Non si ferma la corsa cinese nello Spazio. Ieri, dalla bassa orbita terrestre è rientrato a terra un veicolo partito due giorni prima dal deserto del Gobi. Pechino non ha svelato nemmeno il nome del nuovo sistema che pare a tutti gli effetti uno spazioplano riutilizzabile. A tre anni di distanza dal test dell’X-37B americano, il Dragone d’Oriente sta dimostrando di avere le capacità per competere in questo particolare settore spaziale. Inserito all’interno di un contesto di competizione spaziale sempre più spinta e considerata la crescente domanda di un accesso sicuro ed economico allo spazio, l’utilizzo di un assetto di questo genere potrebbe rafforzare ulteriormente la proiezione spaziale cinese
IL LANCIO
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, il velivolo è partito dal Jiuquan satellite launch center (nel nord-ovest del Paese), lanciato nell’orbita bassa terrestre (Leo) dal razzo cinese Lunga Marcia 2F. Dotato di una configurazione aerodinamica compatibile con il volo, il mezzo cinese è ritornato a terra due giorni dopo, sfruttando la portanza generata dalle ali e l’attrito prodotto dal rientro nell’atmosfera terrestre. Sebbene il test dello spazioplano cinese sia recente, l’interesse di Pechino verso questo tipo di velivoli è tutt’altro che nuovo.
LE ORIGINE DEL PROGETTO
In un articolo ripreso da The Warzone, il consulente aerospaziale Jean Deville ha spiegato che i primi progetti di spazioplano di Pechino risalgono agli anni 80. Accantonati nei primi anni 90 a causa delle difficoltà tecniche connesse alla loro realizzazione, i progetti sono stati riavviati nei primi anni 2000. Nonostante la reticenza di Pechino nel divulgare informazioni riguardo questo tipo di programmi, resa ancora più evidente dalle imponenti misure di sicurezza messe in campo in occasione del lancio dello scorso venerdì, l’agenzia Xinhua ha rivelato alcune indiscrezioni circa la direzione intrapresa dai progettisti cinesi.
“Il prossimo spazioplano volerà nell’atmosfera come un aereo”, ha detto Chen Hongbo, ricercatore della China aerospace science and technology corporation (ovvero la società di Stato che si occupa dello sviluppo tecnologico nel settore spaziale e segue tutte le missioni in orbita del Dragone). Il progetto designato, quindi, sarebbe quello di un velivolo in grado di raggiungere lo spazio senza l’utilizzo di un razzo vettore ma con il solo utilizzo del combustibile presente a bordo. Attualmente la startup cinese Space transportation co, specializzata proprio nella creazione di mezzi spaziali riutilizzabili, sta producendo tre veicoli (Tianxing-1, 2 e 3). I primi due capaci di raggiungere quote suborbitali, l’ultimo in grado di lanciare piccoli carichi nell’orbita bassa.
IL CONCORRENTE STATUNITENSE: L’X-37B
Il progetto cinese si affianca, idealmente, a quello portato avanti dagli Stati Uniti. Lanciato in orbita per la prima volta nel settembre 2017 grazie al vettore Falcon 9 di SpaceX, l’X-37B statunitense ha completato 780 giorni di missione nello spazio. Lo spazioplano, sviluppato da Boeing, è alto 2,9 metri, largo 8,9 metri e ha un’apertura alare di 4,5 metri, per un peso complessivo di 4990 kg. Similmente a quanto verificatosi nel caso cinese, anche gli apparati statunitensi non hanno divulgato informazioni riguardo tutte le missioni svolte in orbita. In un precedente articolo per Formiche, l’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo aveva sottolineato l’importanza di questo tipo di velivolo. “Non si deve sottovalutare il ruolo strategico che questo drone del Pentagono avrà nella futura architettura militare della Us Space Force”, ha commento Spagnulo.
“Nonostante le scarse informazioni sulla sua natura – ha continuato – l’X-37B sembra essere un vero sistema d’arma la cui potenziale minaccia non causa preoccupazioni solo a Mosca o a Pechino ma anche in Europa”. Al di là del possibile utilizzo militare nello spazio, uno degli ultimi esperimenti orbitali potrebbe aver aperto la strada ad un possibile impiego energetico del mezzo. Il velivolo, infatti, ha trasportato un esperimento del Naval research laboratory che aveva l’obiettivo di inviare sulla Terra, mediante onde radio a microonde, l’energia solare catturata nello spazio (Space Based Solar Power o Sbso). “In questo modo, l’X37-B potrebbe inviare energia su limitate aree geografiche terrestri per alimentare, ad esempio, droni in volo o plotoni in combattimento, oppure per fornire energia a micro satelliti impegnati in missioni di contrasto a satelliti avversari su altre orbite”, ha sottolineato Spagnulo. ” Se la potenza di trasmissione fosse sufficientemente elevata un Sbsp – ha aggiunto – potrebbe inviare fasci di microonde a grande potenza direttamente sui satelliti avversari per disabilitarli inducendo in essi, senza distruggerli fisicamente, delle correnti parassite tali da bruciare le circuitazioni elettriche”.
LE AMBIZIONI SPAZIALI CINESI
Il lancio dello spazioplano riutilizzabile rappresenta un ulteriore passo in avanti nell’ambizioso programma spaziale cinese: un programma che ha messo nel mirino sia la Luna che Marte. Lo scorso luglio, infatti, è iniziata la prima missione marziana di Pechino, “Tianwen” (in mandarino, “la ricerca della verità celeste”). Partita nella finestra temporale che ha visto anche la partenza della missione statunitense “Mars2020” e la missione saudita “Hope”, la missione entrerà nell’orbita del Pianeta rosso il prossimo febbraio. Le attività di esplorazione, che avranno al centro lo studio del suolo, della struttura geologica, dell’ambiente e dell’atmosfera del pianeta, dureranno circa tre mesi. “La missione Tianwen-1 è uno dei progetti di maggior riferimento nel processo di costruzione del potere aerospaziale cinese, e un traguardo importante per procedere oltre nello spazio più profondo”, ha detto Wu Yansheng il vicecapo missione della China aerospace science and technology corporation. Lo scorso anno, invece, l’arrivo della sonda Chang‘e 4 sul lato nascosto della Luna (prima volta nella storia dell’esplorazione lunare). Il programma lunare, che si svilupperà entro il 2024, ha come obiettivo quello di portare i primi astronauti di Pechino sul satellite terrestre entro dieci anni.