Matteo Salvini non può e non deve fare il moderato ma un problema di credibilità di fronte all’establishment nazionale e internazionale ce l’ha. E neppure piccolo. Ecco perché dovrebbe e potrebbe favorire la nascita di una forza politica stabilmente alleata con la Lega, che nasca in qualche modo dalle ceneri di Forza Italia, con il compito di bilanciare l’alleanza di centrodestra e, in qualche modo, di arginare pure la crescita in quella stessa area di Giorgia Meloni. Uno scenario complesso e in evoluzione che Formiche.net ha approfondito con il vicedirettore del Corriere della Sera Antonio Polito per il quale nel Carroccio e non solo “sta emergendo, anche con un certo senso di urgenza, il problema di creare un contenitore che possa dare credibilità al populismo di Salvini e stabilizzare la coalizione così da renderla esportabile in Europa”. Secondo il giornalista – che qualche giorno fa ha firmato sul tema un’approfondita analisi – il leader leghista si dovrebbe ormai preparare a una lunga marcia all’opposizione per affrontare la quale si dovrebbe dotare di una strategia che gli consenta di superare i limiti palesati finora. Calendario alla mano – ha osservato il giornalista – è difficile ipotizzare che si torni al voto prima dell’elezione del successore di Sergio Mattarella, fatta eccezione per una breve finestra elettorale a inizio 2021. D’altro canto, Polito ha affermato di ritenere difficile che Matteo Renzi possa rompere con la maggioranza sulla prescrizione, nonostante i rumors di queste ore e l’ipotesi avanzata da Augusto Minzolini sul Giornale secondo cui l’ex premier potrebbe accordarsi con Salvini per tornare a elezioni dopo il referendum costituzionale del prossimo 29 marzo: “Credo si tratti di un bluff e che Italia Viva non possa tornare al voto oggi. Ma con Renzi non si può mai dire”.
Quindi la sfida di Salvini non è quella di presentarsi come più moderato?
Non credo che voglia, possa o debba fare il moderato. Non è questo il punto. Quando un politico raggiunge il 33% dei voti nei sondaggi, vuol dire che il suo consenso è trasversale nel Paese. E d’altra parte è difficile immaginare che possa andare oltre quelle cifre. Credo che oggi Salvini abbia ottenuto il suo massimo potenziale di espansione. Il tema non è tanto conquistare l’elettorato moderato per il quale Salvini non è attrezzato e che tra l’altro, in parte, è già con lui al Nord dove si riconosce nel buon governo delle regioni leghiste.
E qual è il suo problema allora?
Acquistare una credibilità presso l’establishment italiano ed europeo, il cosiddetto deep state, lo stato profondo con le sue strutture burocratiche e dirigenziali. Si tratta di mostrare un altro volto accanto al suo tradizionale, che sia accettabile o, comunque, rassicurante per questi mondi senza i quali non si può andare al governo. L’altra questione urgente che gli si pone di fronte è costruire una classe dirigente al Sud perché altrimenti – come emerge dal risultato della Lega in Calabria – non potrà essere il dominus del centrodestra.
Operazioni, però, che richiedono innanzitutto tempo. Sicuro ce ne sia abbastanza?
Penso di sì, a meno che il governo non faccia karakiri. Uno scenario da non escludere del tutto visto che sono Tafazzi fantastici. A parte questa ipotesi, però, di fatto fino all’elezione del nuovo capo dello Stato, calendario politico alla mano, c’è solo una piccola possibile finestra elettorale a inizio del 2021.
Renzi non farà saltare il banco sulla prescrizione per tornare al voto, d’accordo con Salvini, dopo il referendum costituzionale?
Credo si tratti di un bluff e che Italia Viva non possa tornare al voto oggi. Ma con Renzi non si può mai dire. Penso che sia la folla di sciacalli intorno alle spoglie di Forza Italia.
In che senso?
Forza Italia viene considerata, da molti dei suoi stessi dirigenti, una forza non più spendibile per qualsiasi operazione politica. Anzi, c’è chi dice sia destinata a scomparire rapidamente perché legata in maniera indissolubile alla presenza di Silvio Berlusconi.
E cosa c’entra Renzi con questo?
Sta tentando di lanciare un’opa proprio sull’elettorato moderato. Quella sulla prescrizione è una battaglia politica tipicamente berlusconiana. L’agitarsi di Matteo Renzi rende ancora più urgente la necessità della Lega di andare a coprire quegli spazi.
