C’è una parola che spicca su tutte le altre nel discorso pronunciato da papa Francesco al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Questa parola è “armonia”. Francesco ha ritenuto di concludere la sua lunga allocuzione, che lo ha visto attraversare tutte le aree di crisi del mondo a partire dai suoi viaggi recenti, con due riferimenti fortissimi e chiarissimi. Il primo è stato al cinquecentesimo anniversario della morte di Raffaello Sanzio d’Urbino, che ricorre proprio quest’anno. Sulla tavolozza di questo genio creatore sublime di bellezza i colori, diversi, sapevano unirsi nell’armonia: “Come il genio dell’artista sa comporre armonicamente materie grezze, colori e suoni diversi rendendoli parte di un’unica opera d’arte, così la diplomazia è chiamata ad armonizzare le peculiarità dei vari popoli e Stati per edificare un mondo di giustizia e di pace, che è il bel quadro che vorremmo poter ammirare”. È la prima armonia, l’armonizzazione delle peculiarità dei popoli richiesta alla diplomazia. Subito dopo è arrivata la seconda, un’armonia che parla al femminile, come le tante tele che Raffaello ha dedicato a Maria. “ Per la Chiesa Cattolica, quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della proclamazione dell’Assunzione di Maria Vergine al Cielo. Con lo sguardo a Maria, desidero rivolgere un pensiero particolare a tutte le donne, 25 anni dopo la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla donna, svoltasi a Pechino nel 1995, auspicando che in tutto il mondo sia sempre più riconosciuto il ruolo prezioso delle donne nella società e cessi ogni forma di ingiustizia, disuguaglianza e violenza nei loro confronti. ‘Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio’. Esercitare violenza contro una donna o sfruttarla non è un semplice reato, è un crimine che distrugge l’armonia, la poesia e la bellezza che Dio ha voluto dare al mondo”.
È stata questa la conclusione sorprendente e avvincente di un discorso che ha posto l’armonia al centro della prospettiva possibile. Dunque Francesco si conferma il papa del pluralismo, dell’accettazione delle diversità e non della dialettica escludente, quella amico-nemico.
In precedenza, attenendosi alla situazione geopolitica, Francesco era partito, ancora una volta in modo sorprendente, dai giovani. L’occasione gli è stata data dal riferimento al suo primo viaggio del 2019, quando ha partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Panama. Quei giovani che sono il futuro ma anche il presente sono anche le vittime di abusi da parte di religiosi. “Si tratta di crimini che offendono Dio, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la vita di intere comunità”, ha detto il papa. Quindi ha ribadito la vera novità degli ultimi mesi: assicurare “la protezione dei minori, attraverso un ampio spettro di norme che consentano di affrontare detti casi nell’ambito del diritto canonico e attraverso la collaborazione con le autorità civili, a livello locale e internazionale”. Ma non c’è solo la ferita, c’è anche l’impegno, e così ha annunciato per il 14 maggio prossimo un evento mondiale sul tema “Ricostruire il patto educativo globale”. Dunque l’apertura è stata dedicata ai giovani, la chiusura alle donne: un segnale da cogliere, dal significato evidente.
Da Panama il suo discorso è arrivato agli altri problemi dell’America Latina, soffermandosi in particolare sul sinodo per l’Amazzonia: “l’Assemblea sinodale non poteva esimersi dal toccare anche altre tematiche, a partire dall’ecologia integrale, che riguardano la vita stessa di quella Regione, così vasta e importante per tutto il mondo, poiché «la foresta amazzonica è un “cuore biologico” per la Terra, sempre più minacciata”.
I viaggi successivi, in Marocco e ad Abu Dhabi, lo hanno messo a confronto con i tanti problemi del Medio Oriente, portando alla firma del Documento per fratellanza umana con l’imam dell’università islamica di al-Azhar, Ahmad Tayyeb: “Richiama l’importanza del concetto di cittadinanza, che ‘si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia’. Ciò esige il rispetto della libertà religiosa e che ci si adoperi per rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità e prepara il terreno alle ostilità e alla discordia, discriminando i cittadini in base all’appartenenza religiosa”.
