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Huawei sulla via del coronavirus. La minaccia della Cina agli Usa

No Huawei, no party. Se gli Stati Uniti non apriranno il mercato del 5G al colosso della telefonia mobile cinese, la Cina non fornirà loro mascherine e respiratori per affrontare l’emergenza del Covid-19. Parola del Global Times, quotidiano anglofono del Partito comunista cinese (Pcc). Con un’analisi geopolitica della sfida tech fra Washington e Pechino il foglio di partito ha spiegato che la Città Proibita è pronta a rifarsi sull’avversario americano qualora dovesse mettere al bando Huawei dalla rete di ultima generazione.

La frase è attribuita a Ma Jihua, docente all’Università di Scienza e Tecnologia di Wuhan, epicentro della pandemia. Ma trova il pieno endorsement editoriale, con questo titolo: “Gli Stati Uniti sono avvisati di non escludere Huawei”. “Il problema di Huawei è stato elevato a uno degli interessi nazionali – dice l’esperto – e le aziende cinesi potrebbero cessare di fornire le tanto necessarie mascherine se gli Stati Uniti provocassero (una guerra con Huawei)”.

Il ragionamento prosegue così: il governo americano è dipendente dalla tecnologia cinese per costruire la banda ultralarga così come dall’equipaggiamento made in China (la supply chain della maggior parte dei respiratori ha origine nel Dragone) per gestire l’emergenza coronavirus. Se interrompe la prima catena, Pechino interrompe la seconda. “Gli Stati Uniti hanno di recente garantito delle esenzioni per i prodotti medici dalla Cina, dando un segnale tacito della loro dipendenza dai rifornimenti cinesi esattamente come le aree rurali americane dipendono dall’equipaggiamento Huawei”, spiega l’articolo, prontamente ripubblicato su Sputnik International, quotidiano dell’agenzia stampa governativa russa che, pur non avendo alcun accordo editoriale con il Global Times, ha ritenuto di rilanciare integralmente il monito cinese.

Non è la prima volta che la pandemia virale viene associata alla battaglia per il 5G. Solo una settimana fa Thomas Green, avvocato di Huawei di Shenzen, ha dichiarato che il processo in corso negli Stati Uniti contro l’azienda cinese e la sua numero due nonché figlia del fondatore, Meng Wanzhou, in Canada in attesa di estradizione con l’accusa di riciclaggio internazionale e corruzione, è viziato dal Covid-19, che impedisce agli avvocati di viaggiare e difendere l’assistito.

L’occhio per occhio, dente per dente ventilato dal partito di Xi Jinping nei confronti degli Stati Uniti, mentre si apprestano a fare i conti con gli effetti devastanti della pandemia nata a Wuhan, dimostra che il governo cinese è pronto a fare degli aiuti umanitari una cruciale leva negoziale. Lo ha fatto capire lo scorso 23 febbraio il presidente Xi, quando in video-conferenza stampa con 170mila ufficiali ha promesso che una vittoria sul coronavirus avrebbe dimostrato al mondo “i vantaggi notevoli della leadership del Partito comunista cinese”.

Una narrazione che stride con quella che circonda, in queste ore, l’arrivo in Italia di equipaggiamento medico dalla Cina per aiutare i reparti della terapia intensiva, descritto, anche da importanti esponenti della politica italiana, come “donazione”, per cui avrebbe fatto da intermediaria Intesa San Paolo. Il fattore umanitario, se esiste, dovrebbe essere letto anche alla luce di questo massiccio sforzo diplomatico.

Delle tante contropartite diplomatiche, quella del 5G è una delle più delicate. Cina e Stati Uniti si trovano oggi di fronte a un sostanziale stallo. Il governo americano non è riuscito a convincere i partner europei della pericolosità di una rete in mano alle aziende cinesi, che l’intelligence d’Oltreoceano accusa di spionaggio per conto del Pcc. È di queste ore l’indiscrezione rilanciata da Reuters e confidata da due ufficiali dell’Annsi (i Servizi segreti francesi) che il governo francese, uno degli ultimi in bilico sul da farsi, sarebbe propenso a sposare la soluzione già scelta da Londra: concedere a Huawei un accesso parziale alla rete, escludendolo solo dalla parte “core”.

È anche vero che il mercato americano diventa sempre più stretto per il colosso di Shenzen, che ha sì ricevuto un’altra proroga del bando presidenziale introdotto per decreto nel maggio 2019, ma deve anche fare i conti con una tamburellante controffensiva legislativa del Congresso Usa, dove un fronte bipartisan di senatori e deputati sta lavorando per mettere alle strette Huawei nel mercato del 5G. Se il quotidiano ufficiale di partito chiama in causa addirittura il coronavirus, significa che dalle parti di Pechino si è ben lontani dal considerare questa battaglia già vinta.



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