Ma in che modo se abbiamo detto che Salvini non può e non deve vestire i panni del moderato?
No, appunto. Tenteranno di combinare la capacità di campaigner di Salvini con un’operazione moderata che penso faranno al di fuori delle loro fila. Ossia, favorendo la costruzione di una forza politica distinta dalla Lega ma stabilmente alleata con quest’ultima. Sta emergendo, anche con un certo senso di urgenza, il problema di creare un contenitore che possa dare credibilità al populismo di Salvini e stabilizzare la coalizione così da renderla esportabile in Europa.
E chi potrebbe esserne protagonista a suo avviso? Ad esempio Mara Carfagna?
Mara Carfagna è tra le più attive in questa fase. Poi c”è Giovanni Toti in Liguria. Ci sono le liste civiche e i sindaci del Mezzogiorno. C’è il gruppo di Gaetano Quagliariello, c’è Stefano Parisi. D’altronde, cos’è il caso Raffaele Fitto?
Già, cos’è?
È un’operazione politica di questo tipo ma fatta da Fratelli d’Italia che così potrebbe conquistare la Puglia. E la stessa cosa potrebbe volerla fare la Lega, che al Sud non riesce a sfondare con Noi con Salvini.
Un problema non da poco per un leader che ambisce a Palazzo Chigi.
Con ogni probabilità il partito guida del centrodestra non esprimerà il candidato presidente né in Campania né in Puglia. Alla fine il tour delle elezioni regionali – che si compirà in primavera – potrebbe concludersi con un esito finale non così positivo per Salvini. Che si troverebbe a governare in Lombardia e Veneto come da tradizione e poi in Friuli Venezia Giulia e Umbria. Non menziono la Sardegna perché lì c’è il Partito Sardo d’Azione. Insomma, non proprio uno sfondamento al Sud.
Questo nuovo contenitore che la Lega potrebbe promuovere o favorire sarebbe, per così dire, anche in funzione anti-Meloni, per frenarne in qualche modo l’ascesa degli ultimi mesi?
Quella di Meloni è un’operazione politica formidabile. La sua fortuna è stata di non entrare nel governo gialloverde perché questo gli ha dato credibilità e continuità agli occhi degli elettori. L’operazione di Salvini non voglio dire che sarebbe contro Meloni, ma certo competitiva con lei: i leghisti sanno benissimo che se non lo fanno loro in qualche modo, lo farà Fratelli d’Italia.
Pensa che Meloni, politicamente parlando, sia diventata un problema per Salvini? O tutto sommato la sua crescita è un buon segnale pure per la Lega perché rinforza la coalizione?
Non è un problema ma quando si dovranno sedere e discutere, per dividere i pesi del potere, rischia di rendere il suo potere nella coalizione meno incontrastato. Un po’ come il rapporto tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, non sai mai come finisce. Uno è il doppio dell’altro, però l’altro è grande abbastanza da poter rappresentare una spina nel fianco.
Anche perché pure sul piano internazionale i due stanno lavorando in modo molto diverso. Non è così?
Giorgia Meloni si capisce bene cosa sia a livello internazionale: Donald Trump e i conservatori europei. Salvini invece? Vladimir Putin e Marine Len Pen?
Cosa dovrebbe fare in questo senso il leader leghista?
Lavorare sul suo posizionamento internazionale, che è fortemente deficitario: la sua partita politica l’ha persa il giorno in cui ha lasciato che i cinquestelle si spostassero su Ursula Von der Leyen e in cui lui al Parlamento europeo ha scelto l’alleanza con l’AfD. Perfino Viktor Orbàn – che pure dovrebbe essere uno suoi dei fari in Europa – ha votato l’attuale presidente della Commissione.
Appunto, come diceva all’inizio, la scarsa credibilità agli occhi della nomenclatura anche internazionale.
In quel frangente ha davvero perso un treno e non è un caso che adesso il dipartimento Esteri della Lega sia stato affidato a Giancarlo Giorgetti, per tentare appunto un’operazione di ricucitura con l’Europa. Il vero tema per Salvini è rendere chiaro a tutti coloro con cui un giorno dovrà avere a che fare da presidente del Consiglio che non vuole portare l’Italia da Putin e che non vuole cambiare la collocazione internazionale del Paese. Perché questo non è possibile, è semplice. Con questo programma non si può diventare primo ministro in Italia.