Delle tante piaghe mediorientali, senza trascurare ovviamente il recente picco di tensione tra Iran e Stati Uniti per il quale ha sollecitato nuovamente l’autocontrollo e rispetto della legalità internazionale, ha citato in particolare quella siriana e quella yemenita. Il passo dal Medio Oriente al Mediterraneo è stato breve: “È con dolore che si continua a constatare come il Mare Mediterraneo rimanga un grande cimitero. È sempre più urgente, dunque, che tutti gli Stati si facciano carico della responsabilità di trovare soluzioni durature”. E qui Francesco è stato capace di porre un problema gravissimo e importantissimo di cui mai si parla: quello degli sfollati. Sono milioni e milioni di esseri umani, ma siccome rimangono nei confini dei loro stati il loro dramma è quasi rimosso.
Del suo viaggio in Estremo Oriente ha quindi richiamato il passaggio più attuale, quando ad Hiroshima ha archiviato l’accettabilità della deterrenza. Il male non è solo l’uso, ma anche la detenzione delle armi nucleari: un mondo ‘senza armi nucleari è possibile e necessario’, ed è tempo che quanti hanno responsabilità politiche ne divengano pienamente consapevoli, poiché non è il possesso deterrente di potenti mezzi di distruzione di massa a rendere il mondo più sicuro, bensì il paziente lavoro di tutte le persone di buona volontà che si dedicano concretamente, ciascuno nel proprio ambito, a edificare un mondo di pace, solidarietà e rispetto reciproco. Il 2020 offre un’opportunità importante in questa direzione, poiché dal 27 aprile al 22 maggio si svolgerà a New York la X Conferenza d’Esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”.
Il racconto dei viaggi europei, in particolare nei Balcani, lo hanno portato a sottolineare tantissimi punti importanti per l’Europa, dall’anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino. Un passaggio dei tanti non può essere trascurato: “L’Europa non perda dunque il senso di solidarietà che per secoli l’ha contraddistinta, anche nei momenti più difficili della sua storia. Non perda quello spirito che affonda le sue radici, tra l’altro, nella pietas romana e nella caritas cristiana, che ben descrivono l’animo dei popoli europei. L’incendio della Cattedrale di Notre Dame a Parigi ha mostrato quanto sia fragile e facile da distruggere anche ciò che sembra solido”.
Il viaggio autunnale in Mozambico, Mauritius e Madagascar ha consentito al papa di fare il punto su tante emergenze africane: “Allargando lo sguardo ad altre parti del continente, duole, invece, constatare come continuino, in particolare in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria, episodi di violenza contro persone innocenti, tra cui tanti cristiani perseguitati e uccisi per la loro fedeltà al Vangelo. Esorto la Comunità internazionale a sostenere gli sforzi che questi Paesi compiono nella lotta per sconfiggere la piaga del terrorismo, che sta insanguinando sempre più intere parti dell’Africa, come altre regioni del mondo.” Occorre anche incoraggiare “le iniziative che promuovono la fraternità tra tutte le espressioni culturali, etniche e religiose del territorio, specialmente nel Corno d’Africa, in Camerun, nonché nella Repubblica Democratica del Congo, dove, specialmente nelle regioni orientali del Paese, persistono violenze”.
Infine l’Onu, che arriva al suo 75esimo compleanno, scontato l’apprezzamento per ciò che ha significato e significa, anche nella prevenzione di una nuova guerra mondiale, il papa ne ha chiesto espressamente la riforma. “Laddove al lessico delle Organizzazioni internazionali viene a mancare un chiaro ancoraggio oggettivo, si rischia di favorire l’allontanamento, anziché l’avvicinamento, dei membri della Comunità internazionale, con la conseguente crisi del sistema multilaterale, che è tristemente sotto gli occhi di tutti. In questo contesto, appare urgente riprendere il percorso verso una complessiva riforma del sistema multilaterale, a partire dal sistema onusiano, che lo renda più efficace, tenendo in debita considerazione l’attuale contesto geopolitico”.