Le epidemie al tempo della globalizzazione richiedono una elasticità mentale ed una rapidità di comprensione che, ahimè, i nostri decisori non sembrano possedere, con il risultato che, inconsapevolmente, producono vere bombe virali destinate a peggiorare la situazione. E voglio fare due esempi.
In primo luogo quello dei profughi alla frontiera fra Grecia e Turchia. Questa situazione nasce da un errore iniziale: quello di pensare di risolvere il problema congelando questa gente in Turchia alla quale davamo un bel po’ di soldi per tenerseli e senza preoccuparci di quali condizioni gli erano riservate. Questo perché l’Europa, grettamente, non era disposta a farsi carico del problema e, come al solito l’egoismo si rivela come una perniciosa forma di stupidità, particolarmente grave in tempi di globalizzazione. Ora accade che Erdogan usi la questione per un ricatto politico – avere mano libera in Siria – e lo fa scientemente in tempi di epidemia. Ma questo è problema del passato e ne parleremo in un altro momento, veniamo all’oggi che vede centinaia di migliaia di persone premere ai confini greci per entrare in Europa. I greci rispondono con la più brutale repressione e questi restano intrappolati in una terra di nessuno fra polizia greca ed esercito turco. Vi sembra strano che cerchino in tutti i modi di uscirne? Va da sé che fra quelle centinaia di migliaia di persone ce ne siano –poche o molte, conta poco- che siano già positive al coronavirus. Motivo di più per tenerle fuori, pensano quelli di Alba dorata, la Lega ecc. E invece è il contrario e non parlo di ragioni umanitarie, argomenti di scarsa presa nei tempi che corrono, parlo dal punto di vista epidemiologico.
È del tutto illusorio pensare di tenerli tutti fuori: è inevitabile che una certa percentuale riuscirà a passare o in uno dei buchi della rete greca (è fatale che ce ne siano) o magari via mare. Ricordiamoci che in Turchia è attiva una mafia che ha buoni rapporti con il regime e che può fiutare l’affare, e poco importa che i profughi siano dei poveracci con pochi mezzi di pagamento, perché qualcosa si trova sempre. Poi ci sono anche i vari jihadisti che potrebbero trovare interessante aiutare i profughi usandoli come bombe umane contro l’Europa e via discorrendo. Ed è ragionevole che non si tratterà di qualche centinaio di persone ma almeno qualche migliaio di cui – ça va sans dire – diversi positivi al coronavirus che si spargeranno in giro senza alcun controllo medico. Una vera bomba virale.
Che fare? A questo punto solo una cosa è possibile per circoscrivere il danno: farli entrare in Europa, scegliere una zona isolata dove concentrarli (che brutto termine sto usando!) e tenerli momentaneamente fermi, sottoporli ai controlli medici necessari, portare in quarantena o in ospedale i positivi e, per il resto, quando la tempesta sarà passata si vedrà che fare. Certo non è una bella soluzione e se ci si fosse pensato prima, senza affidarsi ad uno come Erdogan, la situazione sarebbe migliore, ma ogni altra soluzione sarebbe peggiore. Anche perché i turchi non se li riprendono se non gli diamo mano libera in Siria e poi continuerebbe ad usarli per altri ricatti (più soldi, contropartita in Libia o sullo sfruttamento di Zhor ecc.). E nello stesso tempo non possiamo tenerli a morire nella terra di nessuno.
Secondo esempio: le carceri. Anche un bambino di sei anni capirebbe che le carceri vanno il più possibile svuotate se non vogliamo correre rischi molto gravi. Vero è che i detenuti “stanno in casa” e non escono, ma è inevitabile che ce ne siano già di contagiati anche perché non mancano tramiti con l’esterno (in primo luogo gli agenti di custodia, poi inservienti vari, addetti a servizi, avvocati ecc., oltre che i parenti, sino a quando hanno potuto incontrare i detenuti). Poi alcuni detenuti devono partecipare ad udienze penali (che, ricordiamolo, non sono sospese proprio nei casi di persone sottoposte a misure restrittive).
Ed è evidente che in una comunità concentrazionaria il contagio si diffonda sempre più velocemente e, siccome ci sono sempre i tramiti con l’esterno (a cominciare dagli agenti di custodia di cui faremo bene a preoccuparci) e ci sono anche i detenuti che escono per fine pena, questo significa mettere una bomba virale ad orologeria nel centro di ogni città. Come si fa a non capirlo?
Dunque, sarebbe bene condonare l’ultimo periodo di detenzione se si tratta di qualche mese, di concedere un indulto parziale per i reati minori, di applicare ove possibile pene alternative o arresti domiciliari, magari sospendere la pena per qualche settimana, al fine di lasciare in carcere solo i detenuto socialmente più pericolosi (mafiosi, terroristi, ergastolani) che, per fortuna non sono il 20% del totale.
Invece il ministro guardasigilli, Bonafede, non la pensa così: per cui è più importante dare sfogo alla voglia di punire che tutelare la pubblica incolumità. Auguri!