese, ha detto che l’Iran è stato sostanzialmente “costretto” a porre fine al suo impegno per il Piano d’azione congiunto globale dopo la morte del generale Soleimani. Un modo da un lato per schierarsi al fianco di Teheran contro chi viene invitato “alla moderazione”, e dall’altro per tenere vivo il canale che interessa alla Cina: quello degli affari.

Sin dalle primissime ore della crisi iraniana, la Cina ha fatto trasparire chiaramente la propria posizione: il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha discusso al telefono con i colleghi di Iran, Russia e Francia, ribadendo che la Cina non avrebbe sostenuto gli attacchi militari statunitensi contro l’Iran, aggiungendo che la Cina contribuirà a salvaguardare “la pace e la sicurezza nel Golfo”. In seguito il più rilevante diplomatico cinese, Yang Jiechi, ha parlato con il Segretario di Stato Mike Pompeo e ha esortato gli Stati Uniti a non iniziare una guerra regionale in Medio Oriente. Ma più dei missili a Pechino si valutano le conseguenza energetiche.

IN TRANSITO

Le importazioni cinesi di petrolio saudita che attraversano lo Stretto di Hormuz e il Mar Rosso, al confine con lo Yemen, hanno raggiunto un livello record negli ultimi tempi a causa delle sanzioni contro l’Iran e della riduzione delle risorse in Venezuela. Ragion per cui lo stretto che si snoda attraverso le coste dell’Oman e dell’Iran è di fatto una sorta di nuova autostrada per il petrolio che dall’Arabia Saudita va verso la Cina. Lo stretto in questione quindi assume uno status rilevantissimo per l’approvvigionamento di petrolio cinese. La Cina ha importato 8,21 milioni di tonnellate di greggio dall’Arabia Saudita nel novembre 2019, portando il volume totale annuo a un record di 76,33 milioni di tonnellate (più 53% rispetto allo stesso periodo del 2018).

SETE CINESE DI OIL

A seguito della mossa di Donald Trump di azionare unilateralmente la leva delle sanzioni, le esportazioni di petrolio dell’Iran sono fortemente diminuite con l’immediata conseguenza che la Cina ha iniziato a rivolgersi ai sauditi, con numeri interessanti: superiori sia ai 70,3 milioni di tonnellate importate dalla vicina Russia, sia ai 47,28 milioni di tonnellate provenienti dall’Iraq.

Secondo il Tredicesimo piano quinquennale cinese pubblicato nel 2017 gli obiettivi di autosufficienza di petrolio e gas per Pechino sono basati sull’apertura di nuove opportunità per società private e straniere. Per questa ragione la Cina ha anche annunciato un aumento del 20 percento del proprio budget nazionale per le esplorazioni petrolifere per tentare di aumentare la produzione. Ma nonostante le proiezioni ottimistiche, la China National Petroleum Corp (CNPC) ha sottolineato che il rapporto di dipendenza delle importazioni dalla Cina è quasi al 70%, con un trend che dovrebbe salire al 76% entro il 2024.

SCENARI

Nelle ultime ore tra l’altro è emerso che i proprietari di petroliere stanno aumentando le loro tariffe per trasportare il greggio su una rotta chiave dal Medio Oriente. Il motivo si ritrova nell’aumento esponenziale dei rischi nel Golfo dopo la crisi iraniana. Maggiormente colpiti quei supertanker che trasportano greggio dal Golfo Persico alla Cina con un aumento netto del 14% rispetto al passato. Il conflitto tra Stati Uniti e Iran quindi si sta riverberando nelle catene di approvvigionamento petrolifere globali.

Un quadro che si completa grazie all’analisi sul ruolo di Cina e India in questo triangolo ideale con Teheran. I due players da tempo hanno maturato il potenziale necessario per diventare partner strategici dell’Iran, ma gli sforzi per stabilire tali partenariati sono stati compromessi dalla politica trumpiana delle sanzioni. Uno stop a cui il triumvrato Teheran-Pechino-Nuova Delhi ha reagito imbastendo nuove forme di cooperazione come la sostituzione del dollaro con il renminbi come valuta delle transazioni che ha facilitato la cooperazione commerciale e finanziaria tra Cina e Iran. Anche se poi l’India ha smesso di acquistare petrolio iraniano dallo scorso maggio riducendo così il budget destinato allo sviluppo di Chabahar, il porto oceanico situato nel sud-est dell’Iran, nel Golfo di Oman.

twitter@FDepalo

 